Vladimir Putin (foto LaPresse)

La Nato dipende da quanto Trump riuscirà a trattenersi con Putin

Gianni Castellaneta

Dopo il vertice dell’Alleanza atlantica, bisogna vedere se il presidente americano lascerà correre i suoi istinti a Helsinki

La settimana in corso potrebbe essere cruciale per l’evoluzione (o involuzione?) delle relazioni tra Europa e Stati Uniti. Il Vertice Nato che si svolge in questi giorni a Bruxelles, seguito dall’incontro bilaterale Stati Uniti-Russia in programma il 16 luglio a Helsinki tra Donald Trump e Vladimir Putin, potrebbero costituire un uno-due pericoloso per l’Europa che, particolarmente divisa in questa fase, potrebbe uscirne ancora più penalizzata e meno influente sul piano internazionale.

 

Il presidente americano non ha fatto mistero delle sue intenzioni “bellicose”: secondo la Casa Bianca l’Alleanza atlantica è allo stato attuale obsoleta e, al pari delle altre organizzazioni internazionali nate dopo la Seconda guerra mondiale, dovrebbe essere profondamente riformata se non ridimensionata. Inoltre, se i partner europei non si affretteranno a incrementare sensibilmente il loro contributo alla gestione finanziaria, Washington potrebbe valutare un ridimensionamento del proprio impegno. Tale visione si inserisce in maniera discutibile, ma tutto sommato abbastanza coerente, nell’impostazione della politica estera trumpiana. Da un lato, la richiesta per i “junior partner” europei di farsi carico del “burden sharing” economico della Nato giungendo al 2 per cento del proprio pil era già stata fatta da Barack Obama, anche se era stato tracciato un percorso che avrebbe portato gli stati europei a rispettare questo impegno entro il 2024. Dall’altro, Trump valuta le relazioni internazionali solamente in base a ottiche utilitaristiche privilegiando l’approccio bilaterale. Si potrebbe opinare sui risultati concreti ottenuti finora: al di là di indiscutibili successi mediatici (come ad esempio il vertice di Singapore con Kim Jong-un), la diplomazia del Comunicatore supremo non sta facendo altro che aumentare la conflittualità, soprattutto a livello economico e commerciale in particolar modo con la Cina.

 

Se Trump manterrà una posizione intransigente verso gli alleati al vertice Nato e si mostrerà invece accondiscendente con la Russia offrendo a Putin anche aperture di tipo politico, allora l’Europa si troverebbe in una situazione complessa, stretta tra due fuochi dotati di una influenza geopolitica decisamente maggiore. Tuttavia, alcune considerazioni improntate al pragmatismo potrebbero lasciare indurre maggiore ottimismo. Se il leader americano non minaccerà un disimpegno dalla protezione militare dell’Europa, e se si mostrerà fermo con Putin sulle questioni politiche aprendo però sui temi economici, allora si potrebbe trovare terreno comune per un rilancio dell’Alleanza atlantica. E’ innegabile che la Nato continui a svolgere un ruolo essenziale in Europa a difesa delle nostre frontiere e nelle sue missioni oltre i confini tradizionali. Il contributo degli alleati non si può misurare solo su rigidi calcoli “ragionieristici” ma ricomprendendo tutto lo sforzo militare dei singoli paesi: pensiamo anche all’Italia con le sue missioni all’estero e con le ricadute dirette ed indirette sulla politica di difesa industriale e della ricerca.

 

Cosa chiederà Trump alla Russia oltre al rispetto dei confini con gli stati vicini e del principio di non interferenza nella politica interna degli altri paesi? Se saprà negoziare e definire il ruolo di Mosca in regioni quali il medio oriente (con un occhio particolare a Siria, Iran e Iraq) o l’estremo oriente, potrà farsi carico anche delle istanze europee che in questo caso potrebbero coincidere con gli interessi americani. Otterrebbe un successo personale che gli potrebbe garantire un viatico per le prossime elezioni di mid-term a novembre e una apertura di credito in Europa che finora gli è mancata. Se, al contrario, lascerà correre i suoi istinti, potremmo trovarci con un mondo ancora più diviso in poche grandi aree in conflitto permanente tra di loro. Speriamo che la sosta in programma in Inghilterra fino a domani, tra il piacere di giocare a golf e il tradizionale realismo e pragmatismo anglosassone, lo induca a più saggi e lungimiranti atteggiamenti.