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I gialloverdi divisi anche sulla liberalizzazione del mercato elettrico

Mariarosaria Marchesano

Le bizzarie del governo rendono incerti i piani delle società. Il caso A2A, la più grande multiutility del nord

Divisi su tutto, anche sulla liberalizzazione del mercato elettrico. Lega e Movimento 5 stelle stanno dando un’ulteriore prova della mancanza di una visione strategica comune in un settore importante per l’economia e le imprese. Per arrivare a un vero regime di libera concorrenza mancano alcuni passaggi fondamentali come la pubblicazione dell’elenco dei venditori abilitati. La storia si trascina dallo scorso anno, quando il ministro dello Sviluppo economico, Luigi Di Maio, era riuscito a posticipare a luglio 2020 il termine per completare il percorso di liberalizzazione portato avanti dal governo Gentiloni. Ora, però, alla luce del dibattito parlamentare sul tema, questa scadenza potrebbe allontanarsi, il che introduce un elemento di incertezza nei piani finanziari già approvati dalle società che operano nel settore.

 

In particolare, come messo in evidenza da alcuni analisti, il business plan della milanese A2A, la più grande multiutility del nord Italia con 6,5 miliardi di ricavi e 12 mila addetti, ha previsto una crescita aggiuntiva di 65 milioni di euro dei margini di profittabilità al 2023 grazie alla liberalizzazione del mercato elettrico e alle maggiori vendite alla clientela retail. Non che la ex municipalizzata, controllata dai comuni di Milano e Brescia e guidata da Lucio Valerio Camerano, non abbia spalle abbastanza larghe per sopportare l’ennesima eventuale bizzarria del governo gialloverde – i conti del 2018 si sono chiusi con il miglior utile di sempre a quota 344 milioni e un margine operativo lordo che supera 1,2 miliardi – ma l’incertezza normativa derivante dal mancato completamento del processo di liberalizzazione potrebbe diventare un elemento di disturbo per una società che ha appena ottenuto un importante risultato presso gli investitori nazionali e internazionali.

 

Il “green bond” emesso qualche giorno fa da A2A per finanziare progetti di sostenibilità ambientale e decarbonizzazione, ha, infatti, ricevuto richieste pari a otto volte (3,2 miliardi) l’ammontare offerto (400 milioni). Un’apertura di credito superiore alle attese da parte del mercato (A2A è quotata sul listino principale di Borsa italiana) che si attende anche che vengano rispettati tutti gli obiettivi futuri. Il punto è che sulla liberalizzazione dell’energia elettrica le due forze di governo non riescono a mettersi d’accordo sulle regole. La Lega sta chiedendo un’accelerazione dei tempi con la pubblicazione dell’elenco dei venditori abilitati, che per la verità andava pubblicato già nel 2017, mentre il sottosegretario al ministero dello Sviluppo economico, il pentastellato Davide Crippa, ha annunciato che l’elenco confluirà nel disegno di legge (o decreto legge) sull’energia che è allo studio del ministero. L’obiettivo dei grillini sarebbe quello di introdurre sanzioni Antitrust più severe per i venditori, fino all’esclusione dall’elenco.

 

Il provvedimento è molto atteso perché fissa le regole per la transazione al mercato libero di 19 milioni di clienti che oggi sono considerati “a maggior tutela” e sarebbe potenzialmente positivo per tutte le utilities locali. Come spiega al Foglio, Alessandro Cadei, partner di Bain&C. e responsabile di energy e utility a livello Emea, “la liberalizzazione del mercato elettrico rappresenta un acceleratore per le imprese e impone un salto gestionale-culturale per gli operatori verso una maggiore centralità del cliente. Non è un caso che grazie ai passi avanti fatti fino ad oggi il livello di qualità dei servizi sia in media fortemente aumentato”. Ma si sono ridotti anche i prezzi per gli utenti? “In alcuni casi sì, grazie soprattutto ai modelli di business basati sul digitale, che combinano spesso una maggiore competitività dei prezzi con alti livello di servizio. Chiaramente gli operatori qualificati non possono essere 500, come se ne contano oggi, e questo forse richiede anche un ripensamento del modello di mercato”.

 

Insomma, di lavoro da fare ce n’è tanto, ma nel governo a quanto pare prevale, anche in questo caso, lo scontro ideologico. E nei giorni scorsi un’interrogazione dei senatori della Lega Paolo Arrigoni e Paolo Ripamonti ha chiamato in causa il ministero dello Sviluppo economico che non avrebbe ancora effettuato neanche i primi passi necessari per rispettare la scadenza del 2020. A2A non è naturalmente l’unica utility a contare sulla liberalizzazione, ma è sicuramente quella che maggiormente punta ad ampliare il suo raggio d’azione territoriale. Nel corso del 2018 ha portato a termine il processo di aggregazione delle utilities di Como, Monza, Lecco, Sondrio e Varese, rendendo chiaro il suo progetto di diventare la “multiutility del nord”. Ora allo studio c’è la partnership con le venete Agsm Verona e Aim Vicenza. Ma, secondo alcune indiscrezioni di stampa, la Lega non sarebbe favorevole al coinvolgimento di A2A nel processo di aggregazione tra le due venete, tant’è che l’advisor che sta lavorando al progetto presenterà a settembre diversi possibili scenari con e senza la società milanese.

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