Da Sotheby l'opera di Banksy intitolata da Girl with Balloon a Love is in the Bin (foto LaPresse)

La Manovra gialloverde sembra un'opera di Banksy

Luciano Capone

Nella lettera del governo inviata a Bruxelles c’è la prima Legge di Bilancio che prevede la propria autodistruzione

Roma. Ciò che preoccupa di più gli osservatori non è tanto la strategia del governo italiano, ma la sua incomprensibilità. La contraddittorietà tra fini dichiarati e mezzi usati per raggiungerli. La giornata di Lunedì, con gli interventi separati del presidente del Consiglio Conte e dei ministri Tria e Savona, è un esempio plastico dello stato confusionale del governo. Lunedì, mentre il premier Conte diceva alla stampa estera che i commissari europei nutrono un “pregiudizio inaccettabile” nei confronti della manovra gialloverde, nel documento inviato a Bruxelles il ministro Tria affermava l’esatto contrario.

 

Il governo italiano – c’è scritto nella lettera inviata ai commissari Dombrovskis e Moscovici – è cosciente di aver scelto una impostazione della politica di bilancio non in linea con le norme applicative del Patto di Stabilità e Crescita”. Non c’è quindi nessun “pregiudizio” da parte dei commissari, ma l’inevitabile presa d’atto di una palese violazione delle regole europee. Alla lettera di contestazione arrivata da Bruxelles che boccia la manovra perché “le dimensioni della deviazione sono senza precedenti nella storia del Patto di stabilità”, il governo italiano risponde: sì, è vero. Non siete voi che avete pregiudizi – dice l’esecutivo ai commissari – siamo noi che stiamo deliberatamente violando le norme e ne siamo pienamente consapevoli.

 

La sincerità della missiva inviata a Bruxelles smentisce quanto sostiene in simultanea il presidente del Consiglio, ma il problema più rilevante è che contraddice se stessa nelle motivazioni con cui cerca di rendere economicamente digeribile la manovra. Nella prima pagina si scrive che il governo prevede “di discostarsi dal sentiero di aggiustamento strutturale” aumentando il deficit e si impegna a ridurlo a partire dal 2022, ma “qualora il pil dovesse ritornare al livello pre-crisi prima del previsto, il governo intende anticipare il percorso del rientro”. Se le cose vanno meglio del previsto, ridurremo il deficit in anticipo. A pagina tre, invece, il governo scrive che “qualora i rapporti debito/pil e deficit/pil non dovessero evolvere in linea con quanto programmato” si impegna a “intervenire adottando le necessarie misure affinché gli obiettivi vengano rispettati”. Se le cose vanno peggio del previsto, ridurremo il deficit in anticipo. L’esatto contrario di quanto affermato due pagine prima. Tra l’altro, in quest’ultimo caso, con un’altra evidente contraddizione: il governo sostiene che sarà il deficit a far aumentare la crescita, ma se la crescita non aumenterà – e quindi ci sarà una contrazione – taglierà proprio ciò che dovrebbe far aumentare la crescita (il deficit). Messa così sembra un’opera di Banksy: la prima legge di Bilancio che include un meccanismo di autodistruzione.

 

A tutto questo si aggiunge Paolo Savona, il vero ideologo del governo gialloverde, che in un’intervista al giornale russo Ogonek ammette di aver ipotizzato, lo disse in Parlamento, il soccorso della Russia in caso di impennata dello spread: “La mia proposta non ha avuto sviluppi – dice il ministro degli Affari europei – Ma credo che la Bce possa aiutare l’Italia, soprattutto ora che c’è Mario Draghi che conserverà il suo ruolo chiave ancora per tutto il 2019”. Pensare che Putin, dopo essere stato costretto ad approvare una impopolare riforma delle pensioni in patria, possa dare soldi a noi per cancellare la nostra riforma delle pensioni è veramente al di fuori del principio di realtà. Ma anche il riferimento a Draghi non è molto più sensato: “Oggi ho visto che lo spread è a 300 punti. Sono convinto che Mario Draghi stia intervenendo”, ha aggiunto lunedì Savona. In realtà non si è capito cosa il governo si aspetti che faccia il presidente della Bce, anche perché in queste condizioni non può fare nulla per salvare l’Italia. Draghi non è il padrone assoluto a Francoforte, la Bce è un’istituzione collegiale e lo Statuto le consente di intervenire per acquistare titoli di stato solo con l’Omt, uno strumento che però presuppone il rispetto delle regole europee, ovvero la rinuncia alla “manovra del popolo”.

 

In pratica se il governo non fa retromarcia, cambiando linea di politica economica, Draghi non può fare nulla. Parlare di un intervento della Bce, che in queste condizioni non può avvenire, è come gettare benzina sul fuoco: si sta dicendo ai mercati che la situazione è completamente fuori controllo. E’ come se al governo anziché gente che cerca di evitare l’incidente, ci fosse chi lavora in ogni modo per crearlo.

  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali