Il ministro dell'Ambiente, Sergio Costa (foto LaPresse)

Sergio Costa, il nome buono per tutte le emergenze a Cinque stelle

Marianna Rizzini

Ministro dell’Ambiente e motivatore di masse eco-giustizialiste, potrebbe far trovare la quadra per le regionali in Campania

Roma. Potrebbe “far convergere tutte le anime dei Cinque stelle”, “spaccare il Pd”, “far trovare la quadra” (ma anche no) al centrosinistra sulla Campania. Potrebbe provocare tutte queste reazioni o nessuna di queste reazioni, Sergio Costa, già generale di brigata e ministro dell’Ambiente nei governi Conte I e Conte II, dicono le voci discordanti comunque concordi nel vedere un segno di qualcosa nell’emersione del suo nome, per giunta nel bel mezzo del pasticciaccio anche detto “elezioni in Campania”. E questo essere segno di tutto e di niente, intanto, non è cosa di poco conto. A forza di dire frasi che potrebbero andare bene per il tutto e per il niente, infatti (una su tutte la preferita del ministro, dicono al ministero, e cioè che ci si debba adoperare per mettere uno sull’altro “i mattoncini” che servono “per costruire un futuro migliore”, seguita dall’altro cavallo di battaglia: “Mettersi al fianco dell’Africa significa mettersi a fianco del pianeta”), si è giunti forse alla situazione in cui si trovava Peter Sellers nel ruolo del giardiniere Chance in “Oltre il giardino”, paragone che per ironia della sorte è già stato scomodato per il premier ai tempi del primo governo Conte, sul quotidiano pd online “Democratica”.

 

E insomma, a forza di mattoncini, Costa rischia di trovarsi nella posizione di Chance, l’uomo che quando diceva frasi di senso fin troppo comune (per esempio, “prima vengono la primavera e l’estate, e poi abbiamo l’autunno e l’inverno, ma poi ritornano la primavera e l’estate”) veniva sempre interpretato non letteralmente, come se in realtà avesse voluto esprimere chissà quale misterioso concetto mascherandolo da luogo comune. E quindi, mistero per mistero, che Costa voglia impilare mattoncini o fare campagna in favore dei poveri lupi (altra sua battaglia) o sognare un mondo “plastic-free” o passare dal “no Tap” (un tempo sua bestia nera) alla meno problematica e generica avversione per le estrazioni punto e basta o, infine, rievocare i tempi in cui scandagliava la Terra dei Fuochi con don Patriciello, il suo nome è sempre il nome prescelto dal M5s nelle situazioni in cui qualcosa necessiti di soluzione estemporanea o manovra diversiva, e soprattutto di soluzione che evochi, presso le masse internettiane del M5s, le ormai appannate cinque stelle del M5s (ambiente in testa), anche metaforicamente spolverandole. E sono mesi, infatti, se non anni (due anni), che Luigi Di Maio, ma anche Virginia Raggi, vedono nel profilo eco-giustizialista di Costa la soluzione magica a tutti i problemi: a monte della formazione del primo, tribolatissimo governo Conte come a valle della ricorrente emergenza rifiuti a Roma, e ora a monte delle elezioni in Campania, su impulso della consigliera regionale campana a Cinque stelle Valeria Ciarambino. Ma lui, Costa, che cosa dice? Dice quello che l’elettorato grillino vuol sentirsi dire, dalle frasi motivazionali a lettura palindroma – le prendi dal fondo o le prendi dal capo è lo stesso (tipo: qui lavoriamo in “operoso silenzio”) – ma anche frasi di sicura presa sull’attivista pentastellato medio, che come il vampiro davanti all’aglio insorge soltanto a sentir pronunciare la parola termovalorizzatore.

 

E siccome il ministro, su Twitter, può commuoversi per la giornata mondiale delle balene come per la sintonia con l’altro Vincenzo De Luca – non il politico e governatore uscente della Campania, il nome finora lanciato nel campo del centrosinistra in vista delle regionali, ma l’omonimo ambasciatore in India (di cui ha anche postato sorridente fotografia) – è dietro al Costa motivatore, con tanto di video in cui firma in diretta gli atti, che si spera di ricomporre le anime vagolanti dei Cinque stelle campani. Peccato che il tema non si presti: accordo con il Pd sì o no?

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  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.