Il presidente americano Donald Trump e il presidente cinese Xi Jinping (Foto Wikipedia)

Spie cinesi in trappola

Eugenio Cau

L’arresto e l’estradizione in America di un agente di Pechino è un segnale di nuova Guerra fredda?

Roma. Per la prima volta nei rapporti tra gli Stati Uniti e la Cina, nei mesi scorsi un agente dell’intelligence cinese accusato di furto di segreti industriali è stato arrestato ed estradato in America, dove sarà messo a processo da un tribunale ordinario. A estradare l’agente non è stata la Cina, ovviamente, ma il Belgio, paese scelto dalla spia per un incontro con un informatore. Anziché l’informatore, la spia Yanjun Xu si è trovata davanti le forze dell’ordine belghe, che lo hanno arrestato lo scorso aprile ed estradato in America martedì scorso. Mercoledì il dipartimento di Giustizia americano ha pubblicato i verbali che accusano l’agente. Il processo si terrà in un tribunale federale di Cincinnati, sarà il primo del suo genere e potrebbe diventare una nuova ragione di scontro tra Pechino e Washington, in un momento in cui le due superpotenze sono ai minimi nei rapporti bilaterali.

 

A partire dal marzo 2017, Yanjun Xu, che è vicedirettore di una divisione del ministero per la Sicurezza di stato, l’agenzia d’intelligence cinese, aveva cominciato a corteggiare un dipendente della GE Aviation, una affiliata di General Electric che produce componenti per l’aeronautica e rifornisce anche il Pentagono. Dapprima il dipendente era stato invitato a una vacanza in Cina, lussuosa e spesata, poi Yanjun Xu aveva cominciato a chiedere informazioni e segreti. Infine, i due si erano accordati per incontrarsi in Belgio e completare il passaggio di dati su alcuni componenti critici. Non è chiaro dai documenti del dipartimento di Giustizia se e quando il dipendente di GE Aviation abbia cominciato a collaborare con le autorità. Si sa però che Yanjun Xu è stato arrestato, estradato e che presto sarà processato. Non era mai successo prima.

 

Non che i furti di proprietà intellettuale e di segreti industriali da parte di individui cinesi ai danni di aziende americane non ci fossero mai stati, al contrario: erano frequenti a piuttosto gravi. (Sgombriamo però il campo dai cliché: il furto di segreti industriali non è prerogativa soltanto dello stato cinese, ed è attività a cui, nel corso della storia, si sono dedicate allegramente tutte le grandi potenze). Le varie Amministrazioni che si sono succedute a Washington, tuttavia, hanno sempre preferito risolvere le dispute con metodi più accomodanti. L’arresto di un agente cinese, anche se colto in fragrante, avrebbe potuto provocare una crisi diplomatica di alto livello. Ma l’Amministrazione Trump non teme le crisi ad alto livello con la Cina, e sembra anzi pronta a fomentarle.

 

L’arresto dell’agente cinese si inserisce nella grande reazione dell’occidente contro le intrusioni spionistiche troppo sfacciate di potenze non alleate, dal caso Skripal nel Regno Unito in giù. È anche la prova che l’intransigenza dell’Amministrazione americana nei confronti di Pechino non è passeggera e non si limita soltanto ai commerci e ai dazi. A partire dalla vendita di armi a Taiwan per 330 milioni di dollari approvata il mese scorso e per continuare con il discorso della scorsa settimana in cui il vicepresidente Mike Pence ha definito la Cina come la principale minaccia per la sicurezza nazionale americana, la Casa Bianca sembra prepararsi a un conflitto che, indipendentemente dai suoi risvolti commerciali, potrebbe essere epocale. Giusto ieri il Washington Post ha parlato di una nuova Guerra fredda.

 

Anche i mercati se ne sono accorti, e gli analisti hanno individuato nello stato minaccioso dei rapporti bilaterali tra le due superpotenze una delle ragioni del crollo delle Borse degli ultimi due giorni: gli investitori hanno capito che lo scontro tra Cina e America non è una scaramuccia come lo è stato quello tra America e Messico, ma una questione di lunga durata, che potrà provocare danni gravi. Ieri i media americani hanno rivelato che i consiglieri più moderati dentro alla Casa Bianca hanno convinto Trump a incontrare il presidente cinese Xi Jinping durante il G20 che si terrà a Buenos Aires a fine novembre. I due dovrebbero parlare di come placare la guerra commerciale. Per ora le aspettative sono scarse.

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  • Eugenio Cau
  • E’ nato a Bologna, si è laureato in Storia, fa parte della redazione del Foglio a Milano. Ha vissuto un periodo in Messico, dove ha deciso di fare il giornalista. E’ un ottimista tecnologico. Per il Foglio cura Silicio, una newsletter settimanale a tema tech, e il Foglio Innovazione, un inserto mensile in cui si parla di tecnologia e progresso. Ha una passione per la Cina e vorrebbe imparare il mandarino.