Una manifestazione NoTav. Foto LaPresse

A sovranismo limitato

Luciano Capone

Euro, debito, Tav. M5s e Lega dicono “no” a tutto. Ma che succede se in Europa tutti dicono “no” a loro?

Roma. In questi giorni di “me ne frego!” riferito all’inquietudine dei mercati e di “molti nemici, molto onore” in risposta alle preoccupazioni di Francia, Germania e Commissione Ue c’è qualcosa che non è ben chiaro, per adesso, all’invincibile armata pentaleghista. Che tutte le promesse con cui hanno farcito il loro “contratto di governo” sovranista dipendono proprio dalle decisioni degli “stranieri” che ora disprezzano.

  

E’ probabile che l’impennata dello spread e gli ammonimenti da Bruxelles nel breve rafforzino i consensi di Lega e M5s in lotta contro i “poteri forti”, è evidente che in questi giorni di luna di miele post elettorale i cittadini apprezzino i leader italiani che rispondono “prima gli italiani!” agli ammonimenti di francesi e tedeschi sul rispetto degli impegni presi su debito, deficit e banche. Ma se ci fosse un pochino di spazio per la razionalità tutti dovrebbero rendersi conto, Luigi Di Maio e Matteo Salvini per primi, che nessuno dei punti principali del programma di governo è nella loro disponibilità. E che, anzi, possono essere realizzati solo con il consenso delle persone e delle istituzioni che adesso insultano.

  

Partiamo dal programma economico. Se il governo ha intenzione di rimanere dell’Eurozona e nell’Unione europea (e su questo non c’è molta convinzione), la politica fiscale dovrà essere concordata con le istituzioni comunitarie. Ad esempio, per quanto riguarda la promessa di un incremento degli investimenti le due forze scrivono di voler “indurre la Commissione europea allo scorporo degli investimenti pubblici produttivi dal deficit corrente in bilancio”. Questa richiesta è un grande classico di tutti i governi precedenti, accolta solo parzialmente e per alcuni casi specifici. Perché l’Europa dovrebbe acconsentire a uno scorporo indiscriminato proprio ora che la richiesta arriva da un governo euro-scettico? Non si sa. Ma se non ci sarà l’esclusione degli investimenti dal calcolo del deficit, allora un governo sovranista farà più deficit sfondando il tetto del 3 per cento. Anche perché c’è bisogno di un sacco di soldi per finanziare la flat tax, il reddito di cittadinanza, l’abolizione della riforma Fornero, la sterilizzazione delle clausole di salvaguardia, le assunzioni nel pubblico impiego e tanto altro ancora (Carlo Cottarelli, che secondo Di Maio fa “i conti della serva”, ha stimato una lista della spesa da 110-125 miliardi di euro e coperture per 0,5 miliardi). Ma sono proprio Lega e M5s a scrivere che per l’aumento del ricorso al deficit per “il finanziamento delle proposte oggetto del contratto di governo” avverrà “attraverso la ridiscussione dei Trattati dell’Ue e del quadro normativo europeo”. Ma ridiscutere i trattati europei implica una procedura complicatissima che passa per forza dal dialogo con gli altri paesi, non dall’insulto sistematico. Soprattutto bisogna avanzare proposte accettabili. Altrimenti le risposte alle numerose richieste italiane sul deficit saranno altrettanti “no”.

  

Il M5s ha fatto inserire nel programma lo stop alla Tav Torino-Lione, un’importante tratto di un’infrastruttura europea. Ma viste le penali da pagare, per l’Italia sarebbe più costoso interrompere i lavori che portarli a compimento. Come si fa a mantenere la promessa? “Andremo a parlare con la Francia e gli diremo che la Torino-Lione poteva valere trent’anni fa, ma non più oggi. Non serve più”. Andranno a convincere il governo francese, quindi, magari proprio il ministro dell’Economia Bruno Le Maire a cui due giorni fa Matteo Salvini ha detto di farsi gli affari suoi.

  

Sulle banche la coalizione giallo-verde ha scritto di volere smantellare “il sistema del bail-in”: “Occorre rivedere radicalmente tali disposizioni per una maggior tutela del risparmio degli italiani”. Ecco, peccato che il “bail-in” sia una direttiva europea (la Brrd - Bank Recovery and Resolution Directive) e che quindi il governo sovranista non può “rivederla” per conto suo. Sempre sulle banche Salvini e Di Maio scrivono che “occorre ridiscutere i parametri dei protocolli di rating di Basilea”, che dipendono da un comitato che opera sotto il patrocinio della Banca dei regolamenti internazionali. Anche qui, i sovranisti non possono fare da soli.

  

Idem per la politica sui migranti, che si basa sulla “revisione del regolamento di Dublino”, anch’essa una decisione da prendere a livello europeo. Come il ritiro delle sanzioni alla Russia.

  

Cosa accade quando le promesse si scontrano con la realtà si è già visto con la parte del programma che riguarda la gestione del debito. Nella prima bozza del contratto di governo il provvedimento più incisivo per ridurre l’enorme debito pubblico era la richiesta alla Bce di cancellare 250 miliardi di titoli di stato italiani in suo possesso. Nella seconda bozza la cancellazione è diventata una specie di richiesta di congelamento (“ci attiveremo per proporre che i titoli di Stato già acquistati dalla Banca centrale europea siano esclusi pro quota dal calcolo del rapporto debito-pil”). Quando gli “economisti” di Lega e M5s si sono resi conto che l’operazione è vietata dallo statuto dell’Eurotower e che in ogni caso la Bce avrebbe risposto “no”, tutto è sparito. Nella versione finale del programma il piano di riduzione del debito non è cambiato, semplicemente non c’è più. Eliminato.

  

Questo governo nasce promettendo alcune cose su cui non ha il potere e altre cose per cui non ha i soldi. E ciò a cui il governo del no (No Tav, No euro, No austerity) non ha pensato sono i “no” degli altri, di chi dovrebbe consentire la realizzazione del loro programma.

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  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali