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Adesso è Zingaretti che (con Calenda) vuole usare il lanciafiamme nel Pd

David Allegranti

Il segretario lancia una conferenza in autunno contro il Partito democratico “feudalizzato” (e prepara la nuova gamba con l'ex ministro dello Sviluppo?)

Roma. Una delle questioni più preoccupanti della precedente gestione del Pd riguardava l’organizzazione del partito. Sui territori, specie nel Mezzogiorno, nonostante gli annunci di “lanciafiamme” con cui erogare fuochi purificatori, il Pd ha manifestato molte difficoltà in questi anni. Il segretario Nicola Zingaretti vuole metterci le mani subito dopo i ballottaggi, avviando anche una “costituente delle idee” che poi si concluderà a ottobre con una conferenza sul partito.

 

Nel Pd, ha detto Zingaretti ieri alla prima direzione dopo le europee a largo del Nazareno, c’è “un arcipelago di luoghi in cui si esercita talvolta in modo disordinato la sovranità”.

 

“C’è un gruppo dirigente nazionale appesantito dal rischio di un ritorno di un regime correntizio, ci sono realtà territoriali del tutto autonome, feudalizzate, che non rispondono a nessun input della politica”.

 

Questo, ha aggiunto il segretario del Pd, trasmette una “immagine di  fragilità. E noi non ce lo possiamo permettere perché dobbiamo essere il pilastro dell’alternativa alla destra illiberale”; tuttavia, attenzione, “le pulsioni di destra ci sono, sono pericolose, ma non dobbiamo fare confusione. Il fascismo è un’altra cosa, evocarlo significa entrare in una logica dello scontro di piazza che porta solo acqua al mulino di Salvini” (citofonare quelli che vedono dappertutto “onde nere” contro cui scagliarsi). La riorganizzazione del partito è insomma diventata una priorità, d’altronde Zingaretti sembra avere in testa una tempistica che prevede un voto se non imminente quantomeno all’orizzonte, per questo annuncia di essere pronto (anche se nel partito i dirigenti sanno che andare alle urne adesso potrebbe magari essere un bene per il paese ma un disastro per i democratici). “Dovremo fare una rivoluzione organizzativa, rafforzare i nostri strumenti comunicativi, nuovi strumenti di studio”, ha detto ieri Zingaretti che ha annunciato anche, sempre dopo i ballottaggi, il varo della segreteria e dei forum tematici.

 

Fuori dalla direzione, che ha congelato il dibattito che si sarebbe dovuto tenere dopo la relazione del segretario per evitare tensioni nel Pd, che pure covano più o meno sottotraccia. si discute molto di nuovi schieramenti. Sui giornali e nei conciliaboli di Twitter. Vedi Carlo Calenda, che da giorni ragiona “su un partito lib dem: se anche il Pd (e alleati) e prendesse il 30 per cento alle elezioni politiche dove troverebbe il restante 10/12 per governare? A questa domanda dobbiamo rispondere. Altrimenti la tentazione suicida di allearsi con i 5 stelle prevarrà”.

 

Non tutti nel Pd però sono convinti che sia la strategia migliore mettersi a parlare di nuovi partiti. Sarebbe meglio aggiustare quello che non funziona in quelli che già esistono. “Credo si faccia bene a lanciare costituente delle idee, il dibattito tra libdem e socialdem puzza di vecchio… E’ cambiato il mondo e sono cambiate destra e sinistra, bisogna ricostruire sulla base delle idee che ci distinguono dai populisti/sovranisti/fascisti”, dice al Foglio Maria Pia Pizzolante, membro della direzione nazionale. Questo non significa che il Pd non possa discutere sull’assetto con cui presentarsi alle prossime elezioni. Se lo schema è quello “da Tsipras a Macron” delle europee allora è possibile che accanto al Pd nasca davvero un partito “lib-dem” non osteggiato ma addirittura incoraggiato da Zingaretti. “Solo se me lo chiedesse Zingaretti in vista di un’alleanza elettorale potrei dare una mano a costruire la gamba lib-dem”, ha infatti detto Carlo Calenda. E Zingaretti, di rimando: “Decideremo insieme”. Si tornerebbe, a quel punto, anche al vecchio dibattito sul centro-sinistra con il trattino, con il Pd a fare la parte della sinistra e Calenda (e/o Renzi?) quello del centro?

  • David Allegranti
  • David Allegranti, fiorentino, 1984. Al Foglio si occupa di politica. In redazione dal 2016. È diventato giornalista professionista al Corriere Fiorentino. Ha scritto per Vanity Fair e per Panorama. Ha lavorato in tv, a Gazebo (RaiTre) e La Gabbia (La7). Ha scritto cinque libri: Matteo Renzi, il rottamatore del Pd (2011, Vallecchi), The Boy (2014, Marsilio), Siena Brucia (2015, Laterza), Matteo Le Pen (2016, Fandango), Come si diventa leghisti (2019, Utet). Interista. Premio Ghinetti giovani 2012. Nel 2020 ha vinto il premio Biagio Agnes categoria Under 40. Su Twitter è @davidallegranti.