Matteo Salvini e Luigi Di Maio (foto LaPresse)

Io sono contro. Non per quello che fanno, ma per quello che sono

Giuliano Ferrara

Ora va la cretinata ruffiana che a un governo ci si oppone per quel che fa. La classe dirigente però è diventata minoranza perché dall'altra parte non sono stati lì a opporsi a quel che si faceva, ma a quel che si era

E se abbassano le tasse, con quei ragionamenti neoliberisti di Salvini, che ora predica il ricasco del profitto su crescita e occupazione? Io da sempre favorevole, invece pippa ovvero “no” come si dice a Roma. E se liberalizzano l’autodifesa legittima, alla quale sono da sempre incline? Pippa. E se riescono a farsi usare da Francia e Germania alternativamente per negoziare migliori margini in Europa per frustare la produttività in bambola di parte dell’economia italiana? Pippa. E se dopo tante chiacchiere razziste gestiscono l’immigrazione alla Minniti, evitano i respingimenti in mare, rassicurano con le parole e i gesti il paese timoroso e inquieto? Pippa. E se riescono a distinguere tra la produzione dell’acciaio, infrastrutture e le gite in biciletta? Pippa. E se usano un linguaggio non compunto, non mollacchione, scorretto, su questioni serie, evitando le trappole della caccia al negher e al culattone e alla famiglia disfunzionale che è la nuova convenzione? E se fanno del reddito di cittadinanza un veicolo di formazione e lavoro invece che di nero e assistenza? Pippa. E se bandiscono i telefonini dalle scuole, come pare sia gradito al nostro Matteo Dux? Pippa. E se Casalino riabilita il latino, il greco e un rigoroso insegnamento della matematica non depilata? Pippa. E se a colpi di maggioranza dimostrano che non c’è alternativa parlamentare e sociale al contratto e ai suoi notai? Pippa.

      

Ora va la cretinata ruffiana che a un governo ci si oppone per quel che fa. Il treno qualunquista sa portare nei suoi scompartimenti chiacchiere da commessi viaggiatori e da lettori del Fatto quotidiano e auscultatori di talk-shit. Mettiamolo alla prova, il professor Conte, lasciamogli integrare il suo curriculum. Diamo al professor Borghi quel che è del professor Borghi, poi si vede. Ma che banda di ruffiani. Se Giggino e Dux si fossero opposti ai governi del Pd per quel che facevano, stavano ancora insieme al venticinque per cento, non al cinquanta più uno. Da Berlusconi a Monti a Renzi, passando per Letta Jr., l’Italia ha danzato intorno al burrone del debito e della propria estenuazione, salvandosi dal precipizio e facendo cose buone e giuste, tra qualche errore blu e disattenzioni e una infinita guerra tra capi e alleati. Il popolo ci ha guadagnato, altro che diseguaglianze, miseria e afflizione, il popolo col debito controllato e l’euro e le riforme gode di un vitalizio da sogno. Ma la classe dirigente è diventata minoranza perché la sconfitta contro varie accozzaglie demagogiche l’ha resa antipatica, a noi quelli che perdono non piacciono. E quelli, noi, hanno perso perché dall’altra parte non sono stati lì a opporsi a quel che si faceva, ma a quel che si era, un idolo buono per stregoni e demagoghi, una razza maledetta che puntava su privilegio ed esclusione. La casta. Così hanno vinto le elezioni, così hanno stipulato il contratto, così sono andati al governo.

 

Ora pan per focaccia. Io sono contro per quel che essi sono, per quel che rappresentano, per come parlano e gesticolano, per i loro curriculum, per il loro cinismo primitivo, per la loro inesperienza e incompetenza, e se devo distinguere, distinguo, per carità, punterò sulla sinistra grillozza, sulle mattane del Gribbels, sulla girandola del capo politico, asino in mezzo ai suoni, sulle ambizioni ridicole del turista e autore Mondadori Ale, sul grottesco del premier, sul minaccioso Salvini Dux, vedremo se Tria e i padroni e padroncini del Nord li convinceranno a fermare la girandola dei mercati, se invece ci imbucheranno nella fossa di una rottura o della Troika, se il loro putinismo sortirà effetti distruttivi sul carattere della nostra storia, se il loro antieuropeismo gridato e malato metterà capo al nostro definitivo isolamento, ma anche nelle ipotesi più benevole, io sono contro non per quel che fanno, che sarà o niente o qualcosa di pessimo, ma perché sono loro. Montaigne diceva, per spiegare la sua amicizia amorosa per La Boétie, che aveva una sola causa: Lo amo perché è lui, perché sono io. Ecco, rovesciamo il paradigma, distinzione per distinzione il centro di una qualunque alternativa è qui, come per Trump: questi li vogliamo cacciare dal potere perché sono loro, perché siamo noi.

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  • Giuliano Ferrara Fondatore
  • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.