Luigi Di Maio e Giuseppe Conte (foto LaPresse)

La maschera e la verità. L'Italia dei Conte Tacchia è una farsa

Claudio Cerasa

Economia, Europa, giustizia. Salvini, Di Maio, il Colle: non basta un trucco per rendere presentabile l’impresentabile

Ma che cosa c’è oltre il rancore? Le ragioni per non essere fiduciosi rispetto alla traiettoria futura dello spericolato governo giallo-verde sono molte, forse infinite, e per farsi un’idea su quello che potrebbe succedere una volta che Matteo Salvini e Luigi Di Maio avranno la possibilità di mettere al mondo il primo esecutivo populista in un grande paese d’Europa potrebbe essere sufficiente osservare cosa è successo all’Italia nei giorni in cui un governo populista è stato non presentato ma solo annunciato. Il differenziale fra i titoli di stato italiani e quelli tedeschi è aumentato di cinquanta punti base e ieri ha sfiorato quota 190, ai massimi dallo scorso ottobre. Stesso discorso per i Btp: ai massimi dal marzo 2017. Uguale per la Borsa, in calo da giorni anche grazie alle perle di saggezza annunciate da Salvini e Di Maio nel loro contratto di governo (prima il crollo di Mps, poi la Borsa, che ieri ha chiuso a -1,52 per cento).

     

In più, senza che il governo sia ancora nato, le agenzie di rating già ci avvertono che sulla base di ciò che sappiamo oggi il governo Salvini-Di Maio potrebbe fare aumentare “i rischi per il profilo di credito sovrano, in particolare attraverso un allentamento di bilancio e un potenziale danno alla fiducia”. Il giudizio del mercato, e quello degli osservatori stranieri, non è l’unico criterio, e non è sempre quello giusto, per misurare la bontà di un governo. Ma la ragione per cui oggi ci sono sospetti molto fondati sulla pericolosità del patto Di Maio-Salvini è legata a qualcosa di più di una semplice sportellata tra europeisti e antieuropeisti. E’ legata a un particolare elemento che si trova nel cuore del contratto e che sarà al centro del governo a cui il presidente della Repubblica dovrebbe dare presto la sua benedizione: il pericoloso algoritmo del rancore di cui il prossimo presidente del Consiglio sarà genuino portavoce.

  

La maschera che verrà scelta come sintesi tra la Lega e il Movimento 5 stelle in fondo è quasi secondaria perché per quanto possa essere rassicurante un volto pulito alla Giuseppe Conte – il premier incaricato ieri da Salvini e Di Maio, alla faccia dell’articolo 95 della Costituzione – ciò che non potrà mai essere rassicurante è il progetto di paese che si nasconde dietro a quel volto e che porta con sé tutto il peggio della cultura politica rappresentata dall’Italia. Conte proverà a rendere presentabile l’impresentabile ma quando un progetto di governo è costruito per rappresentare più l’Italia del no che l’Italia del sì – più l’Italia dei no Tav, dei no Triv, dei no Tap, dei no Ilva, dei no Mose, dei no Vax, dei no euro, dei no Europa, dei no Jobs Act, dei no Fornero, dei no guerra, dei no Austerity, dei no Ogm, dei no Olimpiadi, dei no termovalorizzatori, dei no alla democrazia rappresentativa, dei no alla cultura liberale – non si tratta di essere dei gufi o dei catastrofisti. Si tratta di prendere atto che il governo che sta per nascere, oltre ad avere tutte le caratteristiche per mettere in fuga dall’Italia un numero importante di capitali e forse di capitalisti, è un governo che mentre promette di affrontare le paure degli italiani è destinato probabilmente a peggiorare le condizioni del paese.

  

La contraddizione del tecnico non eletto dal popolo portato alla guida del paese da coloro che hanno riempito per anni le piazze di parole inutili contro i governi guidati da tecnici non eletti dal popolo è in fondo la meno importante tra le contraddizioni contenute in questo governo. La contraddizione più grande, se vogliamo, è che il relativo benessere in cui si trova oggi l’Italia, la sua affidabilità sui mercati, la sua buona reputazione internazionale, la crescente performance delle sue imprese, è un cocktail composto da una serie di ingredienti che i nuovi azionisti dell’Italia promettono di togliere dal mercato.

 

Dalla riforma delle pensioni alla riforma del lavoro passando per la riforma dell’Industria 4.0, il rispetto dei trattati europei, l’attenzione ai conti pubblici, il tentativo di scommettere sulle grandi opere, un briciolo di rispetto per i princìpi basilari del garantismo. La maschera del Conte scelta da Salvini e Di Maio per guidare il governo potrà apparire rassicurante quanto si vuole ma per quanto si possa essere ottimisti sul futuro dell’Italia al momento non possiamo che denunciare un problema semplice: il contratto firmato da Lega e M5s è una minaccia per l’economia, per l’Europa, per il nostro stato di diritto e persino per la nostra democrazia rappresentativa.

  

E’ il peggio della cultura politica, giuridica, benecomunista e antieuropeista del nostro paese. Oggi sappiamo che nella farsesca Italia dei Conte Tacchia i no – i no Tav, i no Triv, i no Tap, i no Ilva, i no tutto – saranno ben rappresentati. La scommessa, da oggi in poi, sarà trovare un modo per far nascere un qualche sogno in un’Italia da incubo. Sperando che da qui alle prossime ore anche il presidente della Repubblica trovi un modo per far capire che il nostro paese ha bisogno di molte cose, tranne di un governo progettato per sfasciare l’Italia.

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  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.