Il racconto

"Ciao, sono Matteo: che fai per il Colle?". Così Salvini prova a fare il mazziere

Telefono senza fili. Così i partiti provano a mischiarsi. Lo stop di Letta e Conte al capo del Carroccio: "Prima pensiamo alla manovra"

Simone Canettieri

Il leader della Lega prova a ritornare centrale in vista del Quirinale. Intanto Giorgetti, Di Maio e Franceschini si incontrano a teatro. E Draghi tace.

“Scusate, adesso vado a fare un po’ di telefonate”. E Matteo Salvini, dopo una conferenza stampa sul nucleare, fa  intendere   di avere la batteria del telefono bella carica. E’ lunedì. Vuole dare le carte per il Quirinale. Chiamare tutti i leader. Giocare a rubamazzo con Giorgia Meloni, che con Atreju ha mostrato i muscoli. “Se mi sento un playmaker? – si schermisce il leader della Lega con il Foglio – No, voglio dimostrare di poter convocare un tavolo per decidere insieme. Altri, se non mi sbaglio, hanno fallito”. Ce l’ha con Enrico Letta e con “l’amica Giorgia”. Seguirà un pomeriggio denso. Salvini parla con il Cav. (parte in causa), vede Giovanni Toti, sente Meloni. Si scrive con Conte e Renzi (sai che novità). Telefona a Letta. C’è chi lo asseconda, chi gli dice “ritenta, dopo la manovra”. 

Quirinale, così Salvini tenta di ritornare centrale 

Per un Salvini iperattivo, c’è chi partecipa con discrezione a comode presentazioni di libri introspettivi. Al calduccio del teatro “Sala Umberto” si danno appuntamento Giancarlo Giorgetti e Dario Franceschini, gli eterni vice, per discutere di “Senza riserve”, la biografia del grillino critico Vincenzo Spadafora. In prima fila spuntano l’ex sindaca di Roma Virginia Raggi e Luigi Di Maio, già compagno di pizze mensili con il numero due del Carroccio. Tutto fa retroscena, tutto serve a veicolare suggestioni sul Quirinale. Di Maio, per esempio, pare abbia modificato l’agenda da ministro degli Esteri: ha anticipato tutte le missioni lontane dall’Italia per essere così operativo per il grande gioco del Colle. Ma Mario Draghi? Il premier, attentissimo a non bruciarsi con il tramestio del Palazzo, continua a fare piccole consultazioni perché “la manovra incombe”. Tutti aspettano un suo segnale, che non arriva: sarà la conferenza stampa di fine anno la volta buona per dire “io ci sto”? 

Ieri Draghi ha ricevuto Giuseppe Conte di mattina e Maurizio Lupi di pomeriggio. “Ovviamente non si è parlato di Quirinale”, fa sapere il presidente del M5s. Che a Salvini manda a dire: “Vogliamo parlare del capo dello stato? Prima approviamo la manovra”. Che poi è anche la linea di Enrico Letta. Salvini raggiunge al cellulare il segretario del Pd, impegnato in una riunione all’Arel, ormai succursale del Nazareno. “Va bene Matteo, intanto chiudiamo questa manovra senza strappi, poi si può parlare per il bene del paese: ci sto”.


Ormai siamo al telefono senza fili. Vale tutto e niente. Perché si fanno i conti senza Draghi. “Meglio: siamo ai preliminari”, scherza il governatore della Liguria Giovanni Toti, a nome di Coraggio Italia, creatura di Luigi Brugnaro, atteso nella capitale fra oggi e domani. Così come Silvio Berlusconi, primo big contattato da Salvini. “Il Cav. si sente della partita”, dicono dalla Lega. O ce lo stanno facendo sentire?

L'attivismo di Giorgetti, Di Maio e Franceschini

A dire il vero, raccontano da Arcore, “il presidente ha umori cangianti: a volte è ottimista, altre pensa che non glielo faranno mai fare il presidente della Repubblica, altre ancora si fa forte davanti alla possibilità di essere comunque in gioco”. Ieri da Forza Italia spiegavano che Berlusconi pensa di avere il 20 per cento di possibilità di salire al Colle. In settimana sarà a Roma. Domani dovrebbe intervenire, al telefono, alla presentazione del libro di Bruno Vespa. “Se ci muoviamo bene questa volta come centrodestra possiamo dare le carte”, aggiunge Meloni dopo aver parlato con “l’amico Matteo”. Salvini dunque prova a essere centrale. Spera di diventare il fulcro di tutte le manovre che verranno, lo snodo.  

 

Dal Pd osservano questo attivismo e lasciano cadere un commento malizioso: “Vuoi vedere che ha preso questa iniziativa più per una questione interna al suo partito che per una concreta voglia di essere il mazziere  del match?”. In poche parole, insinuano a i “democristiani” che ruotano intorno a Letta, non è che Salvini si sta dando così tanto da fare per neutralizzare le mosse e i malumori di Giorgetti e dei governatori del nord? In serata alla lista dei contattati dal capo del Carroccio si aggiungono Lorenzo Cesa, Carlo Calenda (“questa mossa doveva farla Letta”, dice ai suoi il leader di Azione), Maurizio Lupi, Luigi Brugnaro. “Al momento i leader non sono entrati nel dettaglio sull’eventuale tavolo, ma c’è la volontà di parlarsi e ragionare. Nelle prossime ore Salvini sentirà altri leader dei partiti con rappresentanze parlamentari meno numerose”, riferisce una nota della Lega. Tutto fa retroscena, tutto fa mezzo titolo. Anche se mancano le notizie. Il tavolo è lontano. Il rumore di fondo inizia a essere importante. L’ideale per chi lavora nell’ombra e nel silenzio. Quindi non per Salvini.
 

  • Simone Canettieri
  • Viterbese, 1982. Al Foglio da settembre 2020 come caposervizio. Otto anni al Messaggero (in cronaca e al politico). Prima ancora in Emilia Romagna come corrispondente (fra nascita del M5s e terremoto), a Firenze come redattore del Nuovo Corriere (alle prese tutte le mattine con cronaca nera e giudiziaria). Ha iniziato a Viterbo a 19 anni con il pattinaggio e il calcio minore, poi a 26 anni ha strappato la prima assunzione. Ha scritto per Oggi, Linkiesta, inserti di viaggi e gastronomia. Ha collaborato con RadioRai, ma anche con emittenti televisive e radiofoniche locali che non  pagavano mai. Premio Agnes 2020 per la carta stampata in Italia. Ha vinto anche il premio Guidarello 2023 per il giornalismo d'autore.