FCA, compleanno Fiat 500 sul tetto del Lingotto a Torino (Marco Alpozzi/LaPresse)

Giuseppi ci si è fermata l'Auto

Redazione

Perché dopo Di Maio l’avvocato Conte dovrebbe trasferire il Mise a Torino

Un elegante avvocato diceva che quello che va bene alla Fiat va bene al paese. E’ una famosa massima di Gianni Agnelli che l’avvocato del popolo Giuseppe Conte dovrebbe riadattare al presente soprattutto nel decidere il successore di Luigi Di Maio al ministero dello Sviluppo economico. L’eredità che il governo gialloverde consegna a quello Pd-M5s è una crisi del settore automobilistico nazionale sia nella produzione di vetture sia nella produzione di componentistica. Dopo un luglio stabile le immatricolazioni di automobili in Italia sono tornate a calare (meno 3,1 per cento) e in particolare quelle di Fca (meno 16,1 per cento). In agosto i volumi di vendite sono tradizionalmente bassi e la crisi politica può eventualmente avere contribuito all’incertezza dei consumatori. Ma il problema è strutturale.

   

Secondo una recente analisi per la Fiom-Cgil di Torino, dal 1999 al 2018 la produzione Fca di auto in Italia si è dimezzata (da 1.410.459 a 670.932 vetture) con un calo del 41 per cento dei posti di lavoro e del 35 per cento delle ore lavorate. A livello di stabilimenti è critica la condizioni di Mirafiori a Torino. Fca ha dichiarato una capacità produttiva di 80 mila vetture 500 E, ovvero elettriche, ma ha stimato vendite possibili nell’ordine di 20 mila unità. Una previsione difficile da realizzare, vista l’aggressività dei concorrenti e il loro avanzamento tecnologico, che non garantirebbe la rioccupazione dello stabilimento.

 

Parimenti le aziende di forniture e componentistica, dai motori agli arredi, soffrono per il calo di produzione non solo in Italia ma anche in Germania, vicina alla recessione proprio per la crisi dell’automotive. Un’altra crisi cronica che si trascina e si aggrava: sempre secondo la Fiom, dal 1998 al 2016, sono calati anche i posti di lavoro nella fabbricazione delle parti e degli accessori (da 71.726 a 69.100, meno 3,5 per cento).

 

Il governo gialloverde non aveva fatto nulla di positivo per l’industria automobilistica, toccherà al successore di Di Maio occuparsene. Si spera non con qualche “tavolo” per delle crisi sparse, ma con una strategia. Magari trasferendosi a Torino per capire quanto è grave il problema.