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Così Fca torna alla strategia degli scorpori per creare valore

Mariarosaria Marchesano

Aspettando un partner industriale, il gruppo riorganizza il portafoglio. Dopo Iveco il mercato scommette su Alfa Romeo e Jeep

Milano. In finanza vige il principio in base al quale il valore della somma delle singole parti di un’azienda può essere superiore a quello del tutto. Accade in casi come quello di Fiat-Fca, in cui il portafoglio marchi costituisce da sempre una riserva di valore per gli azionisti nei momenti di mercato sfavorevoli come quello attuale in cui il settimo gruppo automobilistico del mondo continua a perdere quote di mercato – ad agosto le immatricolazioni sono calate ancora del 16 per cento. Così, lo scorporo e la valorizzazione delle divisioni veicoli commerciali e motopropulsori (Iveco e Powertrain) da Cnh è la novità che potrebbe essere annunciata oggi al Capital market day di New York durante il quale i vertici di Fiat-Chrysler spiegheranno alla comunità finanziaria la riorganizzazione strategica del portafoglio.

 

I precedenti non mancano: Fiat Industrial è stata scorporata nel 2010-2011, Ferrari nel 2015-2016 e Magneti Marelli nel 2018. Attraverso spin-off, quotazioni in Borsa o cessioni a terzi di quelle che prima erano divisioni di un unico gruppo, è stato estratto valore dai singoli brand. Una filosofia sposata anche da Sergio Marchionne, che però era riuscito a integrarla con una visione industriale facendo nascere nel 2014 Fca dal matrimonio tra Fiat e Chrysler Automobile. Seguendo l’impostazione di Marchionne, il presidente del gruppo John Elkann a maggio 2018 aveva dichiarato che una separazione di Iveco al solo scopo di valutazione non avrebbe molto senso e che una tale operazione poteva essere considerata in una più ampia strategia prospettica. Ma si sta parlando di quasi un anno e mezzo fa, quando Marchionne era ancora vivo e le possibilità di un’alleanza industriale con un colosso mondiale dell’auto era più concreta di quanto non lo sia oggi.

 

Sfumate le nozze con Renault (“non ci sono nuove trattative per una possibile alleanza”, ha ribadito qualche giorno fa il consigliere del gruppo francese Martin Vial a un programma radiofonico) e incassato il colpo della guerra dei dazi che ha contribuito al calo delle vendite, nella casa torinese è prevalsa la tentazione di estrarre valore dalle singole unità di business, strategia su cui, per la verità, il mercato non ha mai smesso di scommettere. Secondo gli analisti di Banca Imi, con lo scorporo contestuale della divisione veicoli commerciali (Iveco) e motopropulsori (Powertrain) si potrebbe arrivare a una generazione combinata di ricavi pari a 15, 2 miliardi di euro, a margini annui superiori a 700 milioni annui e a un valore complessivo in termini di equity di oltre 6 miliardi, il che rappresenta un incremento pari a circa il 17 per cento rispetto ai valori attuali della casa madre Cnh in Borsa.

 

L’operazione piace agli investitori, che vedono la possibilità di una crescita dei prezzi azionari di tutta la galassia Agnelli, anche in considerazione del fatto che lo spin off potrebbe essere collegato a una vendita o a una joint venture di Iveco con un partner estero che aprirebbe le porta del mercato americano o asiatico a una società che per l’80 per cento opera in Europa. Questa mossa, tuttavia, non basta a spiegare l’entusiasmo sul titolo Fca, che nelle ultime settimane ha recuperato a Piazza Affari oltre la metà delle perdite accumulate dalla scomparsa di Marchionne.

 

La scommessa è che in futuro la riorganizzazione del portafoglio porti a valorizzare marchi prestigiosi come Alfa Romeo, Maserati e Jeep, considerandolo anche un modo per sbloccare l’impasse delle vendite dei primi due brand e per spingere al massimo il valore del terzo che oggi fornisce un forte contributo alle vendite complessive del gruppo. L’ipotesi appare, però, prematura, diversamente dalle più probabili vendite/separazioni di Comau, società leader di mercato nell’automazione industriale, e del produttore siderurgico Teksid, anche se, secondo gli analisti, queste attività non hanno le caratteristiche necessarie per creare un valore aggiunto sufficiente. Si vedrà. Intanto, tutti gli occhi sono puntati su Iveco e Powertrain che da oggi potrebbero percorrere nuove strade. La possibile separazione del business dei veicoli commerciali è stata paventata per la prima volta dall’ex ceo Richard Tobin, che ha passato la guida di Cnh nelle mani di Hubertus Mulhauser nell’agosto del 2018. Mulhauser ha confermato che questa possibilità era allo studio a marzo scorso affermando che Iveco sta iniziando a beneficiare di venti anni di investimenti nel gas naturale (la società è leader in Europa dei camion con una quota del 60 per cento e un vantaggio competitivo rispetto ai concorrenti tedeschi). Sei mesi dopo i tempi sono diventati maturi.

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