(foto Ansa)

la strategia

I finti endorsement della destra per Berlusconi al Quirinale

Luca Roberto

Fontana e Giorgetti (Lega): "Non bastano i voti del centrodestra per eleggere il Cav". Crosetto: "Bisogna capire se ci sono i numeri". Così leghisti e meloniani azzoppano la volata dell'ex premier al Colle

Dicono di volerlo sostenere ma già pensano al sostituto. Così nel centrodestra le ambizioni quirinalizie di Silvio Berlusconi restano appese alle umoralità degli alleati, che pubblicamente continuano a perorare la sua causa. Eppure ogni giorno di più inseriscono un qualche paletto che renda più improbabile l'ascesa al Quirinale del presidente di Forza Italia. L'altro giorno Meloni si era avvalsa della roboante quanto intangibile definizione di un "presidente patriota". Non esattamente il tipo di endorsement cristallino che magari andava cercando Berlusconi, tendendo un orecchio a quel che succedeva ad Atreju.

Tra ieri e oggi questo lento logoramento ai danni dell'ex premier però si sono incaricati di portarlo avanti pure altri esponenti dei partiti che appartengono al centrodestra. Tra questi annoveriamo sicuramente il vicesegretario della Lega Lorenzo Fontana, secondo cui, come ha spiegato al Corriere, "Berlusconi è il padre nobile della coalizione in cui militiamo da 30 anni. Il problema sono i voti: per eleggerlo ne servono più di quelli del solo centrodestra. E non farebbe piacere neanche a lui se noi cercassimo di imporre il suo nome". Insomma, questioni di pallottoliere.

Che poi è un po' anche quanto echeggia dalle dichiarazioni di un altro leghista di peso come Giancarlo Giorgetti che, mentre Salvini cerca di ritrovare centralità, non se ne sta certo con le mani in mano. "Lo sa anche Berlusconi: non bastano i voti del centrodestra per eleggerlo al Colle. Serviranno dei voti del Pd o del M5s ed è ancora possibile", ha detto ieri sera il ministro dello Sviluppo economico alla presentazione del libro di Vincenzo Spadafora. 

 

Cambi partito ma non cambia la lettura, però. Se è vero che uno dei più ascoltati consulenti di Giorgia Meloni, ovvero l'ex parlamentare Guido Crosetto, quest'oggi a Repubblica ha confermato l'impressione dei compagni di coalizione. "Penso che il centrodestra inizialmente cercherà di capire se il Cavaliere riuscirà ad avere i numeri necessari anche dall'altra parte del campo". Significa cercare di pescare un bacino sufficiente di rassicurazioni tra piddini e grillini. Va da sè che basare una strategia su un'apertura che in chiaro non potrà mai avvenire non è il massimo per i destini dell'ex premier. Che però, dal canto suo, un sentore sinistro ce lo ha avuto anche dal fido Maurizio Gasparri. Che al Foglio, dopo aver confermato che il Cav. è la prima, la seconda e la terza scelta, lo ha confessato senza troppi patemi d'animo. "Temo anche un’altra cosa: che Draghi dice: 'Ma lo sapete che c’è? Io qui ho fatto quello che potevo, le punture ormai Figliuolo le fa in automatico, il Pnrr l’abbiamo fatto, quindi non per ambizione ma per togliermi sta rottura di scatole che comincia a essere il governo, io andrei al Quirinale. E così diventa complicato che Draghi non vada, ha anche una base di partenza molto vasta, la sua maggioranza di governo gioca su grandi numeri che manco Paolo Rossi dopo il Mundial ne prendeva tanti". Forse pure dentro FI s'inizia a capire che con questi alleati riluttanti le chance per il Cav. sono al lumicino.