Una delle prove che Vladimir Putin non aveva messo in conto la capacità dell’Europa di opporsi al suo atto di prepotenza contro l’Ucraina è il modo in cui ha fatto perdere alla Russia il principale mercato per il suo gas naturale, senza neanche assicurarsi la realizzazione dei gasdotti per orientare le esportazioni verso l’Asia. L’anno scorso l’utile netto di Gazprom è crollato del 41 per cento, le esportazioni via gasdotti del 55 per cento, quelle complessive del 25 per cento riducendosi a 185 miliardi di metri cubi (bcm). Una situazione destinata a deteriorarsi, ma per Mosca la notizia peggiore è un’altra. La settimana scorsa il primo ministro russo Mikhail Mishustin è tornato dalla missione in Cina senza l’impegno cinese per la costruzione del Power of Siberia 2, un gasdotto concepito più di un decennio fa per aiutare la Russia a “rivolgere lo sguardo a oriente”. Questo gasdotto dovrebbe unire i giacimenti della Siberia occidentale (che rifornivano l’Europa) alla Cina attraversando la Mongolia, aumentando la capacità cinese di importare gas russo, ora limitata al Power of Siberia 1, il gasdotto collegato ai giacimenti della Siberia orientale attivo da fine 2019 che però deve ancora raggiungere la sua capacità massima.
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