(foto LaPresse)

Il Pd si liberi di un populismo spompo

Redazione

Dal governo alle regioni. Cosa aspettano i dem a dettare l’agenda?

Le regionali sono un passaggio politico importante, di sicuro rilievo nazionale. Ciò che sorprende, dopo l’esito delle elezioni in Umbria, Calabria ed Emilia-Romagna, in cui il M5s si è mostrato in stato comatoso e sempre ininfluente (da alleato o da competitor, nella vittoria e nella sconfitta), è l’atteggiamento del Pd. In Liguria, la regione del vicesegretario Andrea Orlando, in nome di un’ipotetica alleanza con i grillini anche qui declinanti, il Pd sembra disposto a cedere sulla candidatura, convergendo sulla figura gradita al M5s di Ferruccio Sansa, un giornalista del Fatto quotidiano che ha passato gli ultimi anni a spiegare che i mali della Liguria sono principalmente responsabilità del Pd e della sua classe dirigente. In Campania c’è chi ritiene di poter riproporre la formula delle suppletive di Napoli, dove Pd e Renzi appoggiano il candidato di De Magistris Sandro Ruotolo, addirittura allargandola al M5s (nonostante la netta ostilità degli attivisti grillini).

 

Per l’obiettivo il Pd, però, anche in questo caso dovrebbe rinunciare al suo candidato: l’opzione sul tavolo, di cui c’è chi discute seriamente, è sacrificare il presidente uscente Vincenzo De Luca per appoggiare il ministro grillino dell’Ambiente Sergio Costa. Insomma, pur di allearsi con un M5s sempre più in difficoltà, anziché imporre i propri uomini, il Pd sembra disposto a rinunciare alla sua classe dirigente. Ed è evidente che lo scopo non è tanto quello di governare le regioni con persone credibili, ma di salvaguardare gli equilibri romani e sorreggere il governo. L’unica eccezione è la Puglia, dove il Pd non ha messo in discussione il nome di Michele Emiliano, che è il candidato più divisivo – non riesce ad aggregare né Renzi, Calenda e +Europa da un lato, né il M5s dall’altro –, è quello che ha amministrato peggio e il più trasformista di tutti con i suoi alleati locali di destra ed estrema destra. La sudditanza del Pd verso il populismo spompo del M5s e di Emiliano è poco comprensibile: non servirà a vincere nelle regioni né a puntellare il governo. Di fronte a un grillismo in stato di decomposizione, il Pd potrebbe dettare l’agenda. Al governo e in regione. Che aspetta?

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