Una manifestazione contro il 5G a Berna, in Svizzera, nel maggio scorso (LaPresse)

C'è un'altra Tav

Luciano Capone

Una campagna ossessiva e antiscientifica sta prendendo di mira l’infrastruttura del futuro: il 5G. Ma i raggi solari fanno più male

"Ci uccidono con l’onda!". “Nel clero esistono impianti a onde che torturano, rovinano e uccidono da lontano milioni di morti in Italia”. “Chiesa assassina che uccidi coll’onda”. “In tutta Italia coll’onda ultravioletta colpiscono i cani e morsicano il più vicino”. Erano gli slogan che negli anni settanta e ottanta C.T. (al secolo Carlo Torrighelli) dipingeva per terra o sui cartelli per le strade di Milano, in particolare nella zona attorno al castello Sforzesco, dove si aggirava con il suo carretto a pedali accompagnato da alcuni cani e con un megafono: “Popolo bue, ti uccidono con l’onda! Con l’onda ti uccidono. I russi, gli americani, il Vaticano!”. Il signor Torrighelli era convinto di aver scoperto un complotto internazionale, secondo cui il Vaticano (ma anche i russi e gli americani) bombardava la popolazione con degli impianti a onde: “Ho svelato impianti giapponesi che cioè sono installati in quasi tutte le chiese d’Italia, che da lontano uccidono rovinano e torturano”, dice in un’intervista disponibile su YouTube, “al sottoscritto l’hanno aiutato e gli hanno fatto vedere l’impianto sin da principio. Oggi sono in campo a farne atto e scrivere per terra, perché l’umanità va salvata”.

 

Il signor Torrighelli era convinto di aver scoperto un complotto secondo cui il Vaticano bombardava la popolazione con le onde

C.T. è un simpatico signore che è rimasto nella memoria popolare ed è entrato, a suo modo, nella cultura di massa. Ma la sua tecnofobia e il terrore per qualcosa di pericoloso e invisibile hanno anticipato di molti anni le campagne popolari e contro “l’inquinamento elettromagnetico” che sono arrivate fino ai nostri giorni con i movimenti contro il 5G, la rete di ultima generazione già avviata e di prossima introduzione su tutto il territorio nazionale che consentirà velocità e prestazioni superiori nella comunicazione e nello sviluppo dell’Internet delle cose. Come contro ogni nuova tecnologia, il 5G ha attirato le proteste di persone, movimenti e organizzazioni che si sono mobilitati per chiedere una moratoria sulla “sperimentazione” e “installazione” della nuova rete in quanto sarebbe pericolosa per la salute. O meglio, siccome queste organizzazioni sollevano diversi dubbi e alimentano paure – il più delle volte infondate – chiedono la moratoria sulla base del “principio di precauzione”, in quanto non ci sarebbe la certezza assoluta che il 5G non sia dannoso.

 

 

Le campagne allarmistiche e sensazionalistiche, come insegna la comunicazione politica al tempo dei social, sono molto efficaci. E così il movimento “Stop 5G” si è allargato, ha coinvolto molte associazioni, è partito dal basso con manifestazioni, appelli e petizioni, fino a entrare nelle istituzioni – a partire dai comuni per arrivare in Parlamento – con mozioni, interrogazioni e ordinanze approvate in fotocopia in tanti comuni: il XII municipio di Roma, Firenze, Rocca di Papa, Savigano Irpino, Viereggio, Cinto Euganeo, Cervaro, Fresagrandinaria, Conca Casale, Marsaglia, Sesto Fiorentino, Campiglia Cervo, San Gregorio Matese, Scanzano Jonico… “L’elenco è lunghissimo ma non è completo, perché tantissimi comuni hanno approvato la delibera contro il 5G ma non ce lo comunicano”, dice al Foglio Franca Biglio, presidente dell’Associazione nazionale piccoli comuni d’Italia (Anpci) e sindaco di Marsaglia, in provincia di Cuneo, che è una leader di questo movimento insieme all’Alleanza italiana Stop 5G, ai medici per l’ambiente di Isde Italia e all’Istituto Ramazzini. “Tutto è nato per caso”, dice Biglio, “io ho saputo del 5G da un giornale locale, un cittadino ha scritto una lettera che diceva: ‘Che interesse hanno i sindaci a fare questo?’. Forse l’interesse è di qualcun altro, dei poteri forti, non certo nostri”. E’ possibile che buona parte della protesta dei piccoli comuni contro il 5G nasca da un equivoco e da una comunicazione poco efficace delle istituzioni. In una delibera sull’assegnazione delle frequenze per il 5G e sugli obblighi da rispettare, l’AgCom ha inserito una lista di 120 piccoli comuni da salvaguardare perché caratterizzati da deep digital divide. Si tratta cioè di aree geografiche periferiche, attualmente prive di tecnologie precedenti come il 4G, che lo stato vuole tutelare includendole obbligatoriamente nella copertura della nuova infrastruttura 5G. Ma questa salvaguardia non è stata interpretata come un privilegio, bensì come una lista di comuni in cui fare una specie di “sperimentazione” con il 5G. “Il mio comune fa casualmente parte dei 120”, dice la Biglio, sindaco di Marsaglia, “ma siamo sicuri che siamo privilegiati? Oppure siamo stati scelti come comune cavia? E’ una domanda legittima. Non vengo informata di nulla e ci viene imposta una cosa. Ma c’è un principio di autonomia. Loro hanno scelto il nostro comune, ma il nostro comune deve poter scegliere cos’è meglio per la propria cittadinanza in base al principio di precauzione e prevenzione”. La convinzione è che, come al solito, a mettere in pericolo la salute pubblica siano grandi interessi economici. “Tutto è stato fatto in maniera omertosa”, dice la presidente dell’Anpci, “ma cosa c’è da nascondere? Perché è stato fatto tutto in sordina? Se vogliono mettere le antenne contro la nostra volontà io chiudo le strade e nel mio comune non entra più nessuno. Perché siamo stati scelti sulla base di un sorteggio? E’ una sperimentazione? E’ chiaro che dietro c’è un business enorme”. In realtà, rispondo, le aziende non hanno interesse a installare le antenne nei piccoli comuni periferici, perché non ci sono utenti per recuperare i costi. “Appunto! E allora perché lo fanno? Per vedere se c’è il silenzio o se qualcosa si muove? Ma medici, fisici, ricercatori e cittadini si sono sollevati”. Siete sicuri che il 5G sia pericoloso? “Non ho ricevuto rassicurazioni da nessuno. Ma documentandomi, leggendo su internet, ho viso che a Houston e all’Istituto Ramazzini ci sono ricerche che lasciano pensare che possa essere nocivo. Sui ratti, che sono simili al corpo umano, si manifestano dei tumori un po’ insoliti. Non è possibile andare avanti così, aumenta la leucemia e anche questi mali portati avanti dalle onde elettromagnetiche. Per il 5G ci vogliono migliaia di antennine collocate dappertutto, sulle piante, sulle lampade dell’illuminazione pubblica… come se non bastassero le onde che già ci sono. Lei ad esempio, come mi sta telefonando?”. Con il cellulare. “E dove ce l’ha?”. In mano… all’orecchio. “Non lo faccia mai! Mai più! E’ pericolosissimo. Meglio il vivavoce, altrimenti le onde vanno direttamente al cervello”.

 

  

I servizi di Russia Today per diffondere in occidente la campagna antiscientifica e provocare pericolosi allarmismi

Naturalmente l’onda della paura dell’onda è stata cavalcata dalla politica. Si tratta di un fenomeno perfetto per il M5s, un partito nato proprio come catalizzatore di movimenti di protesta in battaglie nimby (Not in my back yard – Non nel mio cortile) o antiscientifiche: No Tav, No Tap, No Muos, No Ilva, No Triv, No Vax, Sì Xylella e via di seguito. E d’altronde Beppe Grillo è stato un megafono dell’allarmismo contro le onde: tra le sue numerose bufale scientifiche, il comico in un post dal titolo “Cervello à la coque” diffuse la fake news di “alcuni ricercatori” che avevano cotto un uovo mettendolo tra due cellulari in comunicazione (la notizia in realtà si ispirava a un articolo-burla dolosamente o colpevolmente preso sul serio). Ma ora che i grillini sono al governo e che Luigi Di Maio da ministro dello Sviluppo economico è il principale responsabile del 5G la situazione è più complicata. In ogni caso a mobilitarsi e fare campagna contro per bloccare l’introduzione del 5G lanciando allarmi sulla salute sono perlopiù parlamentari eletti con il M5s (tra di loro ci sono personaggi come Sara Cunial e Saverio De Bonis, già impegnati in battaglie antiscientifiche contro l’obbligo vaccinale o per arrestare la Xylella). Ma un’altra forza politica, che sta usando la stessa strategia del M5s candidando, per esempio, personaggi che fanno battaglie antiscientifiche sulla Xylella, è Europa Verde, il cartello elettorale che ha unito i Verdi e, almeno per un po’, Possibile. La lista ecologista ha infatti candidato alle scorse europee la dottoressa Fiorella Belpoggi dell’Istituto Ramazzini, autrice di un discusso studio sui ratti utilizzato per chiedere la moratoria sul 5G, le cui conclusioni sono però state giudicate “non convincenti” dalla Commissione Internazionale per la Tutela dalle Radiazioni non Ionizzanti (ICNIRP). Dopo la ricerca la Belpoggi è prima stata protagonista di un’intensa campagna mediatica, sulle principali trasmissioni di approfondimento che hanno trattato la questione 5G in maniera piuttosto allarmistica, e poi si è candidata con Europa Verde non riuscendo però a essere eletta.

 

La delibera dell’AgCom sui 120 comuni dove far partire la sperimentazione: “Siamo stati scelti come cavie?”

Dicevamo dell’informazione. Oltre alla solita abitudine che tende ad aumentare le preoccupazioni dei cittadini senza guardare molto alle evidenze, c’è qualcos’altro. Il New York Times ha pubblicato un’inchiesta in cui ha mostrato come Russia Today – l’emittente del Cremlino – ha diffuso in occidente una campagna antiscientifica contro il 5G, alimentando in maniera ingiustificata le preoccupazioni sullo sviluppo di tumori a causa delle onde: “Il 5G è un crimine internazionale”, “Il 5G espone più bambini al rischio di tumore?”, “5G, un pericoloso esperimento sul genere umano”, sono solo alcuni titoli dei servizi. Tutti privi di fondamento scientifico. “L’associazione tra 5G ed effetti nocivi per la salute è al centro del dibattito sui media online e offline, ma anche oggetto di allarmismi non giustificati e fake news”, hanno scritto su Agenda digitale Rita Massa, docente di Campi elettromagnetici all’università Federico II di Napoli, e Maria Rosaria Scarfì, responsabile del Laboratorio di Bioelettromagnetismo del Cnr-Irea.

 

Naturalmente l’onda della paura dell’onda è stata cavalcata dalla politica. Si tratta di un fenomeno perfetto per il M5s

Ma alla fine questo 5G è sicuro o no? “Sulla base delle conoscenze scientifiche non si può dire che il 5G provochi danni alla salute né che sia più pericoloso delle tecnologie precedenti, sempre ammesso che quelle precedenti siano pericolose. Perché anche questo non è dimostrato”, dice al Foglio Alessandro Polichetti, primo ricercatore del Centro nazionale per la protezione dalle radiazioni dell’Istituto Superiore di Sanità. “Secondo l’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (Iarc) il complesso degli studi scientifici esaminati non supporta l’ipotesi della cancerogenicità dei campi elettromagnetici. Ci sono alcuni che evidenziano l’ipotesi di un aumento di rischio, ma sono tutt’altro che definitivi”, dice Polichetti, “e per questo i campi a radiofrequenza sono stati classificati dallo Iarc nel gruppo 2B, quello dei possibilmente cancerogeni, proprio perché c’è un’evidenza tutt’altro che conclusiva. Per capirci, gli agenti sicuramente cancerogeni per l’uomo, come le radiazioni solari, sono nel gruppo 1. Quelli probabilmente cancerogeni, per cui ci sono evidenze limitate, come le carni rosse, sono nel gruppo 2A. Nel gruppo 2B, quello dei possibilmente cancerogeni come i campi a radiofrequenza, è quando ci sono studi che indicano dei sospetti ma senza evidenze certe”. E per questo motivo i movimenti invocano il principio di precauzione: finché non siamo certi, blocchiamo tutto. “E’ vero che esiste il principio di precauzione quando c’è un rischio”, dice Polichetti, “ma in questo caso non siamo neppure sicuri dell’esistenza di un rischio. E’ come se si chiedesse di applicare il principio di precauzione oltre l’evidenza scientifica”. Anche la presenza massiccia di antennine, visto che il 5G richiede una presenza massiccia di piccoli impianti che coprono celle più piccole, anziché preoccupare dovrebbe in un certo senso rassicurare: “La temuta proliferazione di antenne non dovrebbe comportare aumenti generalizzati delle esposizioni, proprio perché la distribuzione dei campi sarà più regolare e la potenza di emissione di ogni singola antenna sarà più bassa di quelle usate per coprire le macrocelle”.

 

Ma mentre parlo col cellulare all’orecchio con l’esperto dell’Istituto Superiore di Sanità, mi viene in mente l’avvertimento della sindaca e gli chiedo come ci si deve comportare. “Siamo nell’ambito delle scelte personali”, risponde Polichetti, “è irrealistico pensare di tutelarsi da qualsiasi tipo di rischio indipendentemente dalle evidenze. Io ad esempio uso normalmente il cellulare, ma mi proteggo dalle radiazioni solari. Perché sappiamo con certezza che il sole è pericoloso”. E perché allora le persone sono sono più preoccupate delle onde? “Per vari motivi, spesso si tende a sovrastimare rischi di cui si sente parlare e se ne sottovalutano altri. Poi i campi sono invisibili e danno un senso che non si capisce bene di cosa si tratta. Infine, visto che si tratta di tecnologie in espansione e che c’è un grande giro di soldi, scatta il retropensiero che ci vogliano nascondere qualcosa. Le radiazioni solari invece vanno bene, perché le vediamo, le conosciamo e non ci guadagna nessuno”. Un po’ come C.T. Carlo Torrighelli, che nella Milano degli anni Ottanta passava intere giornate sotto al sole pensando che ciò che gli faceva male era “l’onda”. “Popolo bue, ti uccidono con l’onda!”.

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  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali