Cosa aspettarsi

Il G7 non vuole cedere a provocazioni e ricatti di Russia e Cina

Giulia Pompili

Il primo vertice di Giorgia Meloni, che è la prima  ad arrivare in Giappone e che il Sankei definisce “aimai”, ambigua. Il nodo della Via della seta e le esercitazioni di Mosca nelle isole Curili

Tokyo, dalla nostra inviata. Fino a qualche anno fa il G7 era considerato un vertice dai riti antiquati, poco concreto dal punto di vista della politica internazionale. A sentire parlare oggi i rappresentanti diplomatici di mezzo mondo – e non solo quelli delle grandi economie industrializzate – non c’è mai stato un summit più importante. Si apre domani a Hiroshima il G7 della presidenza giapponese, e il primo ministro Fumio Kishida, gran diplomatico e allievo di Shinzo Abe, ha organizzato il vertice del mondo sempre più diviso tra democrazie e autocrazie. La semplificazione giornalistica ha un fondo di concretezza, e tutto giapponese: ieri la Russia ha annunciato di aver condotto un’esercitazione di difesa aerea nelle isole Curili, proprio all’estremo nord del Giappone e nel mezzo di quattro isole contese tra Mosca e Tokyo. 


Pur essendo state esercitazioni militari senza lanci missilistici, “era un messaggio al G7”, dicono fonti diplomatiche: la Russia vuole farci sapere che difende il suo territorio. E del resto il Giappone in questo momento è l’unico paese al mondo a essere minacciato su tre fronti contemporaneamente: dalla Russia, dalla Cina e dalla Corea del nord. Ma anche “il ponte” tra oriente e occidente che Kishida vuole rinforzare a Hiroshima ha tre fronti. Uno è quello militare, che non riguarda soltanto l’invasione su larga scala dell’Ucraina da parte della Russia, ma anche Taiwan, il Mar cinese meridionale, e tutti i luoghi in cui si concretizza l’assertività cinese. Ieri lo Yomiuri, uno dei quotidiani più importanti del Giappone, scriveva che nella dichiarazione finale si sottolineerà per la prima volta l’attenzione allo sviluppo offensivo marittimo della Cina, e alle armi di distruzione satellitare di cui Pechino si sta dotando. Il secondo fronte è  diplomatico e d’immagine: uno degli obiettivi del G7 di quest’anno è rilanciare l’azione della coalizione occidentale nel cosiddetto Sud del mondo, che già da tempo ha ceduto alle lusinghe dell’influenza russo-cinese. Il terzo fronte riguarda la politica e la sicurezza economica, tema centrale di uno dei tavoli di lavoro tra i leader dei paesi G7 e dei loro alleati (ogni anno la presidenza di turno può scegliere di invitare alcuni paesi extra-G7, e quest’anno Tokyo ha invitato: Ucraina, Corea del sud, Australia, Vietnam, India, Indonesia, Isole Cook, Comore). Si parla insistentemente della possibilità che alla fine di questo vertice verranno poste le basi per un meccanismo “anti coercizione economica”, contro i ricatti di paesi più forti a paesi più deboli per ragioni politiche. Pur non essendo menzionata esplicitamente, ad attuare certe tattiche è soprattutto la Cina. 

 

Questo sarà anche il primo vertice di altissimo livello per la presidente del Consiglio italiana Giorgia Meloni, dopo il G20 di Bali del novembre dello scorso anno. Ieri Meloni è stata la prima ad arrivare a Hiroshima: l’aereo italiano è atterrato in Giappone più di mezza giornata prima degli altri. Per i capi di stato delle grandi economie il primo evento ufficiale, quello di apertura del summit, si svolge solo domani mattina, con una visita al Memoriale della pace di Hiroshima, il potentissimo simbolo del bombardamento atomico del 6 agosto 1945 diventato anche simbolo della denuclearizzazione globale. Ma Meloni inizierà la sua agenda dei lavori già oggi, con il primo bilaterale con Fumio Kishida (le 16 a Hiroshima, le 9 del mattino in Italia). Ieri quasi tutti i giornali nipponici si occupavano della leader italiana, e per una ragione che il quotidiano Sankei ha riassunto in una parola: aimai, che significa: vaga, incerta, ambigua. Meloni non ha ancora annunciato cosa farà con la Via della seta con la Cina, e questo mette in agitazione i partner del G7. Ieri, mentre la presidente del Consiglio era in Alaska per lo scalo tecnico che l’avrebbe portata a Hiroshima, a Roma il sottosegretario agli Esteri Giorgio Silli in commissione Esteri della Camera ha risposto a un’interrogazione presentata la scorsa settimana dalla vicepresidente della medesima Commissione, Lia Quartapelle. Silli ha sottolineato che il memorandum “non è vincolante”, e “non crea obblighi ai sensi del diritto internazionale”, ma in relazione al suo eventuale rinnovo, “e posto che non possono esservi dubbi sull’appartenenza strategica e valoriale dell’Italia all’occidente, è in corso un’attenta riflessione”.

 

Una settimana fa Giorgia Meloni aveva parlato per la prima volta da quando è arrivata a Palazzo Chigi di Via della seta e delle relazioni con la Cina da Praga, e aveva detto che sulla Via della seta non era stata presa ancora alcuna decisione. Ieri il sottosegretario della Farnesina ha confermato ancora una volta questa linea, aggiungendo che la valutazione “si svolge anche tenendo a mente la più ampia riflessione sui rapporti da tenere con la Cina, in corso con i partner Nato, G7 e Ue. In seno all’Unione, l’Italia partecipa attivamente all’aggiornamento della Strategia europea sulla Cina e alla definizione della traiettoria futura dei rapporti Ue-Cina”. La chiarezza nei rapporti con Pechino è una priorità urgente per gran parte del G7, meno per Francia Germania e soprattutto Italia, scrivono i media giapponesi. Secondo il Nikkei, Meloni potrebbe rifiutarsi di rinnovare l’intesa con la Cina “se Pechino non riuscisse a facilitare una soluzione per il conflitto in Ucraina”. Un’arma di ricatto al contrario. Di sicuro c’è che a Hiroshima la presidente del Consiglio ha molto da negoziare per proteggere l’Italia da eventuali ritorsioni cinesi. 

  • Giulia Pompili
  • È nata il 4 luglio. Giornalista del Foglio da più di un decennio, scrive soprattutto di Asia orientale, di Giappone e Coree, di Cina e dei suoi rapporti con il resto del mondo, ma anche di sicurezza, Difesa e politica internazionale. È autrice della newsletter settimanale Katane, la prima in italiano sull’area dell’Indo-Pacifico, e ha scritto tre libri: "Sotto lo stesso cielo. Giappone, Taiwan e Corea, i rivali di Pechino che stanno facendo grande l'Asia", “Al cuore dell’Italia. Come Russia e Cina stanno cercando di conquistare il paese” con Valerio Valentini (entrambi per Mondadori), e “Belli da morire. Il lato oscuro del K-pop” (Rizzoli Lizard). È terzo dan di kendo.