Antony Blinken arriva a Luleå per il Ttc (LaPresse)

forum Ttc di Luleå

Al forum euro-americano l'Ue fatica a fare il falco con la Cina

David Carretta

Nel Consiglio commercio e tecnologia, l’occidente sta cercando di allineare le politiche per affrontare le minacce economiche di Pechino. Ma le divergenze interne all’Unione europea rischiano di indebolire la cooperazione transatlantica

Bruxelles. Il “de-risking” sulla Cina è più facile a dirsi che a farsi. Sull’onda delle conclusioni del vertice del G7 di Hiroshima, nella riunione di ieri e oggi del Consiglio commercio e tecnologia (Ttc) a Luleå in Svezia, l’Unione europea e gli Stati Uniti stanno cercando di allineare le loro politiche per affrontare insieme le minacce economiche cinesi: dalla volontà di ridurre le dipendenze dalle catene di approvvigionamento cinesi alla coercizione economica da parte di Pechino. Sotto il sole di mezzanotte svedese gli argomenti su cui convergere non mancano. Anche sotto la prospettiva geopolitica. In un paper pubblicato ieri, Zach Meyers e Sander Tordoir del think tank Centre for European Reform sostengono che l’Ue farebbe bene a “essere più dura con la Cina” per “convincere Pechino che le conseguenze economiche di un’invasione” di Taiwan sarebbero insostenibili per i cinesi. Ma le divergenze interne all’Ue sul controllo di esportazioni e investimenti europei in Cina rischiano di indebolire la cooperazione transatlantica. In una riunione degli ambasciatori dell’Ue ieri, la bozza di conclusioni del Ttc di Luleå è stata epurata dai riferimenti espliciti alla Cina come economia non di mercato, mentre è stato annacquato l’impegno ad avere un approccio comune sul monitoraggio degli investimenti esteri. Tra interessi economici e considerazioni politiche di alcuni stati membri, l’Ue non è ancora pronta a essere un falco con Pechino.

 

Il Ttc, forum lanciato poco dopo l’arrivo alla Casa Bianca di Joe Biden per rilanciare le relazioni tra Ue e Stati Uniti, è alla sua quarta riunione. Nonostante qualche incidente, come il conflitto sull’Inflation reduction act (Ira), molti degli obiettivi originari sono stati raggiunti. È stata decretata una tregua nelle guerre commerciali, che potrebbero essere definitivamente superate con un accordo globale su alluminio e acciaio in autunno. Sul fronte tecnologico si stanno facendo progressi, nonostante due approcci regolatori molto diversi. Sull’Ira, dopo che l’Amministrazione Biden ha fatto alcune concessioni sul trattamento non discriminatorio delle imprese europee, “l’atmosfera è molto migliore”, spiega al Foglio un diplomatico dell’Ue: la bozza di conclusioni di Luleå indica la volontà di non lanciarsi in “una corsa a somma zero” sui sussidi per le tecnologie verdi, evitando “qualsiasi interruzione degli scambi e dei flussi di investimenti” tra le due sponde dell’Atlantico. I meccanismi di consultazione del Ttc sono stati usati anche per coordinare le sanzioni contro la Russia. Ma il Ttc serve soprattutto per cooperare nel contenimento della Cina. La presenza a Luleå del segretario di stato, Anthony Blinken, del segretario al Commercio, Gina Raimondo, e della rappresentante per il Commercio, Katherine Tai, mostra quando sia importante per l’Amministrazione Biden arruolare l’Ue.

 

La Commissione nell’ultimo anno si è spostata verso le posizioni americane. È stata la sua presidente, Ursula von der Leyen, a coniare il termine “de-risking” (riduzione del rischio) in un discorso a marzo, poco prima del viaggio a Pechino con Emmanuel Macron. L’Amministrazione Biden lo ha fatto proprio, perché permette di evitare guerre retoriche con Pechino ogni volta che un americano menziona il “decoupling” (disaccoppiamento). Ma una delle idee centrali del “de-risking” – quella di imporre controlli alle esportazioni e agli investimenti per tecnologie sensibili come i semiconduttori avanzati o i beni dual use che possono essere usati a fini militari o di intelligence – incontra resistenze nell’Ue. La Commissione dovrebbe presentare le sue proposte il 21 di giugno, impacchettandole sotto il titolo di “sicurezza economica” dell’Ue. “È uno strumento che è estremamente difficile da applicare”, ha detto la scorsa settimana il sottosegretario al Commercio della Spagna, Xiana Mendez. “C’è paura tra i paesi più liberali che si stiano alzando ostacoli che non sono giustificati da un punto di vista economico”, spiega il diplomatico dell’Ue.

 

Dentro l’Ue a ventisette o dentro al Ttc con gli Stati Uniti, è difficile trovare un’intesa su quali tecnologie sensibili e quali beni a uso duale debbano essere banditi in Cina. Pesano anche le considerazioni politiche. Dopo il viaggio a Pechino di Macron, la Francia ha chiesto di togliere dalle conclusioni del Ttc i riferimenti considerati offensivi per la Cina. Anche l’Italia è nel campo delle colombe. Al Consiglio europeo del 29 e 30 giugno, quando i leader avranno un dibattito strategico sulla Cina, rischiano di riesplodere le divisioni interne all’Ue.

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