Donald Trump (foto LaPresse)

Arrestare il flusso trumpiano

Giuliano Ferrara

Il tradimento costituzionale è di fronte agli occhi. Ma non sarà semplice mostrarlo. Tutto sarà complicato non dalle procedure del diritto ma da una supergaranzia: l’uso comunicativo e ultra politico dei fatti e delle interpretazioni che li cancellano

Fermarsi, questo è il problema. Il nostro mondo linguistico è anche il nostro mondo politico e morale. Il flusso di parole e concetti, che sono la via quasi esclusiva per definire le cose, afferrarle, valutarle o giudicarle, è così vorticoso, prende vie così sghembe, maligne, tortuose, che bisogna arrestarlo, appunto fermandosi. Se esistono i social, tutto è possibile: questo equivale a rovescio al karamazoviano “se non c’è Dio, tutto è possibile”. La storia di Trump è esemplare. Tutti sanno che la sua campagna elettorale ha trescato con Putin, e viceversa. La catena degli indizi che lo riguardano personalmente, per non parlare del suo staff e della sua famiglia, è ferrea. Ma la ricerca della pistola fumante, che derivò altrettanto da uno scrupolo costituzionale e garantista quanto dal flusso informativo impazzito dei nostri tempi, di cui Trump è una fonte inesauribile e deformante della realtà, ha portato a un’indagine Mueller accurata, lunga, esaustiva e dal risultato brodoso, se non grottesco. Un sitting president non si può incriminare, si è concluso, e si è discusso per due anni se aveva ostacolato la giustizia o no, senza giungere a conclusione né di condanna né assolutoria, quando tutti sapevano, ma travolti dal flusso dimenticavano, che aveva licenziato il capo dell’Fbi senz’altri motivi che la buggeratura della giustizia e sbandierava la caccia alle streghe contro Mueller, inserendolo nel casino verboso dei tweet ma senza esonerarlo per mera prudenza politica. Si può dire che non ha ostacolato la giustizia solo se non ci si ferma, con una realistica e argomentata messa a fuoco, sull’effettivo contorno dei suoi atti e sulla loro sostanza, sulle sue stesse parole di infantile ammissione di colpa, ciò che è reso difficile dal caos organizzato della comunicazione politica contemporanea. Tutto è possibile, e quel che si vede a occhio nudo è sempre più opaco, basta una scarica di tweet per offuscarlo.

 

 

Lo stesso ora. Il Congresso discuterà settimane e settimane della trascrizione della telefonata con Volodymyr Zelensky, nel corso della quale, se solo si fermino occhio e udito per un momento, il presidente ha detto al capo di uno stato estero: tu mi fotti il mio rivale, collaborando con il mio avvocato personale, e io ti sblocco i finanziamenti militari per contrastare l’espansionismo di Putin nel Donbass. Se eviti il dettaglio a flusso e fermi la lettura sull’essenza della questione, ecco che sai come stanno le cose, ecco squadernato il carattere proprio del tradimento costituzionale da impeachment. Ma non sarà così. Tutto sarà complicato e offuscato non dalle procedure di diritto, che sono comunque garantiste per il sospetto traditore, ma dalla supergaranzia: l’uso comunicativo e politico, intrinsecamente politico, dei fatti e delle interpretazioni che li cancellano. Trump, che sapeva dell’imminente leak ai giornali del testo procurato da un uomo dei servizi che lo voleva denunciare al Congresso, secondo la legge, per il misfatto, ha bluffato spudoratamente e via Twitter ha annunciato che lui per primo avrebbe reso nota la telefonata, innocente a suo dire: e non importa che il testo non sia evidentemente innocente, ma sicuramente colpevole, conta inserirla nel flusso delle argomentazioni e controargomentazioni che supera ogni orizzonte comune di realtà, ogni capacità di dedurre le cose dalla base di senso comune che una volta apparteneva al mondo della comunicazione umana, quando non tutto era possibile.

 

 

Se non vi fermate, se non inchiodate anima e ragione alla considerazione calma e riflessiva della cosa in sé, finirete per dare ragione al capzioso e brillante John Yoo, il giurista bushiano e cheneyano che sul New York Times fa appello a fermare l’indagine per impeachment in nome del privilegio dell’esecutivo: se vuoi una politica estera e di guerra e sicurezza fatta come vuole la Costituzione, “da una sola mano” (Alexander Hamilton), non puoi sindacare le telefonate del presidente ai capi di stati esteri. Yoo ha reso servizi machiavellici alla ragion di stato americana e mondiale, dopo l’11 settembre, di enorme importanza, legittimando con l’etica della responsabilità (decidi quel che devi fare in base alle conseguenze dei tuoi atti) la reazione inevitabile al terrorismo jihadista dispiegato. Ma qui, nella globosfera social e intercomunicativa impazzita, il machiavellismo e il weberismo giuridico si traducono così: se il presidente fa pace o guerra in base alla difesa del suo campo da golf, e magari per dare la mazza in testa al suo rivale elettorale, sei tenuto a lasciarglielo fare. Procedi oltre, non fermarti alla sostanza, tutto è forma e interpretazione.

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  • Giuliano Ferrara Fondatore
  • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.