Una manifestazione No Tav (foto LaPresse)

La deriva dei No

Redazione

Dai No Tav ai No 5G. Perché resistere alla censura politica del dissenso

Con il licenziamento via mail da parte del ministro delle Infrastrutture Danilo Toninelli del professor Pierluigi Coppola, la commissione sulla Alta velocità Torino-Lione perde l’unico esperto rimasto, docente di Ingegneria a Tor Vergata e al Massachusetts Institute of Technology, a invocare un’analisi complessiva (e non parziale) dell’opera. Fu l’unico a non firmare, mesi fa, l’analisi costi-benefici stilata da Marco Ponti e dagli altri componenti contraria alla Tav. La motivazione del licenziamento è avere rilasciato – a marzo – interviste non autorizzate. Ma anche in dissenso con l’ideologia No Tav.

 

La censura di posizioni diverse da quelle governative è arrivata a motivare le dimissioni dalla presidenza del comitato editoriale dell’Ice di Fabrizio Onida, professore emerito all’Università Bocconi, accusato di “apologia della Commissione europea” nel rapporto annuale dell’istituto. Altri dieci membri del comitato l’hanno seguito. No euro über alles. L’eliminazione del dissenso verso la posizione mediatica prevalente rischia di portare alla reticenza degli esperti e alla convalida pubblica di posizioni pseudoscientifiche. Si vede la genesi di questo processo osservando le nuove frontiere tecnologiche. Il sindaco di Scanzano Jonico, in Basilicata, ha vietato per la prima volta in Italia la sperimentazione del 5G “per prevenire rischi sanitari”. In Sardegna e altrove stanno nascendo gruppuscoli No 5G, in particolare nei piccoli comuni che soffrono un divario digitale grave e perciò sono – giustamente – interessati allo sviluppo delle nuove reti. Questi gruppi mettono in discussione i criteri adottati a livello internazionale e paventano rischi sulla base di ricerche indipendenti che non hanno la solidità di quelle di organizzazioni internazionali, creando confusione e allarmismo. L’esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici delle reti 5G sarà mantenuta entro i limiti vigenti in Italia dal 2001, identici ai campi elettromagnetici delle reti 4G, 3G e 2G già in funzione. Peraltro in Italia il limite massimo della potenza del campo elettrico è dieci volte inferiore alle linee guida europee (6 volt/metro contro 50 volt/metro). Chi lo dice sarà messo all’indice?

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