(foto LaPresse)

Quello che non si può dire sul governo Draghi

Sergio Soave

Delegare il potere esecutivo all’ex governatore della Banca d’Italia e della Bce sarebbe una dichiarazione di fallimento della politica. Meglio non strumentalizzarne l'autorevolezza pur di fare campagna elettorale

Il gran parlare che si fa di un governo affidato a Mario Draghi è prematuro e in un certo senso pericoloso. Delegare il potere esecutivo all’ex governatore della Banca d’Italia e della Bce sarebbe una dichiarazione di fallimento della politica e avrebbe il senso di chiedere a un tecnico di alto livello di adottare le misure necessarie per evitare che la recessione si avviti in una depressione permanente. Non si può escludere, purtroppo, che questa eventualità si presenti, ma proprio per questo sarebbe meglio non renderne la realizzazione più difficile attribuendo a una eventuale scelta istituzionale del Quirinale il senso del risultato di una meschina manovra di palazzo. Quello che appare particolarmente contraddittorio è il comportamento di Matteo Salvini, che parte da un ostracismo pregiudiziale alla dimensione europea della politica economica, esalta il legame con il “popolo”, ma poi, pur di far saltare il governo attuale, avalla la più tecnocratica ed europeistica delle soluzioni.

 

Naturalmente nessuno mette in discussione l’autorevolezza di Draghi, ma proprio per questo sarebbe meglio preservarla da strumentalizzazioni. La democrazia in tempo di crisi è sostanzialmente sospesa, non si possono celebrare elezioni, nemmeno locali, i lavori parlamentari sono ridotti al lumicino. Questo, insieme alla condizione di insicurezza patita dalla popolazione, spinge verso la ricerca di soluzioni straordinarie, che sono compatibili con la democrazia se sono delimitate nel tempo e strettamente connesse alle condizioni materiali dell’emergenza sanitaria, ma diventerebbero patologiche al di fuori di questo orizzonte. Anche per questo è pericoloso attribuire a Draghi il carattere dell’uomo forte che spazza via le lungaggini attribuite alla burocrazia ma in realtà legate alle procedure democratiche. Draghi non ha niente a vedere con questo personaggio, non merita di essere utilizzato indebitamente su questo versante sostanzialmente post democratico, ma le forme della campagna che si snoda attorno alla sua figura invece destano preoccupazione.

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