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Perché l'Italia ha fatto un'inversione a U nella crescita

Mariarosaria Marchesano

Nella settimana del Def, tre ex ministri – Brunetta, Tremonti e Padoan – discutono delle scelte di politica economica del governo. L'errore è stato far credere ai mercati di cercare una scorciatoia per il debito pubblico

Milano. Tre ex ministri con storie, visioni e approcci molto diversi – Renato Brunetta, Pier Carlo Padoan e Giulio Tremonti – si sono ritrovati intorno a un tavolo a discutere di crescita economica nella settimana in cui il governo è nuovamente chiamato alla prova del Def, il documento di programmazione economica, in cui il rapporto deficit-pil sarà aumentato al 2,4 per cento (invece che 2,04 per cento) perché il paese ha rallentato di colpo il passo. L'insolito terzetto si è incontrato a Milano, a Palazzo Edison, per la presentazione del nuovo libro dell'economista Marco Fortis – "L'Italia non merita una nuova crisi", una selezione di articoli pubblicati tra luglio 2017 e ottobre 2018 sul Foglio e sul Sole 24 Ore edita dal Mulino. In ogni analisi, in ogni ragionamento, praticamente in ogni parola detta dagli ex ministri si sono colti riferimenti al collega Giovanni Tria che, come capo del Mef, sembra propenso a un'operazione verità sui conti pubblici dell'Italia, ma proprio per questo non riscuote troppi consensi all'interno della compagine gialloverde. La cosa più difficile da spiegare – che è poi l'interrogativo che si pone anche Fortis nel suo libro – è come mai dopo tre anni di crescita costante (2015-2017), in cui l'Italia è arrivata a doppiare Germania e Francia nella produzione manifatturiera, il paese abbia fatto una specie di inversione a U, quando nel resto d'Europa il rallentamento globale si riflette in misura meno marcata. E' tutta colpa della domanda estera e dalle incertezze globali, come la Brexit e le tensioni Usa-Cina sul commercio, o c'è qualcos'altro? Si può fare qualcosa per evitare la recessione?

    

Brunetta è stato ministro della Pubblica amministrazione e l'innovazione durante il quarto governo Berlusconi ma è stato anche capo gruppo di Forza Italia quando Padoan era ministro del Tesoro dei governi Renzi-Gentiloni. “Non mi capacito come il debito pubblico di un paese come l'Italia sia a un passo dall'essere considerato come spazzatura dalle agenzie di rating pur avendo il nostro paese fondamentali molto più solidi di altri che si trovano nella stessa condizione – ha detto Brunetta – Le cose sono cominciate a precipitare a maggio del 2018, quando si è formata questa maggioranza di governo che oggi è assente dal dibattito sulla costruzione della nuova governance europea perché pensa che in futuro potrà incidere sul corso delle cose ma non sarà così”. Brunetta suggerisce che si dovrebbero cancellare misure come il reddito di cittadinanza e Quota 100 e investire i 15 miliardi a questi destinati nella riduzione delle tasse e in investimenti per la crescita. Ma soprattutto sottolinea l'insolita alleanza che si è creata in Parlamento con Padoan, a cui pure ha dato del filo da torcere quando si confrontava con lui come leader dell'opposizione. “Brunetta mi lanciava certi strali a fine giornata”, ricorda l'ex ministro, facendo intendere che non sono mai venuti meno il rispetto dei ruoli e l'opinione condivisa che per governare un paese occorra una “visione di lungo periodo”.  “L'errore più grave è stato quello di far intendere ai mercati che avrebbero cercato una scorciatoia per risolvere il problema del debito pubblico, come l'uscita dall'euro o qualche operazione straordinaria – ha sottolineato Padoan – e questo sospetto aleggia tutt'oggi tra gli investitori. Ora, però, occorre ragionare seriamente su come costruire il Def perché la crisi dipenderà dalle scelte di politica economica che saranno fatte”.

   

Nel ragionamento dei tre ex ministri c'è più di un filo conduttore. Come ha sottolineato l'economista Alberto Quadrio Curzio, che ha curato la prefazione del libro di Fortis, si capisce che i tre hanno avuto maestri comuni come John M.Keynes, Adam Smith, David Ricardo. Ma questo non vuol dire che siano allineati. Per Tremonti, per esempio, è sbagliato parlare del rischio di una nuova crisi per l'Italia che è entrata in un sistema globale che ha subito un duro colpo nel 2008 da cui non si è mai veramente ripreso. “Nel 2011 eravamo in una situazione simile a quella di oggi – dice Tremonti – a trovarsi davvero in condizioni critiche era il sistema bancario tedesco, ma i riflettori furono puntati sull'Italia e sulla Grecia, paese che ha pagato un prezzo alto alla troika. Solo oggi alcuni di quelli che hanno imposto gravi sacrifici al governo di Atene stanno cominciando ad ammettere di avere esagerato. Ecco, noi subiamo ancora le conseguenze di quelle scelte”. Tremonti ammette anche di aver pensato che il contratto tra Lega e Cinque Stelle avesse un senso, ma aggiunge che “non si mette a capo di un paese qualcuno che non conosce i meccanismi di governo, perché è come mettere come capitano di una nave qualcuno che non sa guidare, che non conosce i fondali e il mare in cui naviga”.