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Il vero nemico del governo anticasta

Claudio Cerasa

L’opposizione ancora non c’è, ma l'esecutivo deve già combattere un mostro creato da Lega e M5s: il linguaggio della paura

Piove, governo casta. Le notizie legate alle valutazioni fortemente negative che da giorni i mercati riservano all’Italia gialloverde di Matteo Salvini e di Luigi Di Maio – ieri lo spread tra titoli di stato italiani e tedeschi è arrivato a quota 268, più 10 punti rispetto al giorno prima, più 130 punti rispetto a un mese fa, con i rendimenti decennali in rialzo al 3,12 per cento, erano sotto il 2 per cento a marzo, e il differenziale tra i titoli decennali di Italia e Spagna che ha chiuso a 166 punti base, peggior risultato dal gennaio 2012, anni bui – ci ricordano che al momento i principali nemici del governo Conte non sono le forze politiche d’opposizione ma sono prima di tutto coloro che ogni giorno valutano se questa maggioranza offra o no le giuste condizioni per continuare a investire nel nostro paese.

 

L’opposizione netta severa e preoccupante (e giusta) dei mercati rispetto alla traiettoria del governo in prospettiva non è l’unica che dovrebbe preoccupare gli azionisti di maggioranza dell’esecutivo. E accanto alla sfiducia progressiva che gli investitori internazionali stanno maturando nei confronti dell’Italia ce n’è un’altra che potrebbe diventare presto il principale nemico del governo Conte: il sentimento anticasta coltivato per anni con discreto successo da coloro che oggi si trovano al governo.

 

Nel primo caso, nel caso dei mercati, il linguaggio di lotta applicato al governo dai leader antisistema è un rischio, perché quando un paese inizia a perdere la fiducia degli investitori basta una parola fuori posto per scatenare l’inferno (basta che il capo di un partito, per esempio, prometta di trasformare in un parco giochi una delle più importanti aziende italiane, l’Ilva, che da sola vale un punto di pil).

 

Nel secondo caso, invece, è proprio il modo in cui Salvini e Di Maio hanno educato i propri elettori a rendere il governo vulnerabile alla stessa retorica anticasta che ha contribuito a portare Lega e 5 stelle a guidare il paese. Di Maio e Salvini sono ancora i proprietari del linguaggio della paura ma quello che presto scoprirà anche il professor Conte è che, come diceva Nenni, a fare a gara a fare i puri troverai sempre uno più puro che ti epura.

 

I problemi sono autoevidenti.

 

Se fino a qualche settimana fa ogni barcone arrivato in Italia era il sintomo di un sistema prossimo allo sfascio, come potrà il ministro dell’Interno spiegare ai suoi follower che i 232 profughi che questa mattina, autorizzati dal Viminale, sbarcheranno con una Ong a Reggio Calabria non sono il simbolo di un paese alla deriva ma sono la conferma che uno stato che si trova nel cuore del Mediterraneo gli sbarchi non li può fermare, ma li può solo governare?

 

E ancora. Se fino a qualche settimana fa l’approccio corretto da tenere di fronte ai potenti era considerarli davighianamente non innocenti ma colpevoli non ancora scoperti, come potrà Di Maio spiegare ai suoi follower che la più grande rivoluzione che spetterà a questo governo sarà rispettare il principio dell’onere della prova in base al quale per dimostrare un fatto non basta un’illazione o un sospetto ma servono prove schiaccianti per dimostrare l’esistenza del fatto stesso?

 

E poi. Come si potrà dire che un premier che vola con aereo di stato non gioca con i soldi degli italiani ma rispetta solo gli elementari codici di sicurezza del nostro paese? E come si potrà dire che un ministro che gira con la scorta non sta sprecando soldi ma si sta occupando di difendere chi rappresenta la sovranità popolare? E come si potrà spiegare al popolo No Vax, No Tav, No Tap, No tutto, che un governo che sa dire solo no può fare l’interesse dei follower ma non l’interesse dell’Italia?

 

Gli anni passati all’opposizione hanno creato nel vocabolario degli anticasta un linguaggio ideale per conquistare gli elettori, ma perfetto per creare contemporaneamente due meccanismi che per il governo saranno ancora più pericolosi dell’opposizione. Da un lato il linguaggio della non responsabilità sull’economia, che rende incompatibile il programma di governo con la stabilità finanziaria dell’Italia. Dall’altro lato, il linguaggio della non responsabilità sul potere, che rende incompatibile ogni programma di governo con un’opinione pubblica abituata a battere le mani e a inondare le timeline di like di fronte a ogni commentatore pronto a dimostrare che governare significa sbagliare. Anticasta porta anticasta. Se ne accorgeranno gli anticasta di governo. Ma faranno bene a ricordarsene anche tutti coloro che proveranno a costruire un’alternativa a questo governo. Con l’anticasta si vince. Ma poi al governo l’anticasta è destinata a farti perdere.

  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.