Operazione di Polizia alla tendopoli per i migranti allestita dal Centro Baobab (foto LaPresse)

Frontiere estreme

Redazione

Quel che non torna nella coalizione di Salvini & Co. sui migranti

Giovedì è nato un nuovo asse dei volenterosi formato da Italia, Austria e Germania (tendenza Baviera) che si contrappone a quello che era stato lanciato un paio di settimane fa dalla cancelliera tedesca Angela Merkel assieme a Spagna e Grecia: il primo vuole chiudere ai migranti, il secondo vuole governare i movimenti interni all’Ue e l’integrazione.

  

La formazione di coalizioni contrapposte già dà un segnale concreto sullo stato dell’Europa: si procede per mini alleanze, perché a livello complessivo il dialogo è interrotto, almeno sulla questione migratoria, peraltro tra le meno urgenti se si considerano i dati asfittici sulla crescita economica pubblicati ieri (l’Italia è quella che cresce meno). Ci si accorda tra paesi, quando è possibile, e questa è la grande vittoria della teoria Orbán, che punta a uno spacchettamento geografico-ideologico dell’Europa, ma nella pratica si rischia lo stesso pantano di quando si tentava di procedere in modo pressoché unitario.

  

I volenterosi della Merkel hanno un piano fattibile: la Germania restituisce ai paesi di primo approdo i migranti che hanno fatto già richiesta di asilo lì e in cambio accelera i processi di ricongiungimento familiare con i migranti che già vivono in Germania. Non è certo un accordo onnicomprensivo, ma intanto individua un percorso di collaborazione con oneri condivisi. L’Italia non vuole far parte di questa coalizione e ne ha costruita un’altra con gli austriaci e con il ministro bavarese dell’Interno Horst Seehofer, in conflitto con la cancelliera sulla questione migratoria (anche questa specificazione, “bavarese”, è penosa, e orbanissima).

   

Il collante è l’obiettivo di fermare le migrazioni in territorio europeo e istituire hotspot extraeuropei che si occupino della verifica della richiesta d’asilo – l’Austria propone una commissione itinerante in questi centri che si occupi di tutto, esternalizzazione completa del problema. Non è una proposta originalissima, ma il difetto più grande è che è stata rifiutata dai paesi che dovrebbero ospitare questi centri: la moral suasion europea, nel suo complesso, sarebbe proficua, ma non c’è, i volenterosi vogliono procedere in autonomia. Ci sono poi le regole d’ingaggio delle missioni costiere e la necessità di dichiarare “sicuri” altri porti oltre a quelli italiani, i porti libici prima di tutto.

 

Ricordate quando si diceva che per evitare migrazioni di massa e attacchi terroristici era necessario stabilizzare il medio oriente e l’Africa del nord? Ricordate chi erano i movimenti e i paesi meno interventisti in assoluto? Ecco: mettere in sicurezza i porti libici ha a che fare esattamente con questo. L’idea di fortezza piace molto, ribalta il famoso paradigma che viene sempre citato da Salvini & Co, ma al momento non ha un dettaglio concreto che possa funzionare in tempi brevi, nel rispetto del diritto internazionale esistente. Sulle frontiere interne poi lo schema è lo stesso: Seehofer ha detto che i colloqui con l’Italia saranno complicati, e lui ha fretta, vuole chiudere entro luglio un accordo spendibile nella campagna elettorale bavarese. Una via ci sarebbe: è quella di Merkel con Spagna e Grecia, ma non ditelo, c’è volenteroso e volenteroso.