Il processo alla foreign fighter tedesca

È iniziato a Monaco il processo di Jennifer W., soldatessa dello Stato islamico, accusata dell'omicidio di una bimba yazida di cinque anni

Andrea M. Jarach

L’aula è piena, il processo deve iniziare con un quarto d’ora di ritardo. Jennifer W., occhiali dalla montatura scura, giacca nera, camicia bianca, i capelli raccolti una treccia, siede tra i suoi due avvocati. Ha rinunciato autonomamente a comparire con un velo, indicherà più tardi l’avvocato Ali Aydin, che prega i cameramen che il volto della sua assistita nelle foto venga sgranato. Ma l’imputata tiene comunque una cartelletta rossa davanti a sé per non farsi fotografare. Alla destra dell’accusata sarebbe poi dovuto comparire l’avvocato Tarig Elobied ma ha rinunciato al mandato e solo da ieri è stata incaricata l’avvocatessa Seda Basai-Yildiz. Entrambi i difensori sono di Francoforte e hanno esperienza nella difesa di jihadisti. L’avvocatessa Basai-Yildiz tra l’altro ottenne la condanna dell’amministrazione di Bochum al pagamento di 10.000 euro per l’espulsione irregolare di una sospetta ex guardia del corpo di Osama Bin Laden. È molto nota in Germania anche perché dopo avere rappresentato i familiari della prima vittima della cellula neonazista Clandestinità Nazionalsocialista è stata oggetto di lettere minatorie siglate Nsu 2.0 e le indagini hanno fatto emergere simpatie neonaziste nella polizia di Francoforte, portando alla sospensione di 6 agenti.

 

   
Dall’altra parte dell’aula, di fronte all’accusata, prende posto alla destra la pubblica accusa rappresentata dalla Oberstaatsanwaltin Claudia Gorf e i colleghi André Haverkamp e Anna Zabeck. Alla sinistra i legali di parte civile, che patrocinano la madre della bimba yazida uccisa, gli avvocati tedeschi Natalie von Wistinghausen e Wolfgang Bendler, nonché un’assistente dell’ufficio londinese dell’avvocatessa Amal Clooney, che ha contribuito nei contatti con la Ong Yazda che, documentando dal 2015 i crimini contro gli Yazidi in Iraq, ha permesso di individuare la madre della bimba uccisa, dopo che era stata formulata la richiesta di rinvio a giudizio contro Jennifer W.. 

  
Fatti uscire i fotografi il Presidente del Senato giudicante apre l’udienza e fatte alcune indicazioni di rito specifica che la richiesta di rinvio a giudizio depositata il 30 dicembre 2018 è stata ammessa dal Senato il 18 febbraio 2019 escludendone quella di partecipazione all’ISIS per quanto attiene il solo omicidio della minore, che resta invece aperta per quanto concerne l’imputazione che Julian W. abbia aderito all’ISIS e fatto parte della polizia del costume armata del Califfato.

 
La parola passa quindi alla Procuratrice Generale Claudia Gorf che legge un estratto di 6 pagine dall’atto di imputazione. La 27enne tedesca è accusata di essere stata membro attivo tra settembre 2014 e settembre 2016 dell’organizzazione terroristica straniera Isis, dedita a perseguire i propri fini con l’omicidio, il genocidio e crimini contro l’umanità. Jennifer W.  ha violato le norme sull’uso delle armi in guerra, ha ucciso in modo brutale e per futili motivi una bimba che secondo il diritto umanitario avrebbe dovuto proteggere. 

Jennifer W. ascolta composta, con labbra serrate e a tratti chiude gli occhi, quasi pregasse tra sé e sé o mandasse a memoria qualcosa.

 
Secondo la procura il 29 agosto 2014 l’accusata lasciò l’aeroporto Münster/Osnabrück per volare verso Istanbul e da qui attraverso dei trafficanti passare il confine siriano. Dapprima alloggiò in un convivio femminile dell’Isis a Jarabulus e poi a Raqqa, indica la procuratrice, per unirsi poco dopo all’organizzazione sottoponendosi a un interrogatorio di sicurezza ed una registrazione. Con questo l’accusata accettò – prosegue l’atto di accusa – la catena di comando ed i compiti terroristici dell’Isis ed all’inizio del febbraio 2015 tornò coll’ex marito a Jarabulus dove fece parte dell’unità Khatab Shishani Katiba. Dopo un ulteriore periodo nel convitto femminile alla fine del giugno 2016 si trasferì col marito iracheno cui si era sposata con rito islamico dapprima a Mossul e poi Fallujah ed in entrambe le città, con l’approvazione del “Ministero per gli affari culto” dell’Isis, membro della polizia religiosa e di costume, la Hisba. Per svolgere tale attività assolse un addestramento al termine del quale per almeno 3 mesi pattugliò, armata con pistola, kalashnikov ed una veste esplosiva, i parchi a Mossul e Fallujah, ammonendo e terrorizzando le donne che non avessero osservato le rigide norme di comportamento ed abbigliamento della ortodossia islamista. Nell’estate 2015 a Fallujah, acquistò col marito da un contingente di prigionieri una bimba di 5 anni che visse presso di loro, finché – continuano le accuse – in un lasso di tempo tra inizio luglio e settembre 2015 – durante il Ramadan, specificherà poi la procuratrice, probabilmente verso la fine – ammalata ella urinò bagnando il materasso ed il marito irato ammanettò fuori di casa la piccola, che malata e sottoposta a temperature di 45 gradi, morì atrocemente di sete senza che l’accusata intervenisse in suo aiuto.

   
Rientrata in Turchia nel settembre 2015 alla fine del gennaio 2016, Jennifer W. si recò all’ambasciata tedesca ad Ankara per ricevere nuovi documenti ma non appena lasciò la rappresentanza diplomatica fu arrestata dagli agenti di sicurezza turchi ed estradata pochi giorni dopo in Germania. Ferma nell’intento di unirsi nuovamente all’Isis, ha chiesto aiuto via internet (avrebbe amministrato tra l’altro il gruppo “Free our sister” intento a raccogliere denaro per islamiste incarcerate) e le sue chat sono state intercettate. È stata così nuovamente arrestata il 29 giugno 2018 in Baviera mentre era in auto con l’intenzione di raggiungere poi la Siria, per questo il processo è stato istruito a Monaco. Era stata a piede libero per due anni in Germania.

 
Il presidente del collegio giudicante Baier, spiega poi che la procura ha fatto pervenire nuovi documenti perciò la Corte ha cancellato l’udienza prevista inizialmente per domani 10 aprile e sospende il processo per tre settimane, fino al 29 aprile.

 
Fuori dall’aula la procuratrice Gorf si offre quindi alle domande dei giornalisti e rivela che è stato solo dopo la presentazione dell’atto di accusa che gli inquirenti hanno avuto la certezza che la bimba uccisa fosse yazida potendone poi individuare la madre. La sospensione così subitanea dettata dal Presidente è dovuta al fatto che il suo Ufficio ha presentato nuovi documenti, a rafforzare la richiesta di incriminazione secondo il Diritto penale internazionale delle genti che punisce gli attacchi sistematici contro la popolazione civile. L’avvocatessa Amal Clooney ha sostenuto che anche la madre della bimba uccisa sia stata comprata e schiavizzata dall’accusata ed il marito a Fallujah. Di questo non c’è traccia alcuna nell’atto di accusa perché la donna è stata individuata dopo; la nuova documentazione depositata che comprenderebbe la verbalizzazione delle sue dichiarazioni potrebbe vertere dunque a estendere le accuse anche alla sua compravendita e riduzione in schiavitù. Tutte le prove sono state raccolte attraverso la collaborazione delle autorità tedesche, sottolinea comunque la Procuratrice Gorf, che non vuole rivelare se ci sia stato anche l’aiuto di inquirenti stranieri.

 

Media tedeschi riportano tuttavia che l’FBI avrebbe fornito l’indizio decisivo sul tentativo di raggiungere di nuovo la Siria permettendo di affiancare all’imputata un agente sotto copertura che l’ha accompagnata in auto con la prospettiva di portarla a destinazione. Si specula se quest’ultimo potrà essere escusso escludendo il pubblico e la stampa, oppure introducendone la testimonianza registrata o scritta, o raccogliendone le dichiarazioni fatte ad un agente di polizia che ne dia testimonianza.

 

 
L’avvocatessa Amal Clooney prima del processo ha rilasciato una dichiarazione stampa in cui sottolinea che “le vittime yazide hanno atteso troppo a lungo di vedere trattare il loro genocidio nei tribunali” ed esprime gratitudine agli inquirenti tedeschi con i quali ha collaborato “per il loro impegno nel chiamare in aula i membri dell’Isis a rispondere dei loro crimini” confidando che “questo sia il primo di molti processi che sottoponga infine l’Isis alla giustizia in linea con il diritto internazionale”. 

  

  
Dall’agosto 2014 in esito all’attacco dell’Isis di Sindschar furono indotti alla fuga oltre 200.000 yazidi. Nell’autunno 2015, quando l’Isis controllava circa un terzo dell’Iraq, aveva ormai fatto una scia di morti: più di 12.000 persone soltanto nel 2014. 

  
I testimoni di accusa, anticipa la procuratrice Claudia Gorf, sono per ora in numero limitato, soprattutto agenti di polizia, ma “anche la madre della vittima sarebbe a disposizione della Corte”. Fintanto che il Regno Unito è nell’Ue anche l’avvocatessa Clooney, che è barrister ed è tra l’altro la legale del premio Nobel yazida Nadja Murad, potrebbe comparire e patrocinarla a Monaco. “Le accuse principali sono basate sulle dichiarazioni fatte dall’imputata stessa verso altre persone in internet ed anche in auto”, specifica ancora la procuratrice, dove “ha parlato in lingue diverse”. 

  
L’avvocato Aydin sottolinea per contro che deve vigere sempre la presunzione d’innocenza e che è il tribunale il luogo dove le accuse dovranno essere verificate. “I fatti devono essere chiariti, la nostra assistita è accusata di aver lasciato accadere qualcosa e si deve capire se avesse margine di intervento”. “Non ci sono punti di vista obiettivi neppure che abbia militato nella Polizia del costume. All’oggi non ho visto prove concrete”. Jennifer W. in carcere ha avuto contatto con i propri familiari, la figlia di tre anni è dalla nonna, indica rispondendo alle domande e ad un cronista che chiede provocatorio se per la sua mandante abbia costituito un problema la presenza del crocefisso in aula, risponde fermo “per nulla”. 

  
Per ora c’è stata solo la lettura dell’atto di accusa, all’imputata non è stato ancora chiesto se vuole prendere posizione sulle accuse e l’avvocato Aydin indica che non sa ancora quali sono le intenzioni della cliente; se non dovesse farne inizierà subito la fase probatoria.

(L'articolo è stato modificato in data 10 aprile)

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