Giovanni Orsina

L'opposizione schiacciata

Luciano Capone

Da una parte un “governo Zapatero al contrario”, dall'altra la dissoluzione del senso della realtà. Parla Orsina

Roma. “La gran parte del discorso politico non si basa sugli argomenti, ma sulle persone. Giusto o sbagliato che sia, un ampio pezzo di classe politica è screditato e non è più ascoltato, qualunque cosa dica”, dice al Foglio Giovanni Orsina, politologo alla Luiss, da poco in libreria con “La democrazia del narcisismo” (Marsilio). “Allo stesso modo per la classe intellettuale e giornalistica. Non c’è niente da fare, se un giornalista, un professore, si preoccupano della sorte di 600 poveri cristi in mezzo al mare, gli rispondono che è un radical chic, che vive ai Parioli dove gli immigrati non li vedono”. Ma non è così, se guardiamo ai giornalisti, soprattutto i giovani, è raro trovarne uno che viva in zone benestanti. “Ma non conta. Se scrivi sui giornali sei establishment. Puoi anche presentare il 730, ma sei sempre considerato tale. Un agente immobiliare mi ha proposto di comprare un appartamento di 200 metri quadri nel bosco verticale, roba che costa milioni di euro. Mi è venuto da ridere: ma ha idea di quanto guadagna un professore universitario? La realtà non conta, è tutta una questione di percezione”.

  

Cosa possono dire i leader dell’opposizione agli elettori? “Quando uno pensa che sono Renzi e Berlusconi, ci si rende conto che qualsiasi loro risposta è inutilizzabile. Anche se questa maggioranza fallisse, com’è probabile, ciò che ci sarà dopo non è ciò che c’era prima”. Oltre alle persone l’opposizione ha un problema di contenuti, sull’immigrazione Salvini ha vinto su tutta la linea: ha schiacciato il M5s, ha tirato a sé Fdi e Forza Italia, ha messo nell’angolo il Pd e ha convinto la gran parte dell’elettorato. Se l’opposizione si schiera contro Salvini va contro gli elettori, se in qualche modo l’appoggia tradisce i suoi valori. “Se ci sono delle esigenze maggioritarie nell’opinione pubblica, devi dare una risposta diversa, non puoi non dare una risposta – dice Orsina –. L’immigrazione è un problema vivo, non puoi affrontarlo dicendo ‘poveri migranti, hanno il diritto di venire’. L’Africa è una bomba demografica e questa roba la devi governare da subito. La gente intuisce che il flusso continuerà per anni”.

  

Il Pd con Minniti ha fatto il codice di condotta per le Ong e gli accordi bilaterali, duramente criticati per la condizione dei migranti in Libia. Così gli sbarchi si sono ridotti drasticamente. “Ma che uso ha fatto il Pd della politica di Minniti in termini di propaganda elettorale? E’ un risultato che non si è intestato. E’ stato un successo in termini politici, lasciando per un attimo da parte i problemi umanitari, ma poi il Pd si è presentato con +Europa della Bonino, la principale avversaria della politica di Minniti”. Più dell’efficacia della politica conta l’efficacia del messaggio politico? “Se una cosa la fai ma non te la instesti, poi arriva chi fa pure meno, ma se la intesta, e funziona meglio”.

  

C’è però una coincidenza temporale che forse spiega l’accelerazione sui migranti. La mossa di Salvini arriva pochi giorni dopo un’intervista al Corriere della Sera del ministro dell’Economia Giovanni Tria che, sostanzialmente, nega le promesse economiche del programma di governo. L’azione dell’esecutivo si sposterà su questioni a costo zero? “Penso proprio di sì. Cercheranno di raccogliere risorse per fare qualcosa che hanno promesso – per dire: tre miliardi sulla legge Fornero, tre miliardi di sgravio di tasse sulle imprese, tre miliardi sul reddito di inclusione. Ma non sarà facile e sono briciole rispetto alle promesse. Hanno quindi bisogno di un successo e magari faranno come la sinistra alla Zapatero, che si è buttata sui temi etici e dei diritti civili, perché dare le nozze gay non costa niente, mentre riformare il welfare sì”. In questo caso sarebbe un governo Zapatero al contrario. “Esatto, lavorare sui migranti non costa, o costa meno, come fare leggi sulla legittima difesa e sulla sicurezza”. Quindi per Salvini sarà un successo assicurato. “Beh, è comunque difficile. Se non davano la disponibilità gli spagnoli, quanto reggeva Salvini di fronte ai reportage strappalacrime, e francamente insopportabili, sul povero migrante dell’Aquarius che minaccia di buttarsi in mare se lo riportano in Libia, sulle donne incinte, di fronte magari a un appello del Papa? Reggi con una nave di 600 persone in mezzo al mare per una settimana? Non lo so, ma non credo...”. E se non reggi? “Se perdi una volta la patina da uomo forte, la perdi per sempre. Salvini è stato bravo, audace e fortunato. La Spagna ha fatto il suo gesto umanitario, ma le prossime 50 navi?” Il gesto di solidarietà è tanto più facile quanto più è isolato... “Come mettere un euro nel cappello di un mendicante, ci fa sentire bene, ma prendersene cura ogni giorno è una cosa diversa, non penso che la Spagna continuerà a farlo. E’ presto per attribuire patenti di vittoria e sconfitta, Salvini ha talento politico da vendere, ma la partita dell’immigrazione è complessa, bisognerà vedere i risultati sul lungo periodo”.

  

E l’opposizione cosa fa, sta a guardare se Salvini fallisce o meno? “Le opposizioni camminano su un sentiero stretto. L’attacco umanista valoriale non funziona, la gente si infuria. Il punto è di dire che i flussi vanno governati, ma diversamente, ad esempio rivendicare l’opera di Minniti che cercava soluzioni con l’Europa”. Ma c’è spazio per un discorso razionale? “E’ sempre più difficile, ma non è certo tutta colpa dei cosiddetti populisti. Anche gli anti-populisti, gli ex partiti mainstream hanno smesso di fare discorsi logici, la perdita di buon senso e consequenzialità è di tutti. Di recente ho letto di un esponente di una Ong che sosteneva che i flussi migratori devono essere aperti in nome del diritto internazionalmente tutelato alla salute, che in Africa non è garantito. E quindi che facciamo, accogliamo un centinaio di milioni di africani malati all’Asl Roma 1?”. Pure il politicamente corretto è populista? “Come il populismo è una forma di dissoluzione del senso della realtà”.

  

Ripristinare il senso della realtà dovrebbe quindi essere il compito di un’alternativa. “Sì, ma è difficilissimo, perché è il paese reale che in un certo senso ha perso contatto con la realtà. Un po’ è emerso con la febbre finanziaria dopo il veto di Mattarella su Savona, tutti si sono accorti che c’era un prezzo da pagare. Puoi anche ignorarla, ma alla fine la realtà si prende la sua rivincita”.

  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali