Il presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen (foto LaPresse)

Basta con la bufala dell'Europa brutta e cattiva

Davide Faraone

Smettiamola con la propaganda sovranista. Pensiamo al nostro paese, alla nostra credibilità, a come sfruttare questa crisi trasformandola in una rinascita. Anche e soprattutto sfruttando gli strumenti messi a disposizione dall'Ue

Qualche giorno fa ho letto un tweet di Claudio Borghi, deputato della Lega, che criticava la Germania perché supportava economicamente Lufthansa. La compagnia aerea tedesca è un'azienda solida, ma come tutte le altre compagnie al mondo sta subendo una forte flessione a causa della interruzione dei voli. Il nostro parlamentare ha però utilizzato la notizia con becero populismo per continuare con la bufala dell’Europa “brutta e cattiva” che, quando lo facciamo noi con Alitalia ci critica, mentre gli altri… insomma, come se la situazione economica delle due compagnie fosse uguale.

 

Questo episodio mi ha portato a riflettere complessivamente sul sistema degli aiuti di Stato e cioè sulla possibilità concessa oggi ai paesi membri di sostenere le proprie imprese. Il “salvataggio di Lufthansa” vale 10 miliardi e non è il solo messo in atto dal governo tedesco, infatti più di un euro su due degli aiuti erogati dai Paesi dell’Ue è stato destinato alla Germania; su 1800 miliardi di aiuti approvati da Bruxelles da inizio pandemia, il 55% è in favore della Germania, il 20% della Francia e solo il 10% dell'Italia.

Parto dall’analisi della situazione reale ma arrivo ad una conclusione diversa rispetto a quella dei sovranisti: quelle regole che normalmente noi viviamo come strumenti di oppressione nei confronti dei Paesi economicamente più deboli, in particolare l'Italia, se sospese, possono creare un danno proprio a questi Paesi.

 

Prendiamo come esempio la disciplina degli aiuti di Stato. La Commissione Europea li ha sospesi, quindi fino alla fine del 2020, i Paesi dell’Unione Europea potranno fornire prestiti alle imprese ad interessi zero e garanzie che coprono fino al 100% di rischio (fino ad un valore nominale di 800 mila euro ad impresa). L’Italia, in seguito a questa sospensione, ha varato il “Decreto Liquidità”, prevedendo una garanzia dello Stato del 100% a prestiti sino a 25mila euro e una garanzia del 90% per prestiti da 25 mila euro a 800 mila euro; la Germania ha fatto molto di più, ha superato i mille miliardi di aiuti in varie forme e ha fatto cadere il tabù del pareggio di bilancio, tanto che Margrethe Vestager sta opponendo non poche resistenze. È chiaro dunque che le imprese dei Paesi economicamente più forti avranno più aiuti.

 

Le regole del mercato unico avevano creato un'area economica europea dove tutti gli Stati competevano in maniera equa. Il rischio della sospensione di quelle regole è quello di creare un'area economica europea iniqua, perché gli Stati che hanno una maggiore solidità economica (meno debito), potranno sfruttare il momento per rinnovare e rilanciare il proprio tessuto industriale, creando un gap irrecuperabile; la regola cambia per tutti è vero, ma il nostro Paese non ha margini di spesa pubblica pari a quelli della Germania, per esempio. Si rischia di falsare la concorrenza, imponendo così un’idea imprenditoriale darwiniana rispetto ad una idea imprenditoriale meritocratica.

 

Noi dobbiamo immaginare e pretendere, invece, un'Europa che pensi maggiormente alla solidarietà tra gli Stati, che sia una solidarietà conveniente per i paesi stessi. Non si va in Europa con la testa dei sovranisti che non credono nell’Istituzioni e nella politica europea ma che ne voglio solo sfruttare le opportunità, pensando di fare una grande furbizia.

Si sta in Europa credendo nell’Europa e difendendola. Ad esempio, la proposta di Lega e Fratelli d’Italia dei BOT patriottici, cioè emessi dall'Italia ma garantiti dalla Banca centrale europea ha al suo interno un'idea figlia di un sovranismo mendicante, che rappresenta il peggiore spot per la nostra credibilità. Sono stato invece piacevolmente colpito dal fatto che il presidente Berlusconi e Forza Italia abbiano preso le distanze dall’opposizione sovranista e populista e dimostrato di essere una forza politica intrisa di vero europeismo.

 

Con l’approvazione del Def abbiamo raggiunto quota 80 miliardi di euro di scostamento di bilancio, con un indebitamento pubblico che salirà a 155,7%, una contrazione del Pil tra l'8 e il 10 per cento, il crollo dei consumi e l’aumento vertiginoso della disoccupazione. Sono d’accordo con chi dice che paragonare il virus alla guerra non sia una cosa corretta, dire però che a pandemia finita avremo un’economia da dopoguerra è più che giusto. Per questo dovremo attrezzarci.

Le bufale economiche sono infinite, il professor Carlo Cottarelli ci ha pure scritto un libro (“Pachidermi e Pappagalli”), ma noi ci continuiamo a credere a quelle bufale.

 

“L’Europa, brutta e cattiva, ci ha lasciati soli”, dicono i sovranisti, niente di più falso, il nostro Paese oggi riesce a finanziarsi sui mercati internazionali grazie ai massicci interventi della Banca centrale europea. Il nostro sistema sanitario ha dimostrato di saper fronteggiare la pandemia, ma abbiamo strutture ospedaliere che sono state realizzate durante l'era napoleonica, macchinari insufficienti e obsoleti. Ed è un sistema sanitario fortemente squilibrato, ogni Regione una storia a sé: le stesse cure e gli stessi farmaci in alcune Regioni vengono pagati e in altre, invece, vengono distribuiti gratuitamente. Abbiamo bisogno di 5.000 medici in più, di 15.000 infermieri in più, più specializzazioni mediche, vanno più in pensione medici rispetto a quelli che assumiamo nel nostro sistema sanitario nazionale. A questo servono le risorse del Mes, e chi dice che dobbiamo rinunciare a migliorare il nostro sistema sanitario, non solo si mostra stolto, ma è anche un irresponsabile. Ed è in malafede quando insinua il dubbio che oggi non sono imposte delle condizionalità sul Mes, ma domani potrebbero esserci. La nuova barzelletta, le “condizionalità postume”. Quindi, la soluzione dei sovranisti è quella di rinunciare al Mes per paura.

E allora, per analogia aristotelica, se dobbiamo rinunciare al Mes per paura delle condizionalità postume, rinunciamo anche allo Sure, perché anche in quel caso potrebbero essere imposte successivamente. Ma sì, “l’Europa è brutta e cattiva”, rinunciamo a potenziare e rinnovare il nostro sistema sanitario e rinunciamo anche ai soldi per la cassa integrazione che abbiamo prorogato per altre 9 settimane; e poi?

 

Perché una classe politica responsabile, in buona fede, che ha una visione, che ha a cuore il Paese e non i sondaggi di gradimento, sa perfettamente che quando riprenderanno le attività, le imprese subiranno una flessione, che diventerà una flessione della forza lavoro necessaria e quindi quando il blocco dei licenziamenti non ci sarà più e la crisi si manifesterà nell’economia reale, le imprese licenzieranno ed allora sarà drammatico non avere strumenti ed allora (ma sarà tardi) ci renderemo conto che lo Sure (la cassa integrazione europea) è indispensabile.

 

Allo stesso modo, se il tema è quello delle condizionalità postume, rinunciamo anche al Recovery fund, ossia il fondo per la ripresa (alimentato dall’emissione di obbligazioni) che sarà presentato il prossimo 6 maggio, a quei 200 miliardi e a tutte le risorse che possono essere utilizzate per le imprese.

 

Se il principio è che “l’Europa è brutta e cattiva” e alla fine chiederà il conto, e alla fine ci mandano comunque la Troika, questo principio vale per tutti gli strumenti europei. E in questo caso i sovranisti e i populisti dovranno spiegarci dove troveremo le risorse per sostenere l’economia del nostro Paese.

 

Che poi questa storia delle condizionalità postume diventa quasi comica, se non fosse drammatica, quando penso che la Mazzucato, uno dei 1500 consulenti di una delle tante task force del presidente del consiglio, propone che lo Stato aiuti soltanto le imprese che rispettano “determinate condizioni”. Andiamo in Europa a chiedere sostegno senza condizioni e poi le dettiamo alle nostre imprese.

Le imprese vanno sostenute senza se e senza ma, perché ne va del futuro del nostro Paese. 

Noi non dobbiamo e non possiamo diventare un Paese a reddito di cittadinanza e di emergenza. E per evitare questo dobbiamo sostenere coraggiosamente il nostro tessuto imprenditoriale ed industriale. Benissimo i prestiti e le garanzie dello Stato, ma non bastano. Serve compensare con un contributo a fondo perduto la perdita di valore aggiunto accusata dalle Pmi durante il lockdown. I prestiti agevolati e le garanzie sono piuttosto un’ottima misura complementare ma non possono essere le uniche misure. Così come andiamo in Europa a chiedere risorse a fondo perduto e poi chiediamo alle nostre imprese di indebitarsi, non mi sembra per nulla corretto.

 

Al contrario di quello che dicono i sovranisti, seppur derivanti da una terribile crisi epidemiologica, quelle risorse diventano per noi un’opportunità storica.

Invece di raccontare la bufala “dell’Europa brutta e cattiva”, pensiamo al nostro Paese, alla nostra credibilità, a come sfruttare questa drammatica crisi trasformandola in una Rinascita. “È nella crisi che sorge l’inventiva, le scoperte e le grandi strategie”, non lo dico lo dice Albert Einstein. E allora cambiamo le cose che non vanno: una giustizia troppo lenta, una pubblica amministrazione che paga in ritardo (a volte fino a 600 giorni); una burocrazia disarmante, la drammatica inadeguatezza dimostrate dall’Anpal e dall’Inps, i cantieri bloccati.

 

I cantieri una storia a sé. Ho letto che in un'intervista il ministro Paola De Micheli dichiarava che “Genova è irripetibile, perché lì c'erano i progetti e le risorse”. Non è vero! I 120 miliardi di euro di opere pubbliche bloccate fanno riferimento a cantieri identici a Genova, quindi con progetti approvati e con risorse economiche stanziate. Quel modello può e deve essere ripetuto da subito e su questo non smetterò mai di sgolarmi.

 

Abbiamo la possibilità di cambiare e possiamo essere all’altezza di questa sfida.Dobbiamo farlo adesso, dobbiamo farlo con coraggio, dobbiamo farlo guardando al futuro, dobbiamo farlo con l’Europa ed in Europa. Mentre noi ci interroghiamo sui congiunti, su quando l’affetto è definibile come un affetto stabile, nel resto d’Europa si avvia la Fase 2. “Atene fu distrutta dalla paura della peste e non dalla peste” (Tucidide), ho pensato durante l’ultima conferenza stampa-diretta Facebook del presidente del Consiglio.

È adesso il momento di programmare ed organizzare la ripartenza prima che sia troppo tardi, non possiamo farci tremare le gambe, non ora che bisogna correre.

 

*Davide Faraone, senatore, presidente del gruppo Italia viva - Psi

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