Il Parlamento europeo va a Taiwan

Giulia Pompili

Diritti e stabilità. Quanto è motivante l’eurodelegazione in missione a Taipei. Un messaggio chiaro a Pechino

È iniziata mercoledì la prima missione di una delegazione del Parlamento dell’Unione europea a Taiwan, la cui indipendenza de facto è minacciata sempre di più dalle rivendicazioni e dalle provocazioni della Cina. Sette parlamentari e sei dipendenti dell’istituzione europea, per un totale di tredici persone, sono atterrati a Taipei, e fanno tutti parte del comitato dell’Ue sull’interferenza straniera nei processi democratici. Il francese Raphaël Glucksmann, presidente del comitato e capo della delegazione, subito prima di partire ha scritto su Twitter: “Né le minacce né le sanzioni mi impressioneranno. Mai. E continuerò, sempre, a stare dalla parte di chi lotta per la democrazia e i diritti umani. Quindi ecco qui: vado a Taiwan”. Della missione al Parlamento europeo si parla da molto, ma era rimasta segreta per evitare possibili polemiche e ritorsioni, anticipata soltanto una settimana fa da uno scoop del South China Morning Post.

 

La prima delegazione formale della storia del Parlamento europeo farà, durante i tre giorni di missione, quello che si fa di solito quando i rappresentanti delle istituzioni viaggiano nei paesi partner: incontrerà i rappresentanti del governo, creando un precedente e mandando un messaggio, soprattutto a Pechino, di normalizzazione dei rapporti con Taiwan. Il primo incontro è stato mercoledì con il premier Su Tseng-chang, che ha detto ai parlamentari europei: “Sebbene siamo geograficamente molto lontani condividiamo gli stessi valori, la libertà, la democrazia, i diritti umani e lo stato di diritto... Su questi punti in realtà siamo molto vicini”. Poi ci sarà un incontro con la ministra del Digitale Audrey Tang, una delle figure più importanti della storia contemporanea taiwanese, e con alcuni think tank e ong. Ma soprattutto domani è previsto l’incontro più importante, quello con la presidente Tsai Ing-wen, che ha accolto la delegazione con un messaggio su Twitter: “Voglio dare il benvenuto alla delegazione del Parlamento europeo e attendo con ansia discussioni costruttive con tutti i suoi membri su come affrontare la disinformazione e difendere la democrazia”. 


Mentre le istituzioni esecutive dell’Ue faticano a trovare una linea comune su come relazionarsi con Pechino, già da qualche mese il Parlamento europeo sta dando dei messaggi molto chiari: il 21 ottobre scorso, con una maggioranza di 580 voti a favore e 26 contrari, aveva adottato una risoluzione non vincolante che chiedeva alla Commissione europea di incrementare le relazioni con Taiwan, aprire la discussione per un trattato sugli investimenti e cambiare il nome dell’ufficio di rappresentanza commerciale europea a Taipei in “ufficio dell’Unione europea a Taiwan”. La risoluzione aveva provocato la reazione di Pechino, che rivendica l’isola come suo territorio e da decenni lavora per isolarla diplomaticamente. L’Ue, come la maggior parte dei paesi occidentali, non riconosce Taiwan come paese ma qualcosa è cambiato nella politica del Parlamento a maggio di quest’anno, quando alle sanzioni europee contro i funzionari cinesi ritenuti responsabili della repressione nello Xinjiang Pechino aveva risposto sanzionando diversi parlamentari e rappresentanti delle istituzioni europee. In quell’occasione, Bruxelles aveva deciso di congelare il trattato sugli investimenti promosso da Francia e Germania. Nel frattempo, nei giorni del G20 a Roma il ministro degli Esteri taiwanese Joseph Wu ha compiuto un inedito viaggio all’estero, in Repubblica ceca e Slovacchia. Qualche giorno prima, il segretario di stato americano Antony Blinken aveva sostenuto l’ingresso (o meglio: il ritorno) di Taiwan alle Nazioni Unite.  
 

Il leghista Marco Dreosto, parlamentare europeo e unico membro italiano della delegazione a Taiwan, dice al Foglio che si avverte “un continuo stillicidio, da parte della Cina, per influenzare l’opinione pubblica di Taiwan e minare la fiducia nelle istituzioni locali. Ogni giorno ci sono decine di migliaia di cyber attacchi e operazioni di disinformazione da parte di Pechino verso Taipei”. Molte associazioni indipendenti che si occupano di fact checking e di debunking a Taiwan, dice Dreosto, “hanno bisogno di sostegno concreto”, e ci sono “tante opportunità per l’Italia e per l’Unione europea, che devono necessariamente puntare su stabilità e normalizzazione delle relazioni internazionali. L’incertezza, la strategia della tensione e il timore di disordini e conflitti non aiuta nessuno: solo la Cina”.

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  • Giulia Pompili
  • È nata il 4 luglio. Giornalista del Foglio da più di un decennio, scrive soprattutto di Asia orientale, di Giappone e Coree, di Cina e dei suoi rapporti con il resto del mondo, ma anche di sicurezza, Difesa e politica internazionale. È autrice della newsletter settimanale Katane, la prima in italiano sull’area dell’Indo-Pacifico, e ha scritto tre libri: "Sotto lo stesso cielo. Giappone, Taiwan e Corea, i rivali di Pechino che stanno facendo grande l'Asia", “Al cuore dell’Italia. Come Russia e Cina stanno cercando di conquistare il paese” con Valerio Valentini (entrambi per Mondadori), e “Belli da morire. Il lato oscuro del K-pop” (Rizzoli Lizard). È terzo dan di kendo.