"Benvenuta Giorgia"

Al G7 della guerra e del nucleare ogni cosa parla della Cina

Giulia Pompili

Al vertice di Hiroshima si cerca “la base comune” con Pechino. L’asse dei semiconduttori al G7, l’immagine divisa dell’Europa e i “casi” italiano e francese

Hiroshima, dalla nostra inviata. A Hiroshima è quasi tutto chiuso. Il rigido protocollo di sicurezza ha fatto desistere ristoratori e commercianti, e nella zona più centrale della città molti espongono un cartello piuttosto esplicito: siamo chiusi per il G7. Ieri al vertice internazionale più importante dell’anno è stata la giornata degli arrivi ufficiali, dei bilaterali di altissimo livello, degli elicotteri fermi a mezz’aria a controllare dall’alto la zona rossa – quella tra il parco del Memoriale della pace e il Rihga hotel, la location ufficiale di tutti i bilaterali di questo summit, un luogo che ha l’estetica di un film di Wes Anderson ambientato in Asia. La presidente del Consiglio Giorgia Meloni è stata la prima a essere ricevuta dal padrone di casa, il primo ministro Fumio Kishida: più che una gentilezza diplomatica per l’unica donna leader che partecipa a questo G7, si è trattato di un incontro-staffetta: il prossimo anno la presidenza di turno spetta all’Italia.  “Benvenuta Giorgia”,  ha esordito Kishida, esprimendo poi  solidarietà per  le alluvioni. 

 

I due hanno parlato per un’ora, in un colloquio simile a quello che avevano avuto a gennaio a Roma, quando Giappone e Italia sono diventati “partner strategici”: si sta intensificando la relazione nel campo della Difesa – a metà giugno il pattugliatore della Marina italiana Morosini sarà in Giappone, a ottobre ci sarà la prima riunione 2+2 Esteri+Difesa, e si è parlato di cooperazione scientifica e cinematografica. Secondo il comunicato del Kantei, il palazzo del governo di Tokyo, se la solidarietà all’Ucraina di tutti i leader G7 “è incrollabile”, al primo punto di discussione sulla politica estera con Meloni Kishida ha menzionato “le questioni relative alla Cina e alla Corea del nord” e “le sfide della sicurezza economica e sui finanziamenti allo sviluppo opachi e iniqui”. La Russia e la sua invasione su larga scala dell’Ucraina hanno cambiato l’assetto globale, anche quello asiatico, ma è la Cina a essere centrale, l’elefante nella stanza di questo vertice. 

 

Sull’Air Force One che lo portava verso Hiroshima, il consigliere per la Sicurezza nazionale americano Jake Sullivan ha detto che il G7 cercherà unità nel trattare la Repubblica popolare cinese – quasi facendo intendere che quell’unità c’è se parliamo di Mosca, meno se parliamo di Pechino: “Naturalmente, ogni paese ha le proprie relazioni e i propri approcci, ma queste relazioni e questi approcci sono costruiti su una base comune. E credo che questo si rifletterà nei risultati del G7”, ha detto Sullivan. Sullo sfondo, resta il nodo dell’unico paese del G7 a essere dentro al grande progetto strategico cinese della Via della seta, ma anche la Francia di Emmanuel Macron e le sue dichiarazioni su Taiwan come una “crisi regionale”. Il governo Meloni ha ancora sei mesi per decidere cosa fare, e probabilmente c’è una ragione nell’attesa: il meccanismo “anti coercizione economica” che dovrebbe licenziare il G7, e su cui i paesi membri lavoreranno durante l’anno, è il primo vero atto politico del vertice da anni, ed è sia una garanzia sia un’arma di deterrenza per evitare eventuali ritorsioni economiche di Pechino contro il nostro paese in caso di comunicazione di uscita dalla Via della seta. Il problema è che più il tempo passa più la questione cinese diventa fondamentale. L’hanno ripetuto Kishida e il presidente americano Joe Biden durante il loro bilaterale di ieri: nel comunicato finale, i missili balistici nordcoreani sono considerati una minaccia che è allo stesso livello del “comportamento coercitivo della Cina” che va contro “il diritto internazionale”.  

 

Ora il lavoro collettivo dei capi di stato del G7 entra nel vivo, con una prima sessione sull’Ucraina e poi un’altra, più informale, sulla sicurezza nell’Indo-Pacifico. Di nuovo: la Cina al centro, primo punto affrontato dal primo ministro giapponese anche nel suo bilaterale con il suo omologo inglese Rishi Sunak – che si è presentato, ospite del primo ministro giapponese in un ristorante tradizionale di Hiroshima, quindi senza scarpe, con i calzini degli Hiroshima Toyo Carp, la squadra di baseball del cuore di Kishida. L’Italia e in misura maggiore America e Regno Unito hanno portato in questa prima giornata a Hiroshima un’altra questione legata alla dipendenza economica e tecnologica con la Cina, quella dei semiconduttori. Sono stati annunciati investimenti e progetti, in un chiaro segnale di disaccoppiamento da Pechino e nel tentativo di rendere resiliente la catena di approvvigionamento tecnologica. Funzionerà? Per ora resta l’immagine disunita dell’Unione europea: la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen e il presidente del Consiglio europeo Charles Michel sono arrivati ieri a Hiroshima – l’Ue è sempre ospite del G7 – su due aerei diversi, con due orari diversi. Oggi faranno due briefing diversi. 

 

Ieri sui giornali giapponesi si dava molto spazio anche alle testimonianze degli hibakusha, i sopravvissuti alla Bomba. Uno sforzo di comunicazione veicolato soprattutto dalla presidenza giapponese, che voleva portare i leader delle democrazie “libere e aperte” proprio qui, nella città di origine di Fumio Kishida, la città distrutta dalla bomba atomica 78 anni fa, per dare un potente segnale a chi minaccia la guerra nucleare. Nel 2016 Barack Obama fu il primo presidente americano a venire a Hiroshima, Biden sarà il secondo e come Obama non chiederà scusa ai giapponesi, ed è stata già da tempo esclusa una sua visita all’altra città che nel 1945 fu colpita da una bomba atomica americana, Nagasaki. Questa settimana, tra gli incontri a margine del vertice, ce ne sarà uno molto importante tra Biden, Kishida e il presidente sudcoreano Yoon Suk-yeol, invitato da Tokyo a partecipare come ospite del G7. Negli ultimi mesi i tre paesi hanno rafforzato le relazioni diplomatiche nel campo della Difesa, durante la recente visita in America di Yoon è stata firmata la cosiddetta “Dichiarazione di Washington”, che riafferma la Corea del sud come paese protetto dall’ombrello nucleare americano. Alla Dichiarazione di Washington potrebbe aderire presto pure il Giappone. Tokyo e Seul hanno un passato che le divide ma almeno due punti in comune: per entrambe sia la Corea del nord sia una eventuale azione di forza della Cina su Taiwan sono come  una “minaccia esistenziale”. 

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  • Giulia Pompili
  • È nata il 4 luglio. Giornalista del Foglio da più di un decennio, scrive soprattutto di Asia orientale, di Giappone e Coree, di Cina e dei suoi rapporti con il resto del mondo, ma anche di sicurezza, Difesa e politica internazionale. È autrice della newsletter settimanale Katane, la prima in italiano sull’area dell’Indo-Pacifico, e ha scritto tre libri: "Sotto lo stesso cielo. Giappone, Taiwan e Corea, i rivali di Pechino che stanno facendo grande l'Asia", “Al cuore dell’Italia. Come Russia e Cina stanno cercando di conquistare il paese” con Valerio Valentini (entrambi per Mondadori), e “Belli da morire. Il lato oscuro del K-pop” (Rizzoli Lizard). È terzo dan di kendo.