(Foto Imagoeconomica)

Il sovraffollamento del centrosinistra per le europee

Fabio Massa

Calenda e gli altri. Il gioco della lista per le elezioni di maggio in cui tutti “non possono non essere” il capolista

Si racconta che nella rossa Glasgow, ai primi del secolo scorso, i proprietari di casa attaccassero al portone cartelli con il numero di metri cubi e le persone ospitabili nel loro alloggio. Di notte poi passavano i poliziotti. E se non si era in regola davano multe: migliaia di multe. Insomma, il sovraffollamento è un eterno problema. Soprattutto quando passano i controlli. E peggio ancora: il sovraffollamento viene sanzionato duramente.

 

CAPILISTA - Carlo Calenda pare proprio intenzionato a correre nella circoscrizione Nord-ovest alle prossime europee, lo vuole anche Beppe Sala. Vuole sfidare la Lega, ha detto Calenda. E quindi bisogna correre in prima linea. Soprattutto perché il Carroccio sarà bello carico, a questo giro: otto o addirittura nove eletti, guidate probabilmente da Matteo Salvini, che poi si dimetterà. Tra i primi posti in lista ovviamente c’è l’uscente Angelo Ciocca, uno che usa le scarpe per percorrere il territorio e non solo per calpestare la relazione di Moscovici (anche se quello è stato indubbiamente il modo più sciocco di usarle). Ciocca è pervasivo e aggressivo, nella sua attività di propaganda. Non è un caso che a livello social arrivi dietro solo al Capitano e al riottoso Zaia, che sull’Autonomia si sta incazzando sul serio. Ecco, quindi Calenda vorrebbe forse la sfida con lui. E il Pd, che ad oggi è bloccato in attesa del nuovo segretario, sarebbe anche ben disposto a prenderlo come capolista. Del resto, dopo aver fatto eleggere, in passato, il paracadutato Sergio Cofferati e molti altri, Calenda pare il nuovo Berlinguer. 

 

DOTTRINA CARLO - Il manifesto di Calenda, ovviamente, è alla base della sua candidatura dalla Madonnina alla Mole. Dario Franceschini ha sintetizzato il documento come un tentativo di apertura da “Pisapia a Calenda”. Nomi non detti a caso, considerato che è partito un tam tam per cercare di convincere l’ex sindaco di Milano a tornare in campo, dopo il tentativo – abortito sul nascere o poco dopo – di unificare la sinistra. E il figlio di Giandomenico, il capo della rivoluzione arancione (sbiadita e scomparsa, negli ultimi tempi), si è sentito lusingato e soprattutto chiamato alle armi contro il pericolo del “fascista Salvini”. Insomma, se c’è da combattere, Giuliano non si tira indietro. Il problema è come. Perché se deve combattere, Pisapia deve stare in prima fila. Ovvero, capolista. Invece non si può, se c’è Calenda. E il partito non ha la forza di portarne due invece che uno solo. Il Corriere l’ha chiamato “l’ingorgo”, con felice espressione.

 

QUESTIONE DI DONNE - Nei dettagli il diavolo nasconde la coda. E così, se anche Pisapia accettasse di posizionarsi dietro a Calenda, comunque in lista dovrà essere rispettata l’alternanza di genere, e quindi ci sarebbe in posizione numero due una donna. Mercedes Bresso? Patrizia Toia, sempre che incassi la deroga? Chissà. Poi però c’è la questione politica, che riguarda Beppe Sala. Il sindaco di Milano infatti ha più volte detto che vorrebbe schierare uno dei suoi (assessori) a Bruxelles. Il pensiero è corso a Pierfrancesco Majorino, il più indiziato per una griglia di pole position già intasata. Soltanto se non ci dovessero essere né Calenda, né Pisapia, né Majorino allora l’altro Pier, ovvero Maran, potrebbe scendere in campo e giocarsela.

 

Del resto, i due assessori condividono un problema di prospettiva: il prossimo appuntamento elettorale per loro è l’ennesima campagna per le comunali. Roba non esaltante, forse. Tornando a Sala, potrebbe puntare su Majorino. Il quale forse potrebbe rinunciare ad essere capolista, dietro espliciti disegni, accordi e sostegni. Ma mai potrebbe accettare di essere quarto dietro Calenda, Pisapia, Toia o Bresso. Insomma, sovraffollamento. Ingorgo. Troppi pochi metri cubi, non c’è ossigeno. E il controllo, nella notte elettorale, che potrebbe sancire una dura sanzione per chi decidesse di sgarrare a una regola inderogabile della politica: non si balla in troppi sulla stessa mattonella.

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