Matteo Salvini (foto LaPresse)

Salvini il bullo intrappolato

Salvatore Merlo

Maledetto il 40 per cento alle Europee. Il leader della Lega come Renzi: ha fatto il pieno e sono iniziati i guai

Roma. “Io a quella riunione del Cdm non vado”. E tra le tante cose dette e ritrattate nelle ultime dodici ore, nell’esplosione e nella subitanea ricomposizione di questa crisi senza crisi – “è venuta meno la fiducia anche personale” (giovedì); “io mi fido di Di Maio” (venerdì) – la promessa di non andare al Consiglio dei ministri l’ha mantenuta. Così, a discutere di autonomia, che è una delle bandiere della Lega, Matteo Salvini non c’è andato. La mezza crisi, spiegano adesso i leghisti, serve a fare pressione sui 5 stelle che frenano tutto. “C’è un evidente e totale blocco su proposte, iniziative, opere e infrastrutture che fa male all’Italia”, ha detto Salvini, alludendo al fatto che il governo non rischia ma ci sono un bel po’ di grillini che proprio remano contro: Toninelli, Trenta, Lezzi… E allora sarà pur vero che questa crisi rimandata a dopodomani, all’anno prossimo o al secolo a venire, è frutto di una studiata strategia psicologica, come suggeriscono i leghisti. Tuttavia l’esplosione pirotecnica di giovedì, tra botti e rabuffi, parole d’astio e minacce, e la marcia indietro che ne è seguita, lasciano invece pensare che l’incredibile Hulk della politica italiana sia in confusione. Dietro alla sicumera si nasconde un uomo intrappolato dal suo stesso personaggio, che alterna prove di forza mediatica a dimostrazioni di debolezza politica. Uno che deve sempre correre, verso dove non conta. E infatti sempre più aleggia il parallelo con Matteo Renzi

 

Le ultime parole famose – “5stelle traditori”, “non c’è più fiducia”, ma anche: “Dopo le elezioni cambieremo l’Europa” – sono gesti che nel tempo dell’apparenza restituiscono agli spettatori la traiettoria del boomerang, il senso beffardo della fanfaronata, la potenza della nemesi che un po’ castiga la presunzione e la tracotanza. Eppure nessuno meglio di Salvini ha capito che la politica è diventata uno spettacolo, dove il leader recita a beneficio dei follower-elettori. Infatti, a forza di decisionismi propalati nell’etere di internet, il leader della Lega si è guadagnato un largo consenso, in Italia, e anche il nomignolo di Truce, sul Foglio. Ma l’uomo che si autorappresenta sicuro e mascolino, e che in virtù d’una certa fragilità dei suoi alleati grillini viene anche descritto come una volpe della trama politica, sta inanellando un collier di piccoli e grandi errori – talvolta disastri – che non corrispondono precisamente all’immagine che lui offre di sé e che alcuni osservatori gli attribuiscono.

 

A Strasburgo ha compiuto il capolavoro di isolarsi nel gioco della politica europea, e senza nemmeno averci guadagnato nulla, nemmeno la possibilità di urlare: “Ci avete isolati”. Ha fatto tutto da solo. Orbán votava Ursula von der Leyen, persino i grillini la votavano. Lui no. Così adesso la Lega rischia di non avere il commissario europeo e l’Italia potrebbe perdere una poltrona strategica . E pensare che Salvini diceva: “Dopo le elezioni ribalteremo l’Europa”. Non pare proprio. Come ben si vede, dimostrarsi troppo sicuri, certi, sprezzanti, rivela una dismisura che può sconfinare con una falsità programmatica che a suo modo rinvia ai moduli della commedia. O della tragedia. Per esempio: “Savoini? Non posso sapere chi partecipa a tutte le cene dove vado”, una frase piuttosto netta, seguita però dall’imbarazzo per le decine di foto che li ritraggono insieme. E quindi dall’ammissione: “Conosco Savoini da 25 anni”. Che bisogno c’era di correre a perdifiato addosso a un muro? La riflessione non rientra nei suoi schemi, viola il suo ordine mentale, in ogni caso sembra essergli del tutto estranea, né lui vuole farci amicizia. Quindi, per riemergere dai pasticci russi ed europei, ora cerca di sbloccare i provvedimenti impantanati: le autonomie, la flat tax e anche la Tav. E per farlo ha messo su questa incongrua crisi senza crisi. Ma è come se avesse sparato, e poi tentato di recuperare il proiettile con le mani. Vittima del suo stesso personaggio bullesco, prigioniero dell’enorme consenso acquisito alle europee (e mai incassato), intrappolato dal suo fiuto pirata, Salvini assomiglia sempre più a Renzi. Quello della foto che Giancarlo Giorgetti gli sventolò sotto il muso appena entrati a Palazzo Chigi: “Ricordati che fine ha fatto”.

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  • Salvatore Merlo
  • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi universitaria in Inghilterra. Ho vinto alcuni dei principali premi giornalistici italiani, tra cui il Premiolino (2023) e il premio Biagio Agnes (2024) per la carta stampata. Giornalista parlamentare, responsabile del servizio politico e del sito web, lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.