Al via il quarto giorno di negoziati del Consiglio europeo (foto LaPresse)

si tratta a oltranza

Il vertice del logoramento a Bruxelles

David Carretta

Il presidente Michel insiste per ottenere un accordo, e intanto riduce ancora la portata del Recovery: varcata la "linea rossa" dei 400 miliardi. Conte benedice il veto olandese, purché non si veda

Bruxelles. Charles Michel ha deciso di non volersi arrendere al fatalismo di un mancato accordo e ha deciso di tenere i capi di Stato e di governo dei 27 almeno un altro giorno chiusi dentro le stanze dell'Europa Building per almeno un altro giorno per tentare di trovare un'intesa sul Recovery Fund e il bilancio 2021-27 dell'Unione Europea. Dopo tre giorni di negoziati e una notte in bianco, il presidente del Consiglio ha annunciato che è sulla cifra di 390 miliardi di sussidi del Recovery Fund che si giocherà la partita di oggi. Molto meno rispetto ai 500 miliardi originariamente proposti dalla Commissione di Ursula von der Leyen, ma comunque vicina ai 400 miliardi che erano stati fissati come linea rossa da Germania, Francia, Italia e Spagna. Troppo ostinata la resistenza dei paesi frugali, che questo fine settimana sono diventati cinque con la Finlandia che si è unita a Paesi Bassi, Austria, Danimarca e Svezia: il gruppo dei “taccagni” (come è stato ribattezzato oggi in prima pagina da Libération) non ha mai accettato di andare oltre i 350 miliardi.

 

Ma in caso di intesa sarebbe comunque un risultato storico. Per la prima volta la Commissione sarebbe autorizzata a fare debito comune per distribuire una cifra record di sussidi, cosa inimmaginabile fino a quattro mesi fa. Per la prima volta il gruppo dei paesi frugali avrebbe accettato il principio dei trasferimenti di bilancio tra i paesi ricchi e quelli più poveri, cosa impensabile fino a quattro settimane fa. E per la prima volta un Consiglio europeo chiuderebbe un accordo sul bilancio Ue in una sola riunione, cosa considerata improbabile fino a quattro giorni fa. In modo altrettanto ostinato dei frugali, Michel ha convocato per questo pomeriggio alle 16 i leader per una nuova plenaria.

 

Il fatto che il presidente del Consiglio europeo abbia deciso di mettere sul tavolo una nuova proposta di compromesso con la cifra dei 390 miliardi è già di per sé una svolta. Per tutto il fine settimana non era stato possibile per Michel presentare una nuova “negobox” con una bozza di accordo, perché non era emerso alcun consenso tra i leader. Dopo una serie estenuanti di bilaterali, contraddistinti dalla resistenza dei frugali sull'ammontare e la governance del Recoevry Fund, ma anche sulla loro insistenza per ottenere più sconti e imporre la condizionalità sullo stato di diritto, ieri sera Michel ha convocato i 27 capi di Stato e di governo a cena. In un intervento molto duro, il presidente del Consiglio europeo ha ricordato a Paesi Bassi, Austria, Danimarca, Svezia e Finlandia tutte le concessioni che erano state fatte per andare loro incontro: i sussidi del Recovery Fund sono stati ridimensionati due volte (da 500 a 450 miliardi prima, da 450 a 400 miliardi poi); il bilancio 2021-27 è stato tagliato (da 1.100 a  1.073 miliardi); i rebates (gli sconti al contributo nazionale di cui beneficiano i frugali e la Germania) sono stati aumentati due volte (tranne per la Germania); i Paesi Bassi hanno un "super-freno di emergenza" su piani nazionali di riforme e esborso aiuti (che è un veto sotto altro nome); i criteri per la ripartizione dei fondi sono stati modificati per tenere conto della caduta del Pil.

 

Poi, Michel ha spiegato di non poter presentare una negobox formale, perché nei bilaterali della giornata i frugali continuavano a opporsi ai 400 miliardi di sussidi, cifra limite al di sotto della quale Francia, Italia e Spagna non sarebbero andati. Christine Lagarde ha dato una mano (anche con i mercati) spiegando a Reuters che un accordo “ambizioso” è meglio di un accordo al ribasso, anche se è necessario un po' più di tempo. Ma invece di mandare tutti a casa, Michel ha lanciato un appello all'unità e alla responsabilità per realizzare una “missione impossibile”. E è così che si è ritrovato alle 5.30 di questa mattina ad annunciare la nuova cifra limite, i 390 miliardi, e una nuova plenaria del Vertice alle 14, subito spostata alle 16.

 

Il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, ha detto che il confronto sta diventando “più risolutivo” e ha aggiunto che Michel dovrebbe presentare anche un'altra proposta alternativa da 400 miliardi, ma con più rebate per i frugali. Anche sulla richiesta di veto sui piani nazionali di riforma e gli esborsi degli aiuti del Recovery Fund si sono fatti passi avanti. Sul “super freno di emergenza” che consente di portare la questione al Consiglio europeo – dove si decide per consenso e non a maggioranza qualificata in caso di dubbi sulle riforme di un paese – sembra essersi consolidata un'intesa. Conte lo ha definito una “più corretta soluzione, rispettosa delle competenze dei vari organi definite dai Trattati”. In sostanza, il veto c'è, non si vede e difficilmente sarà utilizzato. Ma rimangono ancora molti punti aperti. L'ammontare complessivo del Recovery Fund di 750 miliardi è ancora in discussione e i frugali vorrebbero ridurlo a 700 miliardi. Sullo Stato di diritto c'è il rischio di un veto ungherese (se mantenuto) o di un veto olandese (se annacquato). “Non c'è accordo su niente finché non c'è accordo su tutto”, avverte un diplomatico Ue. E dunque si prosegue, a oltranza.