Giuseppe Conte e Luigi Di Maio alla Camera. Foto LaPresse

Il lapsus di Conte sulla giustizia non è un lapsus: è il programma

Luciano Capone

Presunzione di colpevolezza. E’ questa la cultura politica dei grillini, vista all’opera in anni di opposizione parlamentare e linciaggio pubblico, e ora visibile anche sui banchi del governo

E’ come se Matteo Salvini, da neo ministro dell’Interno, avesse detto nel suo discorso sull’immigrazione: “Agiremo nel rispetto della Costituzione, non discrimineremo nessuno, neppure i negri”. E d’altronde è proprio come la prima uscita da ministro della Famiglia del leghista Lorenzo Fontana, che dice che lui è contro le famiglie omosessuali anche se ha “tanti amici gay”. Ecco, se c’è qualcosa su cui un premier del Movimento 5 stelle non dovrebbe fare gaffe è proprio la giustizia, dove le accuse di giustizialismo hanno un minimo di fondamento come quelle di razzismo e omofobia per la Lega.

   

E invece Giuseppe Conte, che tra l’altro secondo il suo fitto curriculum è giurista e anche avvocato, nell’aula di Montecitorio dove era a chiedere la fiducia al Parlamento, ha detto che il suo governo agirà “nel rispetto dei principi costituzionali: presunzione della colpevolezza e diritto a un processo giusto”. Naturalmente si tratta di un lapsus, che però ribalta il senso dell’articolo 27 della Costituzione, quello che parla della presunzione di innocenza (non colpevolezza): “L’imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva”. Ed è un lapsus che però, per puro caso, mostra chiaramente che l’ispiratore del programma e della filosofia del diritto della nuova maggioranza è Piercamillo Davigo, colui che in un certo senso ha teorizzato la presunzione di colpevolezza: “Non esistono innocenti; esistono solo colpevoli non ancora scoperti”, è una delle sue massime più famose. Come quella secondo cui gli errori giudiziari più che “gli innocenti messi in carcere” riguardano “i colpevoli che la fanno franca”, un concetto che estende la presunzione di colpevolezza anche oltre l’assoluzione definitiva, oltre ogni ragionevole dubbio. E la mano, o quantomeno le manette, dell’ex presidente dell’Anm e capocorrente Davigo si vede in tutto il “contratto di governo” che è pieno di populismo penale, aumento delle pene e riduzione delle garanzie, agenti provocatori e sterilizzazione della prescrizione, repressione e intercettazione.

  

  

      

E’ questa la cultura politica dei grillini, vista all’opera in anni di opposizione parlamentare e linciaggio pubblico, e ora visibile anche sui banchi del governo, dove siede in qualità di ministro della Sanità Giulia Grillo, che in passato insieme al suo gruppo aveva chiesto le dimissioni di Ilaria Capua, la virologa ed ex deputata di Scelta Civica ingiustamente accusata e messa alla gogna per l’inchiesta sulla “grande truffa del traffico di virus per vendere i vaccini”. Non era una grande truffa, ma una grande fuffa, che il M5s ha cavalcato senza rispetto della presunzione di innocenza e di una persona che era solo indagata sul nulla.

 

In un altro passaggio sulla giustizia Conte ha detto che in Italia “gli stessi gruppi politici, delle volte, vengono accusati di giustizialismo e, delle volte, invece, di garantismo”. In realtà per quanto riguarda il suo partito, mai a nessuno è venuto in mente di “accusarlo” di garantismo. Tutti sanno che per il M5s la presunzione d’innocenza è un lapsus e l’articolo 27 della Costituzione un apostrofo negro tra le parole “t’arresto”.

 

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  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali