Calenda e la fase Come

Annalisa Chirico

“Siamo un paese in cui i leader non vogliono assumersi la responsabilità di guidare l’esecutivo: finirà con i tecnici”

Roma.E’ uno dei peggiori governi della storia repubblicana, chiamato ad affrontare la più grave crisi dal Dopoguerra”: Carlo Calenda la tocca piano. Il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, immerso nel verde di Villa Doria Pamphilj, sostiene che il numero uno di Confindustria, Carlo Bonomi, sarebbe affetto da “ansia da prestazione politica”. “Il premier è affetto da sindrome napoleonica”, replica secco Calenda. “Conte non si rende conto di essere niente più che un modesto avvocato messo dal caso e dalla debolezza del Pd a governare un grande paese occidentale. Bonomi ha detto le cose come stanno”. Diranno che Calenda è il solito confindustriale, dal carattere difficile, per giunta. “Ho il carattere che ho”. Poco gestibile. “E da chi dovrei farmi gestire? Da Franceschini o da Bettini?”. 

 

Il matrimonio con il Pd non ha funzionato. “Quel partito non ha un’identità politica ma solo morale. Loro sono quelli buoni e responsabili, poi non importa se le cose non si fanno e il paese va a picco”. Azione, il suo partito, ha presentato 53 proposte per il rilancio dell’Italia. “Quest’anno perderemo circa il 10 per cento del pil. Due milioni di posti di lavoro sono a rischio. Non abbiamo bisogno delle passerelle di Conte e Casalino o di inutili dichiarazioni su ‘green e la bellezza dell’Italia, manco fossimo alla finale di Miss Universo’. Quello che manca è il foglio del come. Le nostre idee racchiudono provvedimenti immediatamente implementabili: dalla giustizia civile agli investimenti al fisco”.

 

Sul fronte del credito proponete l’introduzione di un meccanismo di convertibilità automatica in capitale dei finanziamenti garantiti dallo stato. “Va eliminata l’intermediazione pubblica, via Sace, prevedendo invece la garanzia statale diretta sui finanziamenti bancari. A oggi, rispetto ai 400 miliardi promessi, soltanto 26 miliardi sono stati effettivamente erogati e garantiti, la quasi totalità per le piccole imprese. La porzione di finanziamenti via Sace non supera i 500 milioni”. C’è pure il tema del rischio penale in caso di fallimento dell’impresa beneficiaria. “Uno dei blocchi attuali è dato dal fatto che l’Italia, a differenza di paesi come Francia e Germania, non ha previsto la manleva per il dirigente di banca che concede un finanziamento, garantito all’80 o al 90 percento, nell’ipotesi in cui la società poi fallisca. Senza una tutela legale la procedura non poteva che essere così farraginosa e complessa. La manleva è stata esclusa perché i 5 Stelle sono contrari”.

 

Alitalia, ex Ilva, concessioni autostradali: molti dossier attendono da mesi. “Questo governo non fa perché, se fa, si spacca. Per compiacere Barbara Lezzi, il Pd ha abolito lo scudo penale – che aveva varato – su Ilva facendo saltare un contratto blindato con il primo produttore mondiale, in piena crisi dell’acciaio. Dopo aver tuonato per mesi contro i decreti sicurezza di Salvini, paragonandoli a un colpo di stato, se li sono tenuti per trecento giorni, ma le pare serio? Prima del Conte 2, le priorità del programma Pd erano: scuola, investimenti, sanità. Nessuno di questi ministeri è andato al Pd, mentre novemila medici, freschi di laurea, non percepiranno alcuna borsa di specializzazione perché non vogliamo usare il Mes”.

 

Intanto Luigi Di Maio è diventato ministro degli Esteri. “La Farnesina ai 5 Stelle ci espone a un rischio enorme: la dipendenza dei grillini dalla Cina è conclamata. Da ministro, con Francia e Germania abbiamo formulato una proposta di regolamento per prevenire acquisizioni predatorie cinesi di aziende tecnologiche europee: i 5 Stelle, con Di Maio al Mise si sono opposti”. Sul tavolo del Mise, che lei ha guidato con i premier Renzi e Gentiloni, ci sono attualmente 149 crisi aziendali. “Da ministro le mie apparizioni televisive si contavano sulle dita di una mano. Io stavo al ministero tutti i santi giorni, mi confrontavo quotidianamente con direttori generali e funzionari”. I sindacalisti di Embraco lamentano l’assenza del ministro Stefano Patuanelli: ai tavoli di crisi non si fa vedere. “Io quei lavoratori li ho incontrati venti volte, e anche dopo quando non ero più ministro”. In molti rimpiangono Industria 4.0. “Ho fatto pure la Strategia energetica nazionale”. L’ego in agguato. “Guardi, il punto centrale non è il mio ego ma l’inadeguatezza di persone che, non avendo gestito mai nulla in vita loro, non si occupano della implementazione, vale a dire del lavoro faticoso ma indispensabile che consente a un provvedimento di dispiegare i suoi effetti nella realtà”.

 

Il dl Rilancio richiede tra gli 80 e i 90 decreti attuativi. “Secondo i miei calcoli, ne servono oltre cento”. Adesso però sono in corso gli Stati generali. “L’ennesima buffonata. All’indomani della presentazione del piano di Vittorio Colao, il premier ha inaugurato questa passerella non per dare attuazione ad esso ma per scriverne un altro di sana pianta. A giugno dobbiamo presentare il Piano nazionale per le riforme, è un obbligo europeo, ma Conte ha già fatto sapere che non conta nulla e che ne presenterà un altro a settembre quando l’impatto della crisi avrà devastato le imprese”. Mentre il governatore di Bankitalia prevede un calo del pil fino a 13 punti percentuali, le forze politiche si azzuffano sul possibile impiego di fondi europei di cui non conosciamo neanche l’entità esatta. “E’ un dibattito lunare, noi i fondi europei non sappiamo spenderli. C’è un buco gigantesco nella sanità: prima dell’emergenza Covid, ci volevano tredici mesi per effettuare una mammografia e otto per una visita oncologica. In aula, la maggioranza, per mortificare ancora di più il Parlamento, ha trovato un escamotage al fine di evitare la discussione della mozione Bonino relativa all’utilizzo del Mes”.

 

Lei farebbe il Commissario per il Recovery fund? “Non con questo governo e solo in condizioni di assoluta autonomia”. Questo governo proprio non le va giù, lei avrebbe preferito il voto. “Sì, sarebbe stato meglio tornare a dare la parola ai cittadini piuttosto che tradire parola e valori per allearsi con i 5 Stelle e mantenere la destra al cinquanta percento, la storia dei ‘pieni poteri’ non mi ha mai impressionato. Vedrà che finiremo con l’ennesimo governo tecnico, perché siamo l’unico paese al mondo dove nessun segretario di partito vuole veramente assumersi la responsabilità di guidare l’esecutivo. Siamo risprofondati in una Repubblica proporzionale dove tutti vogliono fare il presidente della Repubblica e nessuno il presidente del Consiglio”.