Pasquale Tridico (foto LaPresse)

Tridico a fondo perduto

Luciano Capone

Il presidente dell’Inps propone un Fondo previdenziale complementare sovranista. Un disastro per i lavoratori

Roma. Con Pasquale Tridico si potrebbe far finta di niente e pensare che le sue continue proposte siano solo idee confuse, senza alcun ancoraggio alla realtà. D’altronde c’è una casistica che spinge verso questa direzione: l’ultimo esempio è il recente annuncio di un nuovo “software” contro “l’evasione dei contributi Inps” che avrebbe dovuto far recuperare “5 miliardi”, risolvendo così tutti i problemi sulle coperture della manovra. Questo software non si è mai visto. Oppure, visto che è il presidente dell’Inps, una delle più importanti agenzie del paese che da sola gestisce un bilancio che vale circa un quarto del pil nazionale, va preso sul serio. Nel secondo caso, bisogna dire che il suo progetto di istituzione di un Fondo integrativo pensionistico pubblico autarchico è una follia. E bisogna dirlo con decisione soprattutto se, come ha recentemente affermato in un’intervista al Fatto quotidiano, la proposta è “condivisa con il ministro del Lavoro Catalfo” ed è quindi in una fase avanzata.

 

Il fondo concepito da Tridico, almeno nei termini in cui l’ha esposto, non ha alcun senso economico ed è pericoloso per i lavoratori e per il paese.

 

Tridico aveva lanciato questo fondo già nella sua prima relazione annuale da presidente dell’Inps, descrivendolo come “una forma complementare pubblica, gestita dall’Inps, volontaria e alternativa alle forme complementari private” allo scopo di “garantire una prudente gestione dei fondi mirando ad una maggiore canalizzazione degli investimenti in Italia”. Insomma, l’obiettivo dell’Inps attraverso questo fondo pensionistico è da un lato fare concorrenza ai privati e dall’altro aumentare “gli investimenti diretti nel nostro paese”, introducendo quindi un forte vincolo di portafoglio. 

 

Più recentemente, nell’intervista al Fatto, Tridico ha aggiunto un altro obiettivo a questo fondo, che è quello di sostenere le pensioni dei giovani: “Il ministero del Lavoro sta pensando, attraverso un processo più partecipato anche con le parti sociali, a una legge delega all’interno della quale ci sia il Fondo che sostenga in modo anticiclico le pensioni del futuro, soprattutto quelle dei giovani con carriere instabili. L’idea è permettere a chi ha redditi bassi o instabili oggi di avere anche una pensione integrativa domani, e di canalizzare le risorse del fondo nell’economia del paese e non all’estero”.

 

Perché questa proposta è pericolosa? Perché gli obiettivi sono tanti, confusi e contraddittori, e la strategia di investimento suicida. Non si può “garantire una prudente gestione dei fondi” e allo stesso tempo “canalizzare gli investimenti in Italia”, perché proprio una sana e prudente gestione fa rima con “diversificazione”: non mettere tutte le uova nello stesso paniere. Il Government Pension Fund della Norvegia, il più grande fondo pensionistico al mondo, investe i proventi petroliferi (non i contributi) in 73 paesi di tutto mondo e la Norvegia non compare neanche tra i primi dieci. Se il Fondo dell’Inps vuole invece fare politica economica in funzione del governo, sta semplicemente proponendo ai lavoratori e ai risparmiatori una sorta di repressione finanziaria volontaria e patriottica. 

 

Allo stesso modo non si comprende come il fondo possa essere “anticiclico” – qualsiasi cosa Tridico intenda con questo termine – se è anche autarchico, e cioè se investe “in Italia e non all’estero”. Questa seconda affermazione nega in radice la prima: un fondo autarchico è per definizione “ciclico”. E nel caso dell’Inps lo sarebbe doppiamente: oltre al primo pilastro, quello obbligatorio, anche l’altro volontario sarebbe totalmente legato al ciclo economico.

 

Un fondo privato con una strategia d’investimento del genere non sarebbe un problema, verrebbe spazzato via dal mercato, perché produrrebbe rendimenti inferiori anche se a gestirlo ci fosse Warren Buffett. Ma visto che è pubblico è pericoloso. Perché se il fondo dell’Inps desse rendimenti fuori mercato grazie a un’esplicita garanzia statale, distruggerebbe la concorrenza e il mercato. Se invece questa garanzia non c’è, per i lavoratori che mettessero in questo fondo i propri risparmi – magari attirati da un’implicita garanzia statale – potrebbe essere una fregatura certa: cercano una pensione e, magari, si ritroveranno con azioni Alitalia. L’Inps ha bisogno di una gestione prudente e trasparente, non di piccoli Warren Buffett sovranisti.

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  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali