Niente San Valentino, matrimoni o figli. I "no" delle nuove generazioni in Cina

Priscilla Ruggiero

Se Pechino offre sussidi, estende le politiche delle nascite e annulla le norme approvate anni prima dal partito stesso per contenerle, i giovani cinesi dicono: nessun messaggio, pubblicità o legge ci faranno cambiare idea

Roma. Il giorno della festa di Qixi, la “notte del sette” o “del doppio sette” che si è celebrata martedì scorso in Cina e più comunemente nota in occidente come il San Valentino cinese, sui telefoni dei 13 milioni di abitanti di Xi’an è arrivato un messaggio di auguri da parte dei media ufficiali: “Con l’avvicinarsi della festa di Qixi, vi auguriamo un amore dolce, adatto all’età del matrimonio e del parto. Portate avanti delle relazioni adatte alla procreazione, contribuite alla continuazione del sangue cinese e condividete l’importante responsabilità del ringiovanimento”.  Xi’an è una tra le città storiche più importanti, incarna uno dei periodi più ricchi della Cina imperiale, quello Tang, ospita l’Esercito di terracotta dell’imperatore Qin Shi Huang, ma c’è una cosa che la accomuna a qualsiasi altra città cinese: il calo demografico. Quest’anno Pechino ha perso il titolo di paese più popoloso del mondo e nel 2022 ha registrato il primo calo demografico dal 1961, l’anno della Grande carestia. Ma se il Partito comunista cinese offre sussidi, estende le politiche dei figli e annulla le norme approvate anni prima dal partito stesso per contenere le nascite, le nuove generazioni non hanno alcuna intenzione di perorare la causa, e dicono: nessun messaggio, pubblicità o legge ci faranno cambiare idea, anzi. 

 

Il “messaggio della procreazione”, come è stato ironicamente chiamato sui social, è stato ricevuto  da molti con fastidio, su Weibo   tanti utenti hanno commentato: prima risolviamo i problemi di fondo, come la disoccupazione giovanile che è ai suoi massimi e di cui solo qualche settimana fa il Partito ha annunciato la sospensione della pubblicazione delle statistiche. Un altro utente scrive: “Se lo scopo di avere un figlio è solo quello di mandare avanti la stirpe cinese, e non secondo i propri desideri o idee, allora si prega di chiedere allo stato di pagare l’intero costo della crescita del bambino”.  Le nuove generazioni cinesi non solo dimostrano di non essere più disposte ad avere figli, ma non vogliono più nemmeno sposarsi.

 

Sempre durante il San Valentino cinese, la trovata del distretto di Youxian, nel Sichuan, per incoraggiare a sposarsi è stata quella di aprire una diretta live di un giorno intero nell’Ufficio degli affari civili, dove le coppie cinesi si registrano e ricevono il libretto rosso che certifica il nuovo status di coniuge. Sempre su Weibo, subito è stata condivisa la notizia dell’Ufficio vuoto senza alcun matrimonio, e  il gioco è presto diventato quello di rimanere sintonizzati per aspettare il momento dell’unione  e applaudire, contando il numero di matrimoni. Ne hanno contati 12 in tutta la giornata, e l’Ufficio  poco dopo ha pubblicato una nota in cui ha negato che l’ufficio fosse completamente vuoto, e che i matrimoni registrati non fossero 12 bensì 77, casualmente lo stesso numero che dà il nome alla festività. Ma nonostante le autorità neghino, le statistiche dicono che i matrimoni sono sempre meno frequenti, soprattutto tra i giovani, essere single in Cina è una nuova espressione di resistenza, così come non sposarsi e non fare più figli. Sui social queste forme di ribellione vengono fuori, alcuni addirittura lanciano mode alternative, pubblicano i servizi fotografici dei loro divorzi contro quelli dei matrimoni, pubblicano le foto delle dimissioni. Con la crisi immobiliare, per le donne single anche possedere una casa è una nuova forma di resistenza, ha scritto il New York Times qualche giorno fa. E l’ex direttore del Global Times, Hu Xijin, ha risposto al quotidiano su X, l’ex Twitter: “Riuscite a vedere ancora qualcosa della Cina che non sia una ‘forma di resistenza?’”. Ma per vederle, in effetti, basta andare sui social cinesi. 
 

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