Francia, “Giubbotti gialli” ancora in strada (foto LaPresse)

Chi si intesterà i “gilet gialli” anti Macron?

Mauro Zanon

Mélenchon manda le sue truppe a cavalcare la rabbia contro Macron. Marine Le Pen applaude il “popolo centrale” di cui vuole essere la portavoce. E il leader gollista Wauquiez cerca nella piazza un nuovo trampolino

Parigi. La mobilitazione contro il caro-benzina dei “gilet gialli”, che sabato ha coinvolto 290 mila persone in tutta la Francia, non è stata un evento estemporaneo. Ieri, per il terzo giorno consecutivo, i manifestanti hanno continuato a bloccare diversi snodi autostradali, ma hanno preso di mira anche i depositi di carburante e alcune raffinerie, mandando un altro segnale all’esecutivo. “Il nostro obiettivo è essere la cassa di risonanza di tutti i malcontenti”, ha detto ieri su Bfm.tv Benjamin Cauchy, portavoce dei “gilet gialli”, prima di aggiungere: “Il nostro movimento è la Francia periferica, non è né di sinistra, né di destra, è la Francia che non ce la fa più ad arrivare a fine mese”.

 

  

Il movimento sociale che sta prendendo in contropiede il governo non è un “epifenomeno” destinato a svanire rapidamente, come alcuni lo avevano definito prima di sabato. E la prova che questa contestazione inedita, senza etichette politiche né sindacali, è più compatta del previsto, arriva dall’annuncio di un “Atto II”, che si svolgerà il 24 novembre a Parigi. “Dobbiamo dare il colpo di grazia e salire tutti a Parigi con ogni mezzo possibile (car-sharing, treno, autobus, etc…). Parigi, perché è qui che si trova il governo!!!! Aspettiamo tutti, camion, bus, taxi, Ncc, agricoltori etc. Tutti!!!!!!”, si legge nella descrizione dell’evento Facebook, organizzato da uno dei guru della protesta, Éric Drouet, professione camionista. Originario di Melun, nella regione parigina, questo padre di famiglia di 33 anni si divide la leadership dei “gilet gialli” con un’ipnoterapeuta bretone che di anni ne ha 51, Jacline Mouraud, autrice di un video anti Macron visualizzato da più di sei milioni di utenti su Facebook, e Christophe Chalençon, fabbro nella vita quotidiana, che ha abbandonato i suoi attrezzi per coordinare la protesta nel sud-est del paese.

 

Per ora, i “gilet gialli” rifiutano l’idea che il movimento possa essere appannaggio di un solo leader nazionale, ma allo stesso tempo c’è la consapevolezza che per durare è necessario strutturarsi attorno a un’organizzazione con ruoli definiti. In attesa che emerga il capofila carismatico in grado di conferire chiarezza ai contorni della mobilitazione, tra i leader dell’opposizione si sgomita per intestarsi la rivolta dei “gilet gialli”. Jean-Luc Mélenchon, presidente della France Insoumise, non ha indossato il gilet, ma ha mandato le sue truppe a cavalcare la rabbia contro il presidente Macron, e sul suo blog ha salutato il successo della “mobilitazione di massa” che “non assomiglia a nulla di ciò che abbiamo visto fino a oggi”. Come Mélenchon, Marine Le Pen, guida del Rassemblement national, ha invitato i suoi pasdaran a sfilare con i manifestanti, e ieri, sul canale televisivo Lci, ha applaudito il “popolo centrale” di cui vuole essere la portavoce. “La Francia che lavora, la Francia che paga le tasse, la Francia che non chiede mai nulla, oggi, è venuta a dire ‘stop’, ‘non ne possiamo più’ (…) Questo ‘popolo centrale’ sta soffrendo. Fino a oggi, soffriva in silenzio. Ora non vuole più essere sottomesso”, ha attaccato.

 

Più ancora della madrina del sovranismo francese, è Laurent Wauquiez dei Républicains ad aver abbracciato la causa dei “gilet gialli”, nella speranza di capitalizzare elettoralmente questa convergenza inedita degli elettorati popolari. Sabato, tra i cinquecento “gilet gialli” radunati nel suo feudo elettorale di Puy-en-Velay, nell’Alta Loira, era molto più che un “semplice cittadino”, come si è lui stesso definito. Era il leader di una destra gollista in crisi di idee, boccheggiante nei sondaggi di opinione, in cerca di un nuovo trampolino per rilanciarsi, o anche solo per esistere. “E’ la quintessenza della demagogia”, ha attaccato il ministro dell’Azione e dei conti pubblici Gérald Darmanin. Il premier, Edouard Philippe, ha detto di capire l’“esasperazione fiscale” e il “sentimento di abbandono” dei francesi, ma il governo manterrà il ritmo delle riforme. Dal canto suo, il presidente della Confederazione delle piccole e medie imprese (Cpme) François Asselin, ha messo in guardia l’esecutivo dal rischio di un “blocco dell’economia”, chiedendo una “moratoria” sull’aumento delle accise sui carburanti.