Dopo la gaffe della Bce

Guido Tabellini

La capacità dello stato di proteggere i cittadini dipende dalla sua solvibilità. Tutti i segnali che il governo deve dare

E’ il momento dei dottori, non degli economisti. Così titolava ieri un articolo del quotidiano tedesco Frankfurter Allgemeine Zeitung. Ma le parole incaute del nuovo presidente della Bce, Christine Lagarde (che è giurista, non economista), ci ricordano che anche gli aspetti economici e finanziari non possono essere trascurati. Il governo italiano ha fatto bene a cercare di sostenere l’economia annunciando nuovi e più estesi provvedimenti di sostegno alla liquidità per famiglie e imprese. Ma le risorse dello stato non sono illimitate. A marzo il fabbisogno statale è sempre stagionalmente elevato, quest’anno lo sarà molto di più. A seguito della recessione e dei nuovi provvedimenti fiscali, è molto probabile che a fine anno il debito pubblico italiano sarà solito sopra il 140 per cento del pil. Chi lo comprerà? Nei prossimi mesi, saranno soprattutto le banche italiane a finanziare lo stato. Ma questo non sarà privo di costi per la quantità di prestiti erogati al sistema produttivo, e non potrà durare all’infinito. In Inghilterra, Giappone, e prossimamente Stati Uniti, vi è un coordinamento esplicito tra politica monetaria e interventi fiscali.

  

La politica monetaria da sola non può fare molto, ma è essenziale per evitare che la crisi economica venga amplificata dalla mancanza di liquidità, e soprattutto dalla mancanza di fiducia nei confronti dello stato. In momenti come questo, come in guerra, solo lo stato può proteggere i suoi cittadini. Se viene a mancare la fiducia nei confronti dello stato, non ci sono altri a cui rivolgersi. Ma la fiducia nello stato dipende anche dalla sua capacità di finanziarsi. E’ compito della banca centrale fare sì che questa fiducia oggi non venga a mancare. Nei fatti, giovedì la Bce ha preso decisioni importanti di sostegno alla liquidità. Non solo con l’espansione degli acquisti di titoli, ma anche e soprattutto concedendo alle banche maggiori prestiti a tassi di fatto più bassi e allentando i requisiti di capitale. Le banche italiane potranno approfittarne anche per finanziare gli acquisti del debito pubblico. Ma le parole imprudenti del presidente Lagarde hanno segnalato al mercato che, se la crisi dovesse peggiorare, non è scontato che la Bce saprebbe reagire in modo adeguato. Durante le crisi, la leadership delle persone è importante. Il Consiglio direttivo della Bce è diviso su questioni fondamentali circa il ruolo della politica monetaria nell’Eurozona. La visione e l’autorevolezza del suo presidente possono essere determinanti. Speriamo che la gaffe di giovedì sia solo frutto dell’inesperienza, e non segnali una svolta rispetto alla Bce di Mario Draghi.

 

Infine, un’ultima osservazione. I momenti di crisi, in cui la realtà quotidiana viene stravolta, sono anche occasioni per cambiare e accorgersi che si sono commessi degli errori. Il nostro alto debito pubblico è un segnale inequivocabile degli errori commessi in passato, e non può più essere ignorato. La capacità dello stato di proteggere i suoi cittadini in momenti come questo dipende anche dalla sua solvibilità finanziaria. Per troppo tempo in passato questo vincolo è stato ignorato. Quando la crisi sarà superata, sarà indispensabile cambiare priorità e farlo scendere per davvero. E non guasterebbe se il governo cominciasse fin da subito a dare qualche segnale credibile al riguardo, ad esempio con riferimento a “quota 100” e alle riforme strutturali troppo a lungo ignorate.