Norberto Bobbio con il suo ritratto fatto da Guttuso (LaPresse) 

piccola posta

"De senectute", da Cicerone a Bobbio. Una lezione sulle candidate al Colle

Adriano Sofri

Molti ultraottuagenari tra gli uomini in corsa per il Quirinale, nemmeno una tra le donne. E la speranza di vita conta, visto che è di quasi cinque anni in più per le signore

Pandemia di Covid ed elezione del presidente della Repubblica ripropongono la questione de senectute. L’Italia si trova ad avere il mandato presidenziale più lungo, 7 anni, rispetto alle repubbliche affini: 5 anni per la Germania, che ha il cancellierato (e sa farlo durare), e 5 per la Francia, che ne aveva 7 fino al 2002, e ha un regime presidenziale. Il mandato più lungo, e alcuni fra i candidati più vecchi. Prima di Napolitano, e della sua paradossale rielezione, solo uno, se non sbaglio, dei 12 presidenti della repubblica, Pertini, aveva superato gli 80 anni quando fu eletto. A Norberto Bobbio capitò di essere imprevedibilmente candidato “della società civile” quando aveva 83 anni, ma l’incidente durò poco. Oggi fra i candidati dei quali si fa il nome gli ultraottuagenari sono uno stuolo: compreso lo scherzo di Berlusconi, 85 anni, cui viene affiancato Gianni Letta, 86. 83 ne ha Giuliano Amato, 82 Prodi, che si chiama fuori, 86 Sabino Cassese, che ne sorride. Eccetera. Basta sommare a queste età di partenza i 7 anni del mandato per interrogarsi.

La longevità (col suo risvolto malinconico, l’invecchiamento generale) è un indice di benessere dei paesi ricchi, e il Covid l’ha fatto retrocedere per la prima volta in tempo di pace. Ma sarebbe ragionevole accorciare la durata del mandato al Quirinale, o abbassare l’età media dei candidati – o tutt’e due. Tanto più quando il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, 79 anni, dà segni di stanchezza proprio nel tempo in cui più aggressivi si fanno sia l’assalto interno alla democrazia che quello esterno per il dominio del mondo. La decisione di Mattarella di lasciare alla scadenza regolare del mandato, e ai suoi 80 anni, oltre a restaurare una coerenza con l’intento della Costituzione, appare come un ragionevole desiderio di riprendersi una personale libertà. 

Il tema induce a tornare ai classici de senectute. Fin dal ginnasio sospettai in Cicerone, nel suo otium somigliante al quieto vivere, nelle sue famose battute di spirito, qualcosa di andreottiano, del resto da Andreotti rivendicatissimo: avevo torto. Ma Cicerone vedrebbe oggi in Catone uno splendido senatore a vita, non il presidente di una repubblica così bisognosa di tutela. Seneca è sempre una miniera preziosa, come quando dice a Lucilio che “si deve vivere con questa convinzione: non sono nato per un solo angolo della terra, la mia patria è il mondo intero”.  (E, per complemento: chi è dappertutto, non è da nessuna parte). Anche Norberto Bobbio scrisse il suo De senectute, l’aveva anticipato a Sassari in una lezione del 1997, quando aveva 88 anni: “Delle mie esperienze di vecchio non ho mai parlato in pubblico, se non per accenni, mentre mi sto osservando da tempo. La soglia della vecchiaia in questi ultimi anni si è spostata di circa un ventennio. Coloro che hanno scritto opere sulla vecchiaia, a cominciare da Cicerone, erano sulla sessantina. (…) L’ottantenne, salvo eccezioni, era considerato un vecchio decrepito, di cui non valeva la pena occuparsi. Oggi, invece, la vecchiaia comincia quando ci si approssima agli ottanta, che è poi l’età media della vita, anche nel nostro paese, un po’ meno per i maschi, un po’ più per le donne”. E’ un bellissimo testo, ma qui voglio usarne solo l’inciso: “un po’ più per le donne”. Le donne sono infatti più longeve degli uomini. Non solo “un po’”: la differenza della speranza di vita alla nascita è quasi di cinque anni. Dunque, veniamo alle candidate donne al Quirinale.

C’è stata la candidatura, simbolica o polemica, di Liliana Segre, e ha provveduto lei a metterla al suo posto: “Ho 91 anni, non ho la competenza e non l’avrei avuta nemmeno trent’anni fa”. Oltre lei, non leggo nemmeno un nome di donna che tocchi gli 80 anni: Rosy Bindi 70; Marta Cartabia 58; Paola Severino 73; Maria E. Casellati 75; Emma Bonino 73; Anna Finocchiaro 66… Nel 2018 uscì, ancora per l’Einaudi che aveva pubblicato il De senectute di Bobbio, un De senectute di Francesca Rigotti, filosofa, 70 anni. Vi si tratta una volta tanto della vecchiaia delle donne, e ne raccomando la lettura. Per quello che ci riguarda qui, quanto al Quirinale prossimo, ricorro a un’intervista dell’autrice: “Se Hillary Clinton ha perso nei confronti di Barack Obama, e poi ancora di Donald Trump, è perché il primo aveva il fascino dell’uomo giovane e il secondo il fascino dell’uomo vecchio (più tanti soldi), davanti ai quali la donna vecchia non può competere… Adesso poi che Margherita Hack e Rita Levi Montalcini non sono più tra noi a fungere almeno da eccezioni, il panorama è totalmente sguarnito, come se altre donne autorevoli non ce ne fossero”.

Già.