La maschera calma di Conte nasconde un progetto da incubo
L’Europa può essere la nostra casa a condizione che venga tradito il contratto che il premier ha promesso di rispettare
Il punto in fondo è sempre lo stesso: siamo in grado o no di concentrarci sulla sostanza del progetto senza lasciarci incantare dalla forma della maschera? Il contenuto del lungo discorso offerto ieri dal nuovo presidente del Consiglio ai parlamentari della Repubblica conferma che la scelta fatta da Matteo Salvini e da Luigi Di Maio di affidare al professore Giuseppe Conte il timone del primo governo della Repubblica italiana guidato da un premier che è vice dei suoi stessi vice potrebbe rivelarsi una scelta azzeccata. Salvini e Di Maio avevano bisogno di una maschera presentabile capace di nascondere dietro a uno stile rassicurante un contratto impresentabile, e da questo punto di vista la scena vista ieri in Parlamento è quanto di meglio potessero sperare: un tranquillizzante premier in formato carta carbone pronto ad ammettere che nella Terza Repubblica, quella del cambiamento, il principale cambiamento rispetto al passato è che il presidente del Consiglio ha il compito non di essere l’unico responsabile della politica generale del governo (articolo 95) ma di essere il mero esecutore di un contratto senza coperture (l’unica copertura di cui Conte ha parlato in 75 minuti di discorso è quella da dare all’agente provocatore) che può non peggiorare le condizioni dell’Italia solo a condizione che non sia del tutto applicato.
Conte, nei panni di perfetto Google Translate del populismo italiano, ha così detto con onestà che il suo ruolo è quello del “garante dell’attuazione del contratto”. Ha rivendicato la sua totale inesperienza nel mondo della politica, “sono consapevole dei miei limiti”, promettendo, e lo ringraziamo di cuore, di voler lavorare però con “umiltà” e “determinazione” per tutelare “l’interesse dell’intero popolo italiano”. Ha rassicurato, e il fatto che fosse necessario rassicurare su questo punto dovrebbe far riflettere sul messaggio di cui questo governo è portavoce non involontario, che l’Italia di Conte non ha alcuna intenzione di uscire dalla Nato (timidi applausi) ma che non per questo dimenticherà di trovare un qualche modo (via le sanzioni) per “non mortificare la società civile russa” (grandi applausi). Ha ammesso che l’Italia ha un problema legato alla sua rappresentanza, ai suoi corpi intermedi, salvo poi affermare di essere pronto a lavorare per offrire al paese strumenti utili per superare la democrazia rappresentativa, attraverso innesti di democrazia diretta. Ha riconosciuto che l’Italia ha un problema legato ai tempi della giustizia troppi lunghi, che spesso sono un disincentivo per chiunque voglia investire nel nostro paese, salvo poi promettere che il governo ha intenzione di cambiare i termini della prescrizione, allungando i processi e dunque i tempi della giustizia. Ha ricordato infine che il suo esecutivo si impegnerà a portare a termine le due riforme chiave del governo di cambiamento, ovvero la flat tax e il reddito di cittadinanza, e ha riconosciuto che l’obiettivo numero uno per il suo esecutivo è quello di contrastare l’immigrazione irregolare (e la non riforma delle regole di Dublino potrebbe dare all’Italia il pretesto giusto per essere ancora più dura con i migranti, anche a costo di valutare l’opzione dei respingimenti come suggerito ieri anche dal Belgio). Conte ha parlato di tutto questo e ha parlato anche di altro. Ha parlato contro il business dell’immigrazione (applausi). Ha promesso di agire sulla legalità (altri applausi) come nessun governo prima di questo (ma onestà e capacità non sempre coincidono, direbbe Benedetto Croce).
Ma nel passare in rassegna i molti progetti del suo governo, Conte ha dimostrato di non avere purtroppo intenzione di uscire dal pericoloso percorso indicato da Salvini e Di Maio: risolvere i problemi dell’Italia scommettendo più sul moralismo che sull’efficienza.
Il nostro paese, è stato il messaggio implicito di Conte, non ha problemi di produttività, di concorrenza, di competitività, ma ha problemi legati prima di tutto agli sprechi della politica e ai privilegi dei pensionati d’oro (agli sprechi della politica è stato dedicato più tempo che al futuro dell’Europa). La buona volontà mostrata dal professor Conte nel provare a rendere presentabile l’impresentabile – non si è parlato di euro, che non è nel contratto, ma non si è parlato neppure di svolte su legge Fornero, Tav, Ilva, che nel contratto che Conte vuole applicare purtroppo ci sono – si trova alla base delle ragioni per cui Salvini e Di Maio (e i loro partiti) hanno scelto di dare fiducia al nuovo premier. Ma allo stesso tempo le ragioni che hanno portato a certificare la fiducia al presidente Conte sono le stesse che portano a non avere fiducia sul futuro dell’Italia qualora il nuovo esecutivo dovesse applicare alla lettera i punti più pericolosi del contratto di governo: cancellare la democrazia rappresentativa con dosi massicce di democrazia diretta, mettere a rischio lo stato di diritto con dosi massicce di giustizialismo, minacciare la nostra economia portando avanti un programma di governo senza coperture che per essere rispettato nella sua interezza avrebbe bisogno di un paese pronto a stampare moneta autonoma. L’Europa è la nostra casa, ha detto ieri Conte, ma paradossalmente potrà esserla fino in fondo solo se il controllo che il presidente della Repubblica eserciterà sull’attività di governo permetterà di non trasformare la discontinuità in una restaurazione e consentirà di evitare che il cambiamento promesso contribuisca a peggiorare e non a migliorare i problemi del nostro paese. Incrociamo le dita.
Antifascismo per definizione