Nancy Pelosi e Alexandria Ocasio-Cortez prestano giuramento all'inizio della legislatura (Foto LaPresse)

Liti democratiche tra centristi e radicali

Paola Peduzzi

Nancy Pelosi striglia le ragazze ribelli (Ocasio-Cortez), ma anche litigare in pubblico è un’arte

Nancy Pelosi non ne vuole più parlare, la questione è chiusa, ha detto: le giovani deputate radicalissime sono state strigliate, e questo è il momento della moderazione. Così vorrebbe la dama del Congresso americano, custode dell’establishment democratico, argine alle derive più sinistrorse o forse – come insinuano molti – soltanto la guardiana di un tempo che fu, rimasugli di potere da difendere morsicando. Ma le deputate non sono della stessa idea, non vogliono moderazione né a pranzo né a cena, non la vuole soprattutto Alexandria Ocasio-Cortez, la più mediatica e la più talentuosa di queste ragazze ribelli, che ha denunciato le mancanze di rispetto della Pelosi, il suo modo paternalista di gestire il Congresso, soprattutto quella presunzione di poter dettare regole e indirizzi dall’alto dei suoi anni e della sua esperienza.

 

Fin qui, si dirà, tutto normale: il conflitto generazionale salta agli occhi, quello ideologico esiste fin dal primo giorno di convivenza. Molte delle nuove deputate arrivate a Washington alle elezioni di midterm dello scorso novembre non volevano nemmeno eleggere la Pelosi come Speaker, speravano di farsi sentire fin da subito, poi accettarono il compromesso, e di lì a poco la Pelosi avrebbe cominciato il suo scontro molto duro – e in faccia – con Donald Trump, una gioia per gli occhi. Pace fatta? Certo che no, la pace nelle sinistre occidentali non esiste, semmai c’è stata una tregua, che è durata giusto il tempo di qualche settimana: poi la Pelosi ha detto di non essere a favore di un impeachment di Trump al momento, più perché teme di non riuscire a portarlo fino in fondo che per questioni di merito, e la guerra è ricominciata.

 

Sempre la stessa: centrismo da una parte, radicalismo dall’altra, con il vento che sembra soffiare più per i secondi che hanno occupato l’anima del Partito democratico e ora vogliono anche il potere, i posti, il rovesciamento dell’establishment. Soltanto che negli ultimi giorni hanno esagerato: dopo che la Pelosi ha chiesto quanto peso hanno per davvero le giovani deputate, oltre alla bolla e oltre all’esposizione permanente, il chief of staff di Ocasio-Cortez, Saikat Chakrabarti, ha fatto un tweet à la Trump, di botto e sbotto, che poi ha dovuto cancellare. Il tweet diceva: “Invece che ‘fiscalmente conservatori ma socialmente liberali’ chiamiamo i New Democrats e il Blue Dog Caucus ‘i nuovi democratici del sud’. Sembrano dannatamente propensi a fare ai neri e agli ispanici quello che i democratici del sud fecero negli anni Quaranta”.

 

Insomma, Chakrabarti ha detto che i centristi sono dei segregazionisti, e la reazione è stata immediata. Non soltanto della Pelosi che ha convocato a porte chiuse i deputati e ha detto loro che è bene non accusarsi via Twitter tra compagni di partito e che anzi è meglio “pensarci due volte” prima di twittare. Ma hanno reagito anche altri deputati, soprattutto quelli degli stati del sud, che si sono sentiti offesi, e che cominciano a dubitare della reale efficacia della retorica di Ocasio-Cortez. Tra poco ci si dovrà contare per le primarie, processo già di per sé sanguinoso: meglio impararla subito, l’arte di litigare in pubblico, o non resta in piedi nessuno.

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  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi