Vladimir Putin (foto LaPresse)

Putin perde in casa e riapre il dialogo con l'Ue meno sovranista

Micol Flammini

Macron, attivo ed “esigente”, riprende gli incontri con il Cremlino. Le elezioni mostrano quanto è tossica Russia Unita

Roma. Emmanuel Macron vuole recuperare il rapporto con Mosca e ieri i ministri francesi degli Esteri e della Difesa, Jean-Yves Le Drian e Florence Parly, hanno incontrato i loro omologhi russi, i due Sergei: Lavrov e Shoigu. “Credo che dobbiamo costruire una nuova architettura di fiducia e di sicurezza in Europa, perché il continente europeo non sarà mai stabile, non sarà mai sicuro se non chiariamo le nostre relazione con la Russia”, aveva detto il presidente francese a fine agosto alla conferenza annuale degli ambasciatori. L’arrivo di Le Drian e di Parly a Mosca ha segnato un passo importante, riaprendo al format 2+2 ufficializzato negli anni Novanta per rafforzare i legami in campo militare con la Russia. Poi il Comitato consultivo per la cooperazione e la sicurezza era stato sospeso nel 2014 con l’annessione illegittima della Crimea, che ha inasprito le relazioni tra occidente e Russia. Il presidente francese aveva cercato di rilanciare l’idea del ritorno al dialogo con Mosca già in estate, “un dialogo esigente”, come lo ha definito Le Drian. Ma nessun tentativo francese sarebbe stato considerato accettabile senza il ritorno al dialogo tra Russia e Ucraina e senza i gesti di apertura di Vladimir Putin – che indebolito internamente non può più permettersi tutto ciò che vuole esternamente – verso Kiev, condizione che si è realizzata con l’arrivo di Volodymyr Zelensky alla presidenza ucraina.

 

Lo scambio di prigionieri tra Mosca e Kiev, avvenuto sabato, ha lasciato intravedere la possibilità di una fine, forse non troppo lontana, della guerra nel Donbass dove i separatisti filorussi delle regioni di Lugansk e Donetsk combattono contro l’esercito regolare ucraino dal 2014. La Russia sembra essere decisa a riprendere gli accordi di Minsk, la serie di misure concordate nel 2015 per pacificare il Donbass, e per questo è previsto un vertice nel formato Normandia (Russia, Ucraina, Francia, Germania) a fine settembre. Lo scambio di ostaggi tra l’Ucraina e la Russia è un buon inizio, anche se non tutti gli europei, olandesi in testa, sono d’accordo a riprendere il dialogo con Mosca: tra gli ostaggi che Kiev ha rilasciato c’era anche Volodymyr Tsemach, il separatista filorusso che secondo gli investigatori olandesi sarebbe tra i responsabili dell’abbattimento del volo MH17 della Malaysia Airlines in cui morirono 298 persone, 193 cittadini dei Paesi Bassi. Per Putin è quindi arrivato il momento di riavvicinarsi all’Unione europea.

 

Il putinismo è in un momento di difficoltà, ha bisogno di consensi interni e anche esterni. Domenica ha ricevuto una seria sconfitta nelle elezioni locali, dove i suoi candidati hanno mantenuto la maggioranza, ma perso diversi seggi. Nei 45 seggi della Duma di Mosca sono entrati 20 deputati di opposizione: “E’ un risultato importante”, ha detto al Foglio Vitali Shkliarov, ex spin doctor di Bernie Sanders, che per le elezioni di Mosca ha seguito la campagna elettorale di Darya Besedina, candidata del partito liberale Yabloko. “L’ingresso di Darya, una ragazza, un’oppositrice, in Parlamento è un segnale per il Cremlino che se vuole andare avanti dovrà dialogare con l’opposizione. Si è creata una nuova entità dentro alla Duma e dovrà iniziare una nuova èra”.

 

Fuori dalla Russia la rete di amicizie che Mosca era riuscita a tessere in questi ultimi anni si sta lacerando. I sovranisti filorussi europei che promettevano di togliere le sanzioni a Mosca sono meno importanti. La Lega è uscita dal governo italiano, Marine Le Pen in vista delle elezioni municipali non punta alle grandi città, si muove nei paesini lasciati un po’ fuori dalle campagne elettorali degli altri partiti. L’AfD che avrebbe dovuto conquistare l’est della Germania ha sì raddoppiato i voti rispetto a cinque anni fa, ma è un partito in cerca di autore che non sa se spingersi ancora più a destra o normalizzarsi – e comunque non governa. L’Ungheria che chiamava gli europei i nuovi sovietici ha ammorbidito la sua russofilia a favore di una più ostentata, seppur di comodo, eurofilia. Sono caduti i sovranisti pro Mosca e restano in piedi quelli che, come i polacchi del PiS, dell’atlantismo hanno fatto invece una bandiera. In questo scenario internazionale Vladimir Putin vuole, deve, stare nei tavoli che contano e le nuove amicizie, più stabili, più forti, in Ue sono indispensabili. “La gente in Russia è stanca di pagare per le sanzioni – dice Vitali Shkliarov – e se il Cremlino vuole essere pragmatico sa che deve riavvicinarsi all’occidente per vedere un giorno eliminate le sanzioni”.

 

Macron è determinato, vuole che il rapporto con Mosca diventi saldo, condizione che, spera, aiuterà a risolvere i rapporti con l’Iran e magari a togliere un alleato alla Cina. “E’ tempo di ricostruire la fiducia tra Russia e Europa – ha detto Le Drian in conferenza stampa – Non è ancora arrivato il momento di revocare le sanzioni ma stiamo assistendo a un nuovo stato d’animo di Mosca”. Tutto questo avrà un costo. Non soltanto per il Cremlino, ma anche per Bruxelles che dovrà probabilmente rinunciare a una sua battaglia: la Crimea. Dall’annessione nel 2014 sono iniziate le sanzioni e le ostilità. Ricominciare a parlare con Putin, il leader pragmatico senza più amici sovranisti in Ue, vuol dire: dimentichiamo il passato. Ricominciamo da zero.

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