Nancy Pelosi chiede l'impeachment contro Trump

Daniele Raineri

La procedura richiede l’approvazione del Senato con una maggioranza dei due terzi, che i democratici non hanno. Ma il Congresso vuole indagare sulla telefonata ricattatoria al presidente ucraino

Ieri sera la speaker della Camera americana, Nancy Pelosi, ha annunciato una richiesta di impeachment contro il presidente Donald Trump a tredici mesi dalle elezioni del 2020. L’impeachment è la procedura più grave prevista dall’ordinamento americano e ha come effetto finale la rimozione del presidente. Però c’è bisogno dell’approvazione da parte del Senato con una maggioranza molto forte, dei due terzi, e considerato che i democratici non hanno i due terzi dei seggi al Senato è molto probabile che la procedura di impeachment non affonderà Trump. I democratici lo sanno, ma hanno scelto di andare avanti lo stesso perché pensano che il comportamento del presidente sia troppo grave e che merita di essere indagato ed esposto con molta più forza di quanto è stato fatto finora.

   

Nancy Pelosi è la leader dei democratici e da molti mesi resisteva alle richieste di impeachment contro Trump che le arrivavano dall’ala meno moderata del partito. Erano richieste che riguardavano il cosiddetto Russiagate, quindi l’inchiesta del procuratore speciale Robert Mueller sulla possibile collusione tra il comitato elettorale di Trump e il governo russo. Ma, sebbene l’inchiesta avesse trovato prove inconfutabili sul fatto che l’intelligence russa ha aiutato l’elezione di Trump, i risultati sono stati troppo vaghi e Pelosi ha preferito resistere per non dare al presidente una facile vittoria mediatica del tipo “hanno tentato un impeachment contro di me, ma ne sono uscito indenne!”.

  

Sei giorni fa però è uscita la notizia che Trump ha provato a ricattare il presidente ucraino Volodymyr Zelensky durante una telefonata del 25 luglio. Trump ha chiesto ripetutamente all’ucraino di fare pressione sulla magistratura affinché coinvolgesse Hunter Biden in un caso di corruzione. Hunter Biden è il figlio di Joe Biden, che è il candidato democratico per ora più forte nei sondaggi contro Trump. Se Zelensky non avesse accettato la richiesta, Trump avrebbe sospeso gli aiuti militari all’Ucraina – che da anni è impegnata in una guerra civile nell’est del paese contro i separatisti filorussi. Questa notizia si basa su una denuncia formale fatta da un funzionario anonimo dei servizi segreti che ha ascoltato la telefonata e ha steso un rapporto. Se fosse confermato, si tratterebbe di un abuso di potere perché il presidente non può usare la politica estera e la sicurezza nazionale per colpire un rivale politico. Il Congresso vuole leggere il rapporto, ma l’Amministrazione Trump per ora non ha acconsentito e ha detto che forse diffonderà la trascrizione della telefonata.

  

Proprio questo ritardo nel dare il rapporto ha convinto i democratici che questa volta non c’è altro modo di ottenere chiarezza da Trump se non chiedendo il suo impeachment.

  

Secondo il Washington Post, la telefonata di Trump al presidente ucraino non è stata un’improvvisata maldestra, ma il culmine di una campagna pianificata per mesi dentro la Casa Bianca. Tanto che alcuni dentro lo staff del presidente volevano evitare a tutti i costi un incontro tra i due perché temevano che sarebbe successo proprio quello che poi, secondo la denuncia, è successo.

  

L’impeachment è una faccenda molto seria e arriva in un periodo in cui la politica americana è molto polarizzata – che è un modo cortese di dire che gli schieramenti si odiano come mai prima e che non intendono darla vinta agli avversari a qualsiasi costo. Trump ha già cominciato una controcampagna per dire che i democratici non riescono a batterlo con argomenti politici e allora hanno fatto ricorso a queste accuse. Sarebbe insomma un complotto contro di lui. E’ molto probabile che i toni molto accesi dei primi tre anni di mandato saranno ricordati come un preludio mite a quello che vedremo nell’ultimo anno del (primo?) mandato di Trump.

  • Daniele Raineri
  • Di Genova. Nella redazione del Foglio mi occupo soprattutto delle notizie dall'estero. Sono stato corrispondente dal Cairo e da New York. Ho lavorato in Iraq, Siria e altri paesi. Ho studiato arabo in Yemen. Sono stato giornalista embedded con i soldati americani, con l'esercito iracheno, con i paracadutisti italiani e con i ribelli siriani durante la rivoluzione. Segui la pagina Facebook (https://www.facebook.com/news.danieleraineri/)