La statua di Vladimir Lenin a Kharkiv in Ucraina (Foto LaPresse)

Un pantheon russo per rinnovare il putinismo

Micol Flammini

Tra brogli e precauzioni il Cremlino ha chiesto ai cittadini di scegliere i propri eroi nazionali

Roma. A ciascuno la sua ideologia, a ogni nazione i suoi eroi nazionali, a ogni paese la sua bandiera. L’importante è averne una. Alcuni stati sono ossessionati dalla perdita di identità e la Russia è uno di questi. La sua ansia è legata anche alla sua grandezza: come tenere insieme quei diciassettemila chilometri, quegli undici fusi orari se non con la forza dell’ideologia nazionale. Ma l’ideologia è un concetto sfuggente, mutevole e se fino a poco tempo fa era Putin a incarnare l’ideologia nazionale, a radunare sotto la sua figura non tutto, ma quasi tutto il paese, dopo diciotto anni di putinismo aumentano le persone stanche, forse anche un po’ annoiate.

 

La Russia ha bisogno di eroi e di miti, ha pensato il Cremlino, così forse i quarantasette aeroporti della Russia cambieranno nome, avranno un nome legato a personaggi della cultura e della storia russa. Ma prima di farlo Putin ha voluto coinvolgere i cittadini proponendo loro di scegliere a chi avrebbero voluto dedicare l’aeroporto delle loro città. È stata una decisione bizzarra, suggerita a Putin, pare, dai suoi due consiglieri morali: l'anziano metropolita Tikhon e il ministro della Cultura Vladimir Medinski. L’idea di lavorare a un’ideologia nazionale è accarezzata da tempo, soprattutto da Medinski, il quale sostiene che il paese non possa continuare a nutrirsi degli stessi ideali di venti anni fa. Vladimir Putin ha coperto il vuoto ideologico che dalla caduta dell’Unione sovietica ha portato la Russia ai nostri giorni.

 

Ma il presidente, con tutta la simbologia che incarna, il machismo, l’ortodossia, la guerra, non basta più e una nazione così grande non può vivere nel vuoto ideologico. Ma finora i russi non avevano mai potuto scegliere il proprio pantheon nazionale, la retorica era sempre stata dettata dall’alto: gli zar defunti, poi Pushkin, poi Tol’stoj, poi Lenin, poi Stalin, poi Gagarin, poi Putin. Condivisi o meno non aveva importanza, alcuni personaggi vanno venerati, amati, rispettati anche se imposti dall’alto, magari acquisiti dopo una propaganda martellante. Per cui l’idea di far scegliere ai cittadini i futuri eroi degli aeroporti rappresenta un piccolo cambiamento. Ma un cambiamento alla russa, quindi con poche sorprese e tante perplessità.

 

I cittadini hanno accolto positivamente l’iniziativa e avevano proceduto a raccogliere una lista di eroi, militari, letterati, musicisti, santi, come indicato dalla Camera pubblica, un organo istituito da Putin per mantenere i legami tra il Cremlino e la società. Poi la Camera ha proceduto a stilare per i cittadini un’altra lista da sottoporre il giorno del voto. Qualcuno ha votato online, altri sono andati negli aeroporti e nelle stazioni, la partecipazione è stata molto alta, fatto sta che martedì scorso nelle urne virtuali e fisiche, i russi hanno trovato sulla scheda elettorale pochi dei nomi che avevano suggerito. Due città si sono infuriate più delle altre: Omsk e Kaliningrad.

 

A Omsk sognavano di dedicare l’aeroporto a Egor Letov, rockstar russa e orgoglio cittadino. Dedicare a Letov l’aeroporto, nota Leonid Bershidsky di Bloomberg, è naturale e logico quanto dedicare a John Lennon quello di Liverpool. Eppure alla Camera pubblica l’idea non è piaciuta, la Russia avrà pure superato il comunismo ma non è ancora pronta a far entrare nel pantheon degli eroi nazionali una musicista un po’ punk e un po’ rock a seconda del periodo. Senza contare che i versi di Letov non sono mai piaciuti né ai governanti sovietici né a quelli dell’èra post sovietica: “Ho ucciso lo stato in me stesso”, cantava.

 

A Kaliningrad invece i cittadini si sono arrabbiati perché non accettavano che avesse vinto Immanuel Kant. E’ stato un moto di acceso nazionalismo a far rifiutare agli abitanti dell’enclave il nome del filosofo, che sarà pur nato lì, ma era tedesco e non è certo visto come un orgoglio russo. Nelle altre città sono stati scelti nomi di zar: Caterina e Pietro, imperatori risparmiati anche dall’epoca sovietica, Nicola II che invece è stato eletto a Murmansk. In fatto di letteratura, i russi continuano a preferire i poeti agli scrittori; anche per Tol’stoj e Dostoevski il voto non è andato bene.

 

E Stalin? Tutti si aspettavano che spuntasse fuori il suo nome che invece non è stato inserito nelle liste. Il Cremlino ancora non è pronto a riabilitare la figura del dittatore. Tra brogli e illusioni, queste elezioni hanno ritratto il pantheon che i cittadini vorrebbero. Non ci sono vincitori condottieri, nota Bershindsky, strano per un paese sempre in guerra governato da un presidente che ha fatto delle missioni militari un’arma per il consenso. Forse è questa la lezione che Vladimir Putin potrebbe imparare dagli aeroporti e dai loro nomi, che probabilmente non verranno mai cambiati, che la Russia è cambiata, basta guardare il suo nuovo pantheon ideale.

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