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La lezione dei gilet gialli al governo gialloverde

Antonio Sileo

Secondo il contratto di Lega e M5s saranno ritoccate le accise sulla benzina e promossa la mobilità sostenibile. Appunti dalla Francia su cosa può succedere 

La protesta dei gilet gialli, che da sabato è deflagrata in oltre duemila località francesi in particolare lungo strade, superstrade e autostrade con blocchi e rallentamenti dei veicoli, rappresenta l’apice di un malcontento che si è andato consolidando negli ultimi mesi. Il movimento spontaneo e (almeno per ora) non politico protesta contro la diminuzione del potere di acquisto e le "politiche anti auto" decise dal governo Macron. All’aumento nell’ultimo anno del prezzo del gasolio, del 23 per cento, e di quello della benzina, del 15 per cento, da gennaio 2019 si aggiungeranno ulteriori imposte che faranno aumentare il prezzo del gasolio di 6,5 centesimi al litro e quello della benzina di 2,9. Misure che si aggiungono all’inasprimento delle revisioni obbligatorie, all’introduzione di pedaggi all’ingresso delle principali città, all’abbassamento dei limiti di velocità sulle strade extraurbane da 90 a 80 km/h.

  

Curioso che all’origine della protesta ci siano due donne: Priscilla Ludovsky, venditrice di cosmetici online e automobilista della regione parigina, che con una petizione on line del maggio scorso ha raccolto più di 850 mila firme, e Jacqueline Mouraud, bretone, madre di tre figli, musicista, ipnosi-terapeuta e, a volte, agente di sicurezza, per arrotondare nei mesi difficili, il cui video di sfida al presidente Emmanuelle Macron è diventato virale con oltre 5 milioni visualizzazioni. Lavoratrici e lavoratori appartenenti alle classi medio-bassa e media, abitanti di centri periferici o rurali mal collegati tra loro dai servizi di trasporto pubblico, che hanno bisogno dell’automobile privata per andare lavoro e per molte necessità famigliari. Cittadini francesi che percepiscono la legge sulla transizione energetica – che prevede un aumento delle imposte sui carburanti ogni anno fino al 2022 – come una iattura, che li penalizza ulteriormente nei confronti dei parigini benestanti che possono, facilmente, muoversi in metropolitana. Costoro sono i manifestanti che protestano con vistosissimo gilet e a volto scoperto.

  

Un scontro dunque tra centro e zone rurali che da tempo lamentano di essere state dimenticate, uno scontro che non riguarda solo la Francia o gli Stati Uniti, come dimostra Donald Trump, ma di cui dovrà tener conto anche il più giovane Pedro Sánchez in Spagna. Un scontro che vede facilmente contrapposti élite contro popolo (termini sempre più abusati) e che per ora non ha toccato il nostro Paese. Nel contratto per il governo del cambiamento però i termini del problema ci sono tutti.

 

In molti ricordano la promessa di “eliminare le componenti anacronistiche delle accise sulla benzina” fatta, con tanto di importi, da Matteo Salvini in campagna elettorale che ha appunto trovato spazio nel contratto. Altrettanti, in particolare tra gli elettori del M5s, non hanno dimenticato le iniziative in tema di mobilità sostenibile: “E' necessario avviare un percorso finalizzato alla progressiva riduzione dell’utilizzo di autoveicoli con motori alimentati a diesel e benzina, al fine di ridurre il numero di veicoli inquinanti e contribuire concretamente al conseguimento e miglioramento degli obiettivi contenuti nell’accordo di Parigi”, recita infatti il contratto che richiama pure la regola comunitaria del “chi inquina paga”. E proprio quest’ultimo punto è quello che viene contestato a Macron. Punto che, forse inopinatamente, in occasione della presentazione del piano sulla qualità dell'aria del Lazio, è stato sollevato dal ministro dell’Ambiente Sergio Costa a proposito del bollo auto. Il secondo dei tributi più odiati dopo il canone Rai. Su questo tema non è ancora chiaro cosa si voglia fare. Tuttavia parrebbe che l’idea sia quella di fare pagare in base alla quantità di Co2 emessa e non più seguendo l'attuale calcolo che mette insieme potenza del motore e standard Euro. Difficile però che questa via non impatti sulle autovetture meno nuove, come in Francia. Staremo a vedere.
Intanto dalla Francia una lezione pare chiara ed è riassumibile nel noto motto di Voltaire: il meglio è nemico del bene. E cioè, si può svecchiare il parco circolante abbassando le emissioni anche agevolando l’acquisto di auto semi nuove, ma non per forza ibride o addirittura elettriche, che comunque consumano e inquinano meno delle vecchie.

  

Grafici elaborati da Unione Petrolifera e disponibili sul sito web www.unionepetrolifera.it