Yanis Varoufakis (foto LaPresse)

Perché per i mercati e i partner Ue l'Italia è la nuova Grecia

David Carretta

La situazione è diversa ma il rischio è lo stesso: il populismo spacca tutto porta alle code ai bancomat e all’uscita dall’euro

Strasburgo. L’Italia non è la Grecia ma, agli occhi dell’Unione europea, l’Italia in mano al governo populista ricorda sempre più la Grecia della coppia Tsipras-Varoufakis che portò il paese a uno scontro esistenziale con i creditori della zona euro e sull’orlo dell’uscita dall’unione economica e monetaria. Un ministro che si presenta all’Eurogruppo senza uno straccio di documento per discutere con i suoi colleghi responsabili delle Finanze? Era già accaduto nel febbraio del 2015 quando Yanis Varoufakis annunciò la fine della Troika senza presentare proposte concrete sulle riforme che Atene era disposta a fare per continuare a ricevere gli aiuti internazionali. Una squadra di governo improvvisata che disprezza i tecnici, cerca di epurare i ministeri ed è incapace di approvare una nota di aggiornamento del Def che vada oltre il volantino elettorale? Era stata la pratica di governo di Alexis Tsipras per tutti i primi sei mesi del 2015. Primi ministri e ministri che chiedono i danni ai partner europei e denunciano complotti per umiliare la nazione? Erano gli slogan correnti di Tsipras e Varoufakis, contro la Germania che non aveva mai versato le riparazioni di guerra o il Fondo monetario internazionale che pretendeva la riforma delle pensioni. Un quotidiano che titola a tutta pagina “L’Europa scatena lo spread per far cedere il governo”? Il Fatto si è trasformato nell’Avgi, il giornale di Syriza che aizzava il popolo contro i torturatori della Troika. Un responsabile della maggioranza in un posto chiave come la commissione Bilancio della Camera che evoca la soluzione di tutti i problemi fuori dall’euro: era il ritornello dell’ala dura di Syriza fino a quando Wolfang Schäuble nel luglio di quell’anno non mise sul tavolo la proposta della sospensione per cinque anni della Grecia dalla zona euro.

 

 

L’Italia non è la Grecia, nel senso che non è sotto programma di assistenza come Atene fino a qualche settimana fa, non ha dovuto aspettare 3 anni per togliere i controlli sui capitali e può continuare a finanziarsi sui mercati anche se a tassi sempre più alti. Ma lo spread tra i titoli decennali italiani e quelli greci si è ridotto a circa 80 punti base: in termini di fiducia degli investitori, l’Italia è sempre più come la Grecia. Ma l’Italia per l’Ue è qualcosa di molto peggio della Grecia. “Può diventare una crisi esistenziale”, dice l’ex premier finlandese, Alexander Stubb, annunciando la sua candidatura come Spitzenkandidat del Partito popolare europeo. “Se ci dovesse essere un attacco speculativo sull’Italia, sarà un altro paio di maniche rispetto alla Grecia”, spiega il capogruppo dei Verdi all’Europarlamento, Philippe Lamberts: “La Grecia è un appendice della zona euro, l’Italia è un organo principale. Sarebbe più difficile risolvere il problema”. Il presidente della Commissione, Jean-Claude Juncker, non vuole per l’Italia “un’altra crisi Grecia”. Ma “in teoria è possibile”, dice al Foglio il ministro delle Finanze finlandese, Petteri Orpo, I responsabili di governo in Italia sanno “esattamente qual è la situazione. Sono sui mercati. Se prendono le decisioni sbagliate i mercati reagiranno e non sarà positivo per loro. Ecco perché penso che dovrebbero aggiustare le loro proposte”, spiega Orpo.

 

I ministri delle Finanze dell’Eurogruppo lunedì hanno dato due giorni di tempo a Giovanni Tria per negoziare con Luigi Di Maio e Matteo Salvini una retromarcia sul deficit allo 2,4 per cento. Come nel 2015 con la Grecia, l’Ue è convinta di poter negoziare e arrivare a un compromesso. Il rischio è di commettere lo stesso errore di allora: aspettare 6 mesi prima di far capire ai greci che il populismo spacca tutto porta alle code ai bancomat, alla fine della liquidità alle banche e alla porta di uscita dall’euro.