(foto LaPresse)

Tornare come prima? Non esageriamo. L'Europa come l'aria

Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa

Al direttore - Si può fare che non torniamo proprio proprio come prima?

Giuseppe De Filippi


 

Al direttore - I servizi resi ai consumatori non sono gratuiti, hanno un costo per chi li fornisce e devono essere pagati anche perché le associazioni dei consumatori non godono di alcun finanziamento pubblico e si sostengono grazie al contributo dei propri sostenitori. Importante è che siano chiare condizioni e modalità per avvalersi dei servizi, per cui ognuno possa decidere consapevolmente. Proprio per questo sul nostro sito i costi dei nostri servizi (telefonici e non) sono spiegati in modo chiaro e trasparente. Se poi il Foglio vuole finanziare tali servizi siamo a disposizione per fare del giornale lo sponsor ufficiale Codacons con tutti gli onori del caso. E certo non pretendiamo che il Foglio non faccia pagare ai propri lettori il giornale (non sappiamo se percepite i contributi pubblici dell’editoria) solo perché l’informazione giornalistica è un servizio pubblico essenziale. Chiediamo anzi al suo giornale di farsi portavoce del grave problema del Terzo settore, che rischia di scomparire a causa della grave emergenza in atto, diffondendo l’appello ai cittadini e consumatori pubblicato al link https://codacons.it/appello/

Cordiali saluti.

Avv. Giuseppe Ursini, presidente Codacons

Risponde Luciano Capone. Il problema è proprio che i servizi telefonici per l’“emergenza coronavirus” sono poco chiari e trasparenti, anzi sono ingannevoli. Perché sul sito il Codacons affianca le linee premium a un numero verde, confondendo così i consumatori su cosa sia a pagamento e cosa gratuito, e perché offre ai consumatori per lo stesso prezzo cose nettamente differenti: entro un orario si paga per essere ascoltati, dopo per ascoltare una registrazione. Il Codacons può offrire tutti i servizi che vuole ma dovrebbe farlo in maniera corretta e senza ingannare le persone, soprattutto in una fase di fragilità sanitaria, economia e psicologica come quella che stiamo vivendo. Ma l’inganno deve essere una pratica di comportamento abituale per il Codacons, visto che comincia questa missiva affermando che “le associazioni dei consumatori non godono di alcun finanziamento pubblico e si sostengono grazie al contributo dei propri sostenitori”. E’ un’affermazione menzognera, visto che sono tanti i finanziamenti pubblici erogati alle associazioni dei consumatori, ed è talmente falsa che basta andare sul sito del Codacons alla sezione “trasparenza” – dove però mancano i bilanci (una trasparenza un po’ opaca, quindi) – per leggere l’elenco, pubblicato per obbligo di legge, di “sovvenzioni, contributi, incarichi retribuiti e comunque a vantaggi economici di qualunque genere ricevuti da Pubbliche amministrazioni e da soggetti assimilati”. Questa del Codacons è pertanto una rettifica che non rettifica nulla, ma che andrebbe piuttosto rettificata.


Al direttore - Commetterebbe un tragico errore l’Europa se trattasse le conseguenze del coronavirus come un problema di solidarietà fra i paesi membri. Lo commetterebbero i paesi che invocano o pretendono l’aiuto dei paesi forti. Lo commetterebbero questi ultimi illudendosi di sopravvivere da soli. Lo sconvolgimento economico dell’epidemia ha le proporzioni di una guerra. Dalla crisi Cina e Stati Uniti, in grado di prendere decisioni collettive e tempestive, usciranno forti; l’Europa, per la debolezza delle sue istituzioni politiche, potrebbe uscire indebolita e in parte devastata dalla crisi economica. Domani Cina e Stati Uniti chiuderanno ulteriormente i propri mercati e con le loro industrie cercheranno di penetrare nel terzo grande mercato mondiale che è l’Europa. L’industria tedesca non venderà più al mondo come ha potuto fare negli ultimi trent’anni: dipenderà sempre più dal mercato europeo e dovrà difenderlo. Se i paesi più fragili saranno costretti a cedere i loro porti alla Cina o le loro imprese agli Stati Uniti in cambio di esenzioni doganali, che futuro avrà la Germania? Questi sono i crudi termini del problema. Vi sono precedenti storici che devono indicare oggi una strada all’Europa. Quando nel 1971 crollò il sistema monetario internazionale che aveva assicurato 25 anni di progresso economico, l’Europa seppe elaborare una risposta comune, non una risposta tedesca, francese o italiana. Quanto nell’89 cadde il Muro di Berlino, la risposta fu, pur con i limiti che ha avuto, una risposta europea. Soprattutto, quando finì la Seconda guerra mondiale, gli Stati Uniti compresero che la loro sicurezza e il loro stesso benessere dipendevano dalla ripresa sia dei paesi vinti sia dei vincitori. Nacque così il Piano Marshall. Oggi l’Europa ha bisogno di un piano Marshall, ma a differenza da allora esso non verrà da fuori. Dovrà essere concepito e realizzato sulla premessa che i paesi europei simul stabunt, simul cadent, sapendo anche che lasciando interamente l’onere della crisi sulle spalle della Bce si rischia di minarne l’indipendenza. Ecco il tema. Sono all’altezza di ciò le istituzioni europee o è necessario individuare un nuovo Marshall o un nuovo Delors? I governanti europei devono avere la consapevolezza che oltre a terribili conseguenze economiche a una risposta inadeguata possono seguire ancor peggiori conseguenze politiche come accadde dopo la Prima guerra mondiale.

Giorgio La Malfa e Massimo Andolfi, Fondazione Ugo La Malfa 

 

La libertà, diceva Piero Calamandrei, è come l’aria: ci si accorge di quanto vale quando comincia a mancare. Ci stiamo accorgendo ogni giorno, a causa del virus, cosa voglia dire non avere pieno possesso della nostra libertà. Con un appunto. Sarebbe bene oggi ricordare non solo cosa dovrebbe fare l’Europa per essere maggiormente all’altezza delle sfide del presente ma anche cosa vorrebbe dire oggi – per un paese così massicciamente indebitato come l’Italia che nonostante i debiti ulteriori continua a collocare senza difficoltà i propri titoli di stato – non avere l’Europa al nostro fianco nella sfida contro il virus, anche dal punto di vista economico. Viva l’aria dell’Europa, con i suoi pregi, tanti, e i suoi difetti, non così tanti.

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