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editoriali

L'Ue contro i ricatti cinesi

Redazione

La proposta di legge per punire la coercizione economica. Pechino, ci senti?

Uno degli strumenti preferiti da paesi come Cina e Russia per costringere gli altri all’autocensura, quando si tratta di posizioni politiche, è la coercizione economica. Detto in altre parole: il ricatto. Tu vuoi intensificare i rapporti con Taiwan? Io non  ti vendo più i miei prodotti. Vuoi che ci sia un’indagine internazionale che indaghi sull’origine della pandemia? Io non compro più i tuoi prodotti. Da più di dieci anni, la Cina ha fatto del ricatto economico uno dei suoi punti di forza per ottenere risultati politici. E’ soprattutto per questo che la Commissione europea, che consideriamo sempre troppo lenta quando si tratta di realizzare la minaccia e prendere delle misure per contenere il gigante cinese, presenta oggi una proposta di legge “anti coercizione”. Uno strumento per punire quei paesi che cercano di “interferire” con i processi politici dell’Unione o di uno degli stati membri, intervenendo su “misure che hanno conseguenze sul mercato o sugli investimenti”.

Questo, secondo la Commissione, mina “l’autonomia strategica europea”. La nuova proposta di legge – che è stata discussa a lungo, fino al testo finale che arriverà oggi – prevede dodici diverse contromisure nel caso in cui il dialogo con il paese “aggressore” non funzionasse. A disposizione dell’Ue ci sarebbero sanzioni, stop alle importazioni, limitazione del business di enti governativi ma anche privati. Secondo il Financial Times, ci sono diversi paesi scettici sulla possibilità di adottare questo meccanismo. Tra loro ci sarebbe anche l’Italia. Il dubbio è che potrebbe avverarsi una specie di legittimazione della “guerra commerciale”, fatta di punizioni e contropunizioni, che avrebbe come conseguenza non secondaria svilire il ruolo dell’Organizzazione mondiale del commercio. Ma per l’Ue significa soprattutto mettere dei paletti, alzare dei confini laddove il bullismo cinese è diventato insostenibile. Il caso della Lituania, colpita da un blocco commerciale da parte di Pechino dopo aver aperto un ufficio di rappresentanza di Taiwan, dice molto.

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