L'ex ministro dei Traporti, Graziano Delrio, tra Paolo Gentiloni e Carlo Calenda (Foto Imagoeconomica)

Delrio ci dice che un partito di Calenda non va guardato con sospetto

David Allegranti

"L'importante è lavorare insieme per battere Salvini, il Pd deve essere il perno di un campo largo". Parla l'ex ministro del Pd

Roma. Graziano Delrio, capogruppo del Pd alla Camera, non è pregiudizialmente contrario all’iniziativa di Carlo Calenda, intenzionato a creare un partito libdem senza però danneggiare la casa madre. “Io preferirei continuasse con noi ma deciderà Calenda cosa fare. Comunque dobbiamo lavorare perché quello che abbiamo seminato finora – cioè un percorso unitario del centrosinistra – non si interrompa. Il Pd deve continuare a essere il perno di una coalizione la più larga possibile. Quindi non dobbiamo vedere con sospetto le iniziative, anche differenti, che puntano a recuperare consensi altrove. D’altronde c’è un 40 per cento di italiani che non sono andati al voto e quegli astensionisti vanno recuperati”.

 

L’importante, sottolinea Delrio, è “lavorare insieme, per esempio per rafforzare la posizione dell’Italia in Europa. È insieme che possiamo ottenere buoni risultati, come dimostra il fatto che Pd e +Europa hanno intercettato gran parte del voto giovanile nella fascia tra i 18 e i 24 anni. Per questo penso che il campo vada tenuto largo. Certo, vanno evitate le alchimie dei gruppi dirigenti, serve un centrosinistra che parli alla società e la interpreti: quella società che non si sente rappresentata dall’atteggiamento da bullo di Salvini”. Dunque che ne pensa delle intenzioni di Calenda? “Penso che Calenda sia stato molto netto e chiaro nelle sue parole. Non vuole fare un partito contro il Pd, ma era chiaro fin da subito che si riconosceva in un campo ampio del centrosinistra e infatti Siamo Europei è stato utile a tenere largo l’orizzonte del Pd. Tutte queste iniziative naturalmente non devono avere origine ripeto da fantasie dei gruppi dirigenti, perché quanto valgono lo decidono gli elettori; Carlo rimarrebbe qualunque cosa decidesse una risorsa per tutto il centrosinistra”.

  

Senta, Delrio, ma qual è oggi l’identità del Pd? “È quella che diciamo da tempo ma che dobbiamo sottolineare con forza maggiore. Di fronte a un grande illusionista e casinista come Salvini, che tratta come emergenze fenomeni che non lo sono, come l’immigrazione, la vera questione è il lavoro e il futuro dei nostri figli. Oggi c’è un problema di cuneo fiscale, con gli 80 euro abbiamo cercato di dare una mano ai ceti medio-bassi. Il mio chiodo fisso è la redistribuzione della ricchezza, correggendo le distorsioni del capitalismo con una maggiore equità sociale, senza però lo statalismo dei Cinque stelle, che vogliono salvare Alitalia con i soldi delle bollette degli italiani. C’è un problema di lavoro, anche, che va creato. Il Pd è per sua natura, io l’ho sempre detto, un partito laburista che ha al centro il tema del lavoro. Per questo siamo contrari a quota 100, non perché ci piace mandare le persone in pensione tardi ma perché i nonni devono pensare al futuro dei loro nipoti”.

 

Altra questione, dice Delrio, ma collegata al lavoro, riguarda l’accesso all’istruzione di alta qualità. “Il lavoro lo crei con le competenze, mettendo la gente a studiare. È la conoscenza che ti rende competitivo. Abbiamo un sacco di lavori che le persone non prendono perché non hanno le competenze giuste. Per questo dico che dobbiamo rendere gratuita, fino a una certa soglia di reddito, l’università. In giro ci sono tante persone che non hanno accesso a una istruzione superiore per problemi economici”. L’Italia, dice Delrio, “è diventata come la Gran Bretagna e gli Stati Uniti: un paese in cui si è interrotto l’ascensore sociale. I figli di persone umili come sono io, non diventano più medici. Lo dicono tutte le statistiche. Insomma per creare lavoro non servono sussidi come quelli del M5s”. Lei quindi abolirebbe il reddito di cittadinanza se fosse al governo? “Non lo abolirei ma lo modificherei, proprio come ci aveva suggerito l’Alleanza contro la povertà quando ci disse di migliorare il nostro reddito di inclusione, aggiungendo più risorse per una vera ed efficace lotta alla povertà. Oggi molte persone bisognose non riescono ad accedere al reddito di cittadinanza perché è fatto male”.

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  • David Allegranti
  • David Allegranti, fiorentino, 1984. Al Foglio si occupa di politica. In redazione dal 2016. È diventato giornalista professionista al Corriere Fiorentino. Ha scritto per Vanity Fair e per Panorama. Ha lavorato in tv, a Gazebo (RaiTre) e La Gabbia (La7). Ha scritto cinque libri: Matteo Renzi, il rottamatore del Pd (2011, Vallecchi), The Boy (2014, Marsilio), Siena Brucia (2015, Laterza), Matteo Le Pen (2016, Fandango), Come si diventa leghisti (2019, Utet). Interista. Premio Ghinetti giovani 2012. Nel 2020 ha vinto il premio Biagio Agnes categoria Under 40. Su Twitter è @davidallegranti.