I ministri del M5s del governo festeggiano sul balcone di Palazzo Chigi lo sforamento del 2,4 per cento del deficit sulla manovra (Foto LaPresse)

Il governo della finta emergenza

Gregorio Sorgi

L'impeachment per Mattarella, la flat tax, il Family Day e non solo: quando le cose vanno male, il governo crea un diversivo. Ma anche i media hanno le loro colpe

Roma. La sera in cui Sergio Mattarella ha bloccato la nomina di Paolo Savona come ministro dell’Economia, Luigi Di Maio ha accusato il presidente di alto tradimento, e ne ha chiesto l’impeachment. Dopo il taglio delle stime di crescita da parte dell’Ocse, la maggioranza ha cambiato argomento: si è divisa sulla castrazione chimica nei casi di stupro e violenza, promessa dalla Lega e poi messa da parte per i dubbi del M5s. “I media hanno sempre avuto interesse ad alimentare le questioni polarizzanti. Però stavolta la situazione è diversa”, dice al Foglio Lorenzo Pregliasco, il cofondatore di Youtrend che ha scritto un libro con Giovanni Diamanti sulla strategia comunicativa di Matteo Salvini: “Non c’è mai stato un governo così interessato alla propaganda, i gialloverdi creano loro stessi delle polemiche strumentali”.

 

Questo è un segno di debolezza da parte del governo. “Certo. Lega e M5s cercano un diversivo per uscire dall’angolo nei momenti di maggiore imbarazzo e per creare un effetto polarizzante tra gli elettori. Loro cercano di dividere il paese in tifoserie”. Queste polemiche però tendono ad avere una breve durata, gli elettori le dimenticano in fretta. “Infatti è proprio questo il punto”, spiega Pregliasco: “Queste proposte colpiscono l’immaginario collettivo, agitano gli elettori, ma poi non hanno alcuna consistenza politica. Creano un dibattito, ma non portano a nulla di concreto”. Basti pensare alle continue provocazioni del ministro della Famiglia, il leghista Lorenzo Fontana, e del senatore del Carroccio, Simone Pillon: l’abolizione della legge Mancino, il ddl sull’affido condiviso dei figli dei separati, il Family Day di Verona. Tanto rumore per nulla.

 

Tuttavia, il governo è riuscito a trasformare in propaganda anche le questioni politiche più serie, come la flat tax. “L’aliquota unica potrebbe comportare una rivoluzione fiscale, è uno dei cavalli di battaglia della Lega”, dice Pregliasco, “ma i due partiti di governo l’hanno strumentalizzata per rimarcare ognuno le proprie differenze. Il dibattito è durato alcuni giorni ma poi è stato archiviato, infatti la flat tax non è prevista nel Def. Ormai lo scontro è interno alla maggioranza, e la divisione tra destra e sinistra si è riprodotta tra le due forze di governo: la Lega occupa le posizioni più conservatrici, e il M5s si pone come l’alternativa progressista. Basta guardare al dibattito sulle alleanze europee”. Lunedì scorso Di Maio ha preso le distanze dai partiti di estrema destra che hanno aderito alla kermesse di Matteo Salvini a Milano. Il tema ha dominato il dibattito giornaliero e ha sollevato alcune questioni. Di Maio è diverso da Salvini? I grillini entreranno nel Ppe? Cosa farà la Lega? I gialloverdi hanno creato un dibattito che non ha portato a nulla ma che, ancora una volta, ha spostato l’attenzione dalle questioni più scomode per il governo.

  

La propaganda grilloleghista cavalca un tema divisivo e lo trasforma in uno slogan che viene ripetuto in modo martellante, fino a diventare esso stesso la notizia. Alessandro Di Battista si è affrettato ad accusare il Franco Cfa per la morte di 170 migranti a largo delle coste libiche, dando vita a un dibattito che è durato intere settimane. L’apparato mediatico del governo ha ripetuto lo slogan in continuazione, usando argomentazioni dubbie, e le opposizioni hanno risposto, dando ulteriore credibilità alla notizia. Così il naufragio dei barconi è passato in secondo piano e l’opinione pubblica si è interessata alla valuta centroafricana, anche a causa dell’attenzione mediatica che ha ricevuto. “Le trasmissioni televisive hanno sempre alimentato le polemiche per fare ascolti. Ma oggi la comunicazione politica è molto diversa. Le sparate mediatiche di Salvini e Di Maio vengono subito riprese dai social, e si crea una discussione istantanea”.

 

Quindi non sono più i media tradizionali a orientare il dibattito pubblico? “È una questione complessa, le diverse piattaforme si inseguono a vicenda”, spiega Pregliasco, “la polemica inizia sui social, e viene poi ripresa dalla televisione che gli dà legittimità. La televisione è una vetrina che riflette un’agenda creata altrove. In un certo senso, fornisce una ‘legittimazione qualitativa’ alla polemica da social, gli dà credibilità, autorevolezza e ovviamente gli consente di raggiungere un’ampia fetta della popolazione. Lo stesso avviene con i giornali: vendono sempre meno copie, però dettano l’agenda. I programmi televisivi riflettono ciò che viene pubblicato sulla carta stampata. Questo ovviamente pone un dilemma per i media tradizionali: continuare a inseguire gli annunci dei leader oppure fermarsi a riflettere e cambiare discorso?”.

Di più su questi argomenti: